Con il RB Lipsia alle prese con il peggior inizio di Bundesliga da quando è gestito dalla Red Bull, il principale avversario del Bayern Monaco assieme al solito Borussia Dortmund, che viaggia a gonfie vele nonostante l’infortunio di Haaland, è il Friburgo di Christian Streich. Ovvero una delle provinciali per eccellenza del calcio tedesco, e quindi l’esatto opposto di una multinazionale (ottimamente gestita e con i conti in ordine) quale il club bavarese. In termini di budget, il rapporto è di sette a uno: 700 milioni di euro quello del Bayern (e 500 quello del Borussia Dortmund) contro i 90 del Friburgo, che nell’attuale Bundesliga collocano la società del BadenWürttemberg al terzultimo posto davanti solo a Union Berlino (75 milioni) e Arminia Bielefeld (32). Sabato però, all’Allianz Arena, al fischio d’inizio di Bayern-Friburgo la differenza tra le due società sarà solo di 3 punti a favore della squadra 31 volte campione di Germania, nonché attuale capolista. Il segreto del successo del Friburgo, ammesso ce ne sia uno che possa prescindere da competenza, visione e organizzazione, è la calma. Ovvero la capacità di sottrarsi alla pressione per evitare decisioni affrettate che vanno a discapito della continuità tecnica e gestionale del club. L’attuale tecnico del Friburgo, Christian Streich, è in carica dal 2011, e non è stato rimosso dall’incarico nemmeno quando nel 2015 è retrocesso nella Zweite Bundesliga, impiegando poi solo una stagione per tornare nella massima divisione. Due anni prima era stato votato allenatore dell’anno dalla rivista Kicker dopo aver portato il Friburgo al quinto posto, qualificandolo alle coppe europee, ma spesso nel calcio quanto fatto in passato non vale come garanzia per il presente. Nel caso di Streich e del Friburgo però il discorso è diverso: si tratta di una sinergia tecnico-club-ambiente che prescinde da una stagione finita male.

Prima di diventare allenatore capo, infatti, Streich è stato per quindici anni tecnico delle giovanili del Friburgo, formandosi professionalmente alla scuola di Volker Finke, allenatore che ha guidato la squadra per 16 anni consecutivi e che, assieme all’allora presidente Achim Stocker (rimasto in carica 40 anni) ha trasformato il Friburgo in una società moderna, gettando le basi per una presenza continuativa in Bundesliga. Negli ultimi vent’anni il Friburgo è retrocesso solo tre volte, e in altrettanti casi si è qualificato alle coppe europee. Stocker è stato per molti anni direttore finanziario del Comune di Friburgo e, da profondo conoscitore sia dei conti che del territorio, ha puntato su pochi, semplici concetti per garantire un futuro al proprio club. In una comunità non densamente popolata, stanziata in un territorio ai margini della Foresta Nera con poche industrie e ancora meno concentrazione di capitali, si poteva sopravvivere solo guardando in basso e oltre i propri confini. In due parole, vivaio e scouting. Alla parte tecnica, inclusa la costruzione di un settore giovanile fino a quel momento inesistente, ci ha pensato Finke.

Sembra l’uovo di Colombo, eppure oggi esistono pochi club in grado di rispecchiare tanto fedelmente il proprio background di appartenenza. Friburgo è la capitale ecologica della Germania e come città ha svolto un ruolo di precursore per quanto riguarda lo sviluppo della tecnologia solare e di riscaldamento. Guidata da persone imbevute dagli stessi principi, la squadra di calcio segue a ruota questa filosofia green: già nel 1995 il Dreisamstadion era stato dotato di 2.800 pannelli solari che fornivano energia anche alle abitazioni civili nei dintorni (il progetto fu ribattezzato “Un uno-due con il sole”), e il Friburgo è stata la prima società in Bundesliga a introdurre il divieto di fumo e il bicchiere in materiale riciclabile. Il servizio di catering si appoggia a fornitori locali seguendo la logica del chilometro zero, tra gli sponsor ci sono diverse società che producono energia rinnovabile e prodotti biologici, mentre il nuovo impianto, da poco ultimato, è CO2-neutral (a emissioni zero di anidride carbonica).

Non è ovviamente la sensibilità ecologica a determinare il successo della squadra in campo, tuttavia essa rappresenta un elemento importante e utile nel capire il menzionato processo simbiotico. Una società, una squadra, uno stile. Streich è cresciuto a Eimeldingen, paese nella parte meridionale del Baden-Württemberg, a mezz’ora scarsa dal confine con la Francia. Appartiene quindi alla medesima comunità della squadra che allena, ed è cresciuto con gli stessi principi, calcistici e culturali, di cui il club è portatore. Non può quindi esistere miglior elemento per garantire quella continuità che, assieme alla stabilità e alla tranquillità in sede di programmazione, rappresenta uno dei concetti cardine alla base dell’intero progetto Friburgo. Tecnico di temperamento, dall’attitudine alla Simeone (non a livello di idea di calcio, ma nel modo di vivere la partita e la squadra), Streich è il classico allenatore amato da chi possiede una concezione ampia del calcio, legata anche alle tematiche politiche e sociali del proprio tempo, e nel contempo mal sopportato da chi vive il calcio esclusivamente come uno sport e un momento di svago. Spesso durante le conferenze stampa Streich ama sconfinare, toccando temi alieni alla sua sua professione: l’ecologia, la crescita dei movimenti di estrema destra, i migranti, l’influenza dei social sulle nuove generazioni. Eppure – il curriculum parla per lui – è tutto tranne che un personaggio costruito.

Il club ha investito milioni nella Freiburger Fussballschule, istituto tutt’oggi all’avanguardia sotto il profilo formativo a tutto tondo. L’idea alla base è che se non si riesce a creare un talento calcistico, quantomeno dalla scuola uscirà una persona istruita. In effetti di fuoriclasse non se ne sono mai visti, però non sono mancati buoni giocatori utili alla causa (e alle casse): Matthias Ginter, Maximilian Philipp, Daniel Caligiuri, Alexander Schwolow, Oliver Baumann. A questi vanno aggiunti migliori prodotti dello scouting, tutti ceduti per cifre oscillanti tra i 10 e i 20 milioni di euro: Caglar Söyüncü, Luca Waldschmidt, Baptiste Santamaria, Robin Koch. In rampa di lancio nel Friburgo odierno c’è il sudcoreano Jeong Woo-yeong, classe 1999, miglior marcatore stagionale assieme all’italiano Vincenzo Grifo (6 presenze in Azzurro, tutte raccolte con la maglia dei weiß-rot). Ma è la difesa il pezzo forte degli uomini di Streich, con i nazionali tedeschi Nico Schlotterbeck (anch’egli un ’99) e Christian Günter, e il portiere olandese Mark Flekken. Quest’ultimo fino a 25 anni aveva sempre giocato nelle divisioni inferiori del calcio tedesco, mentre adesso è fresco di convocazione nella nazionale olandese di Louis van Gaal (“Flekker? Fino a un paio di mesi fa non l’avevo mai nemmeno sentito nominare”, ha detto il ct). Del resto i numeri parlano del miglior portiere dell’attuale campionato: 7 reti incassate nelle prime 10 partite, primo per percentuale di parate effettuate sia nei 16 metri (73,91%) sia complessive (82,35%). Ma anche se le statistiche prodotte da questo ennesimo prodotto di artigianato locale non saranno sufficienti a fermare Robert Lewandowski, 19 gol segnati in 18 partite contro gli uomini di Streich, al Friburgo la vita continuerà a trascorrere come prima.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

San Siro, la giunta di Milano delibera il pubblico interesse per il nuovo stadio

next
Articolo Successivo

Torino post Appendino: il nuovo sindaco Pd prova a inserirsi nelle falle dei Giochi invernali per spuntare qualche finanziamento

next