Lo scenario è cambiato. Dopo circa 15 anni di scandali, denunce, suicidi, fallimenti di aziende, commissioni parlamentari e comunque una campagna mass-mediatica molto penetrante (anche se, da qualche tempo, c’è molto silenzio), la consapevolezza del risparmiatore italiano, comunque tra i meno educati al mondo dal punto di vista finanziario, è maggiore: tutti, anche quelli inizialmente più increduli, oggi sanno che in banca occorre entrare con il giubbotto anti-proiettile per tutelarsi dagli attacchi dei consulenti che, sebbene in maniera meno crudele ed invasiva rispetto a qualche anno fa, sono comunque sempre allineati alle strategie aziendali.
Ecco il punto.
Nelle prossime settimane le principali banche italiane saranno chiamate ad annunciare i loro piani strategici pluriennali e pare che il focus, scontato ed inevitabile (chi lavora per perdere?), sarà la redditività. Ma come realizzarla questa benedetta redditività? Anche in questo caso nessuna novità perché sembrerebbe che la strategia si basi sulla equazione “meno credito e più polizze” nel senso che gli utili saranno ricavati prevalentemente da commissioni da gestione dei risparmi e vendita delle polizze.
Nel prossimo futuro, quindi, in banca si venderanno polizze anche quando non richieste. Tra contratti, commissioni e rischi, meglio fornire qualche consiglio per non finire nelle fauci degli squali in agguato.
Unit linked, index linked, polizze con gestione separata, polizze temporanee caso morte, polizze infortuni, polizze pensionistiche: una giungla. Molte persone mi chiedono delucidazioni su questi prodotti che scoprono, come la sorpresa dell’uovo di Pasqua, di avere tra i loro investimenti. Per oltre un ventennio in banca si è venduta tanta di “questa” merce (anche da parte di banche straniere) che oggi nei portafogli degli italiani la probabilità che sia presente (o sia stato presente) un prodotto del genere è quasi pari al 100%.
È vero che quello di proteggersi contro i rischi è uno dei bisogni più antichi dell’uomo, ma è altrettanto vero che spesso i risparmiatori italiani non sanno neppure perché hanno sottoscritto una polizza assicurativa. Perché, lo ripeto da tempo, in banca non si acquistano prodotti. Nessuno (o pochi) entrano in banca con l’idea precisa di comprare qualcosa. In banca, purtroppo, i prodotti si vendono solo perché c’è qualcuno che ti pressa per acquistarli.
Ad ogni modo gli obiettivi per i quali si può scegliere un prodotto assicurativo possono essere diversi. Può essere per un’esigenza di risparmio o investimento (rientrano in questa categoria le polizze di ramo vita il cui rendimento è legato all’andamento di una gestione separata o a uno o più indici o fondi assicurativi). Oppure per una protezione del patrimonio (polizze per la responsabilità civile auto o del capofamiglia o per la protezione dell’abitazione).
Esistono polizze per la protezione della persona (tutela in caso di morte, infortunio, invalidità o perdita del lavoro). Infine le polizze possono essere utilizzate per integrare la futura pensione (fondi pensione e piani individuali pensionistici). In Italia le polizze più vendute (e, in pochi casi, richieste) sono quelle di risparmio proposte dalle banche e compagnie di assicurazione come alternativa a investimenti come azioni, obbligazioni o titoli di Stato.
Sembra (eufemismo!) quindi che l’esigenza primaria non sia né quella di copertura del rischio (morte, furto, danni) né quella previdenziale, ma quella del risparmio.
Per tale motivo cercherò di dare semplici e inderogabili consigli solo per questi prodotti. Nei prodotti di investimento il risparmiatore versa un capitale con l’obiettivo di ottenerne una rivalutazione. In questo caso la copertura assicurativa per morte o infortunio di solito è presente in misura minima. La compagnia assicurativa non corre quindi alcun rischio dato che, in caso di decesso dell’assicurato, si limita semplicemente a corrispondere agli eredi il capitale versato, con o senza rivalutazione.
Ci sono tre tipi di polizze: Unit linked, index linked e polizze vita legate a una gestione separata. In ogni caso il contratto è denominato “assicurazione sulla vita” e prevede la presenza di tre figure. Il contraente è la persona che stipula il contratto di assicurazione e s’impegna al versamento dei premi alla società. L’assicurato è la persona sulla cui vita viene stipulato il contratto. Il beneficiario è la persona designata in polizza dal contraente, che riceve la prestazione prevista dal contratto quando si verifica l’evento assicurato.
In questo tipo di prodotto le somme versate vengono suddivise su uno o più fondi interni creati dalle stesse compagnie che poi investono in fondi comuni di investimento. Vi starete chiedendo: per quale motivo devo fare questo duplice passaggio se il funzionamento di tali strumenti è del tutto simile ai normali fondi comuni di investimento? Semplice: perché bisogna remunerare sia la banca sia la compagnia di assicurazione, entrambe molto spesso appartenenti allo stesso gruppo finanziario.
La struttura dei costi dell’investimento prevede infatti diversi livelli: quasi sempre è previsto un caricamento iniziale (commissione per la compagnia) elevato, che decurta in partenza l’investimento. Il fondo interno prevede inoltre commissioni di gestione che variano in misura proporzionale a seconda del profilo di rischio.
I fondi di investimento sui quali è investito il fondo interno prevedono a loro volta altre commissioni di gestione e possono avere commissioni di performance. Per ultimo, in caso di riscatto nei primi anni dal momento della sottoscrizione possono essere previste penali decrescenti nel tempo.
Solo le polizze vita collegate a una gestione separata prevedono contrattualmente la garanzia del capitale inizialmente investito
L’altro aspetto da tener presente riguarda la garanzia del capitale investito. Per le unit linked e le index linked non è prevista alcuna garanzia contrattuale di mantenimento del capitale inizialmente versato, neppure in caso di decesso dell’assicurato. Solo le polizze vita collegate a una gestione separata prevedono contrattualmente la garanzia del capitale inizialmente investito. Il patrimonio dei clienti è infatti giuridicamente separato da quello della compagnia; quindi in caso di fallimento di quest’ultima, i risparmi investiti sono al riparo e tutelati, ossia non aggredibili dai creditori della gestione separata che solitamente risulta investita in titoli di Stato (in prevalenza) e obbligazioni societarie.
In caso di proposta di questo tipo di prodotto è bene quindi valutare attentamente il prospetto informativo e soffermarsi sui costi complessivi oltre che sul profilo di rischio dei fondi interni assicurativi, che talvolta può risultare molto alto per giustificare elevate commissioni di gestione.
Occhi aperti.