Può Mario Draghi tacere quando un suo ministro lo indica, per l’immediato futuro, come capo di un semipresidenzialismo de facto in cui il presidente della Repubblica allarga le sue funzioni”? E’ questa a mio avviso la domanda decisiva che, purtroppo, non ho letto sugli ex giornaloni tutti concentrati su Giorgetti e le presunte divisioni nella Lega.

Intendiamoci, è sua la proposta indecente ed è sbagliato che l’abbia fatta, ma (insisto) ritengo più grave che il premier Draghi non prenda decisamente le distanze da un’idea così palesemente anticostituzionale. Giorgetti, di solito moderato, bocconiano, ministro dello sviluppo economico, ha detto la cosa più reazionaria che un politico possa dire.

In breve: Draghi Premier dal Colle e-chi-se-ne-frega della Carta che distingue nettamente ruolo e funzioni delle alte cariche dello Stato. Ma, è questo il punto, di fronte a ciò è giusto il silenzio di Draghi? Di più: è normale che il suo silenzio non venga evidenziato?

I cosiddetti giornali progressisti, e i politici cosiddetti di sinistra (tutti proni a Draghi), sono sempre lì a bacchettare i populisti, cancrena della democrazia, ma appena ti distrai un po’, eccoli pronti ad avvallare (più o meno apertamente) un colpo mica da niente al sistema democratico.

Carlassare è chiara in un’intervista al Fatto: “Esiste il reato di attentato alla Costituzione. Che nel caso invocato… di una nuova forma di governo de facto… sovvertirebbe il sistema nei suoi principi fondamentali”. Che paese sta diventando il nostro? Naturalmente ci sono state prese di distanza dalle dichiarazioni di Giorgetti. Anzitutto, Conte. Ma non basta.

Affermazioni così reazionarie esigono che a negarle sia il diretto interessato: è Draghi a dover dire che rifiuta la proposta Giorgetti, che non forzerebbe mai la Costituzione, che un potere anti-costituzionale non l’accetta nemmeno se a offrirglielo è il mondo imprenditoriale che sta dietro al ministro. Sento già l’obiezione: Draghi non è responsabile di ciò che dicono gli altri. Vero. Ma se a parlare è un suo ministro, e per giunta quello a lui più vicino, il discorso cambia.

Insomma, l’idea di un semipresidenzialismo de facto è diventata un caso politico perché non è stata avanzata da un passante; perché è dirompente; perché ha consensi trasversali; perché è discussa sui giornali; perché già si parla di Draghi al Quirinale e di un suo uomo (esecutore delle sue disposizioni) a Palazzo Chigi. E la democrazia? E il voto degli italiani? E il risultato delle libere elezioni? Insomma, davvero Draghi può stare in silenzio?

Fingere che non si stia parlando di lui? Davvero non sente il dovere di allontanare, con una dichiarazione, la proposta reazionaria di Giorgetti? Che il Nostro abbia una personalità “particolare” lo ricorda Lerner: “Non pareva affatto a disagio il ‘moderato’ Giorgetti sul palco delle manifestazioni convocate dalla Lega insieme a CasaPound”. E’ così. Molti decenni fa un sincero democratico venne appoggiato da politici di cui non apprezzava le idee e prese subito le distanze. Lo faccia anche Draghi. Non è una richiesta irrituale, perché l’idea incostituzionale è di un suo ministro e perché giornali a lui vicini (non solo Repubblica) avanzano sostegni a Giorgetti mascherati da qualche critica: “il semi-presidenzialismo de facto… sarebbe il frutto di circostanze pratiche, nonché del prestigio indiscutibile di Mario Draghi”.

Ecco, il prestigio. E la Costituzione, se serve, può essere messa da parte. Draghi prenda le distanze dalla proposta Giorgetti: “Il silenzio, rende complici”.

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