Attualità

Dal “massacrato” Umberto Bindi al determinato Vincenzo Spadafora: storia del coming out nella tv italiana

Davvero nel 2021, trent’anni dopo quello paradigmatico di cantautore, il coming out di un personaggio pubblico può essere percepito come una notizia così eclatante? In attesa che le cose cambino e che davvero si assista ad un cambiamento culturale radicale, cosa che purtroppo non passa attraverso nessun ddl, evidentemente sì. Ma più che una notizia, è giusto considerarlo soprattutto un gesto politico potente. Intanto le nuove generazioni vanno molto più veloci...

di Francesco Canino

Era il 1988 quando Umberto Bindi dichiarò pubblicamente la sua omosessualità in tv: lo fece al Maurizio Costanzo Show e quello fu, in assoluto, il primo coming out (all’epoca termine non di uso comune) della storia della televisione italiana. “Mi costa un po’ dirlo. La mia diversità ha giocato un ruolo determinante nella mia carriera”, ammise il cantautore, mentre Maurizio Costanzo spiegava l’importanza di quel gesto “rivoluzionario”, fatto davanti a diversi milioni di spettatori. “Vale la pena dirlo, sono passati tanti anni. Diciamolo, se è vero che siamo un paese civile…”, lo incitava il giornalista, da sempre in prima linea nella battaglia per i diritti. E il peso specifico di quelle parole fu ancora più forte considerando che proprio a causa della sua omosessualità Bindi fu non solo ostracizzato nell’Italia ipocrita e bigotta degli anni ’60 ma persino “massacrato nell’attimo più giusto della sua carriera da un odio che spesso ancora oggi resiste contro i diversi, i diversi che hanno qualcosa in più e non qualcosa in meno”, come disse il suo amico Gino Paoli omaggiandolo durante un Festival di Sanremo.

La reazione a quel coming out? Applausi liberatori e lacrime. Un “copione” non dissimile da quanto avvenuto ieri a Che tempo che fa, quando l’onorevole Vincenzo Spadafora ha rivelato di essere gay durante un’intervista a Fabio Fazio per presentare il suo libro, Senza riserve, in politica e nella vita. “L’ho fatto anche per me stesso perché ho imparato forse molto tardi che è molto importante volersi bene e rispettarsi”, ha spiegato il deputato del Movimento 5S, cedendo alla commozione mentre il conduttore ripeteva imbarazzato “non deve spiegare tutto”. Lui però ha tirato dritto: “Lo faccio anche per testimoniare il mio impegno politico, per tutti quelli che tutti i giorni combattono per i propri diritti e hanno meno possibilità di farlo rispetto a quante ne ho io grazie al mio ruolo”, ha aggiunto l’ex sottosegretario alle pari opportunità ed ex ministro dello sport. Ma davvero nel 2021, trent’anni dopo quello paradigmatico di Bindi, il coming out di un personaggio pubblico può essere percepito come una notizia così eclatante? In attesa che le cose cambino e che davvero si assista ad un cambiamento culturale radicale, cosa che purtroppo non passa attraverso nessun ddl, evidentemente . Ma più che una notizia, è giusto considerarlo soprattutto un gesto politico potente. Nel caso di Spadafora perché, come lui stesso ha sottolineato, “in politica l’omosessualità viene usata anche per ferire, per colpire l’avversario, con un brusio che io stasera volevo spegnere” (stando alla quantità di commenti, non tutti positivi, generarti sui social, il brusio nel frattempo è diventato frastuono). Non esattamente qualcosa di originale, visto che la presunta omosessualità di alcuni politici era oggetto già negli anni ’60 di violente campagne stampa, dossieraggi e pettegolezzi di ogni sorta (i tre democristiani, Emilio Colombo, Mariano Rumor e Fiorentino Sullo erano soprannominati le “Sorelle Bandiera”, altro che i gossip sulla presunta “lobby gay” interna ai 5S).

Oggi però a movimentare la discussione pubblica e a scaldare i toni è stato l’affossamento del Ddl Zan, che ha spinto diversi personaggi ad uscire allo scoperto parlando pubblicamente del proprio orientamento sessuale anche in tv. Lo ha fatto “indirettamente” la senatrice di Forza Italia Barbara Masini, rivelando di essere lesbica e fidanzata da anni durante il suo intervento in Senato durante la discussione della legge (ripreso dalle televisioni). “Ho pensato di poter aiutare il dibattito sul ddl Zan. Nella mia vita ho sempre vissuto la mia omosessualità alla luce del sole, ma senza farne troppa pubblicità”, ha spiegato al Corriere della Sera. Ma ha fatto molto più rumore il delicatissimo coming out di Alberto Matano durante una puntata de La vita in diretta, proprio poche ore dopo lo stop al provvedimento. “Ho provato l’omofobia sulla mia pelle, quindi so cosa significa. E allora mi auguro che con il contributo di tutti, su un tema così importante, ci possa essere un supplemento di riflessione”, ha rivelato visibilmente commosso. Metterci la faccia è anche questo. Ma Matano non è il solo “mezzobusto” italiano ad aver fatto coming out: risale al 2007 quello di Stefano Campagna, il conduttore del Tg1 scomparso sette anni dopo, mentre nel 2012 Alessandro Baracchini di Rai News 24 rivelò di essere gay durante un collegamento radiofonico a Un giorno da pecora.

È passato invece un anno da un altro clamoroso coming out in diretta tv, quello di Gabriel Garko al Grande Fratello Vip. “Se due mesi prima mi avessero detto che lo avrei fatto al Gf Vip avrei risposto: “Siete pazzi”. Non volevo farlo, poi è scattato il click e ho pensato: i giochi sono finiti. Si continuavano a dire cose false su di me e io non volevo essere trascinato in situazioni che per anni mi hanno portato solo sofferenza”, ha spiegato qualche settimana fa a FQMagazine l’attore, che definì la sua omosessualità a lungo nascosta “il segreto di Pulcinella”. Da anni veniva paparazzato in compagnia di quelli che in certe tragicomiche didascalie di settimanali rosa venivano definiti “amici del cuore”. “Ma sogno il momento in cui non sarà più necessario fare coming out, etichettare le persone, guardare il mondo con la lente della normalità”. E forse sta proprio in questa frase la chiave di volta: in attesa che i coming out smettano di essere necessari, è importante che continuino ad esserci perché chi non ha la forza di vivere alla luce del sole la propria identità sessuale, trovi la spinta per farlo. Intanto c’è una cosa che colpisce ed è che Spadafora, Matano e Garko sono tutti dei quasi cinquantenni: sbagliato generalizzare, ma è come se una generazione avesse dovuto vivere la propria omosessualità come un tabù o un aspetto privato da non condividere per evitare etichette ingombranti. “Si fa ma non si dice”, per dirla alla Paolo Poli.

Mentre l’Italia fa i conti con una politica molto più retrograda e antiprogressista dei suoi elettori, la televisione procede più spedita. La tv come specchio del paese, tra ipocrisie, paure, contraddizioni macroscopiche e accelerazioni improvvise. Maria De Filippi ha scelto come tronista Andrea Nicole, che ha felicemente concluso il suo percorso di transizione (proprio nel giorno dell’affossamento dello Zan su Canale 5 andava in onda un bacio tra Andrea e un suo corteggiatore), e Antonella Clerici ha fatto entrare nel cast fisso di È sempre mezzogiorno Chloe Facchini, la cuoca transgender che fino a pochi anni fa il pubblico conosceva come Riccardo Facchini. Niente strappi, polemiche residuali. Ma sono proprio le scelte di conduttrici come De Filippi e Clerici – due che sanno a che pubblico stanno parlando, cosa poi non così scontata in tv – a plasmare (anche indirettamente) l’opinione pubblica molto più di tanti verbosi talk show.

Nel frattempo, ad andare più veloce di molti politici sono ancora una volta i giovani: emblematico il fatto che ne Il Collegio 6 ci sia Beatrice Kim Gengo, la prima partecipante di un reality italiano che non si riconosce nel binarismo di genere. Roba da far sembrare polverosi i coming out di Tiziano Ferro o Michele Bravi, avvenuti via Vanity Fair, o quello dello youtuber Guglielmo Scilla, che si rivelò via Instagram in un video ironico (“mi piace il cazzo, non mi piace la figa”) alla vigilia della sua partecipazione a Pechino Express. Hanno scelto la carta stampata per uscire allo scoperto la pallavolista Paola Egonu, l’ex calciatrice Carolina Morace, Paola Turci e Madame (che al Fatto spiegò: “Nella mia crescita voglio avere il diritto di provare e scegliere. Ho detto di essere bisessuale, sto accettando fino in fondo ciò che sono. Fluida. Se mi passa la battuta, si scopa di più”). Nei reality, spicca il coming out di Eva Grimaldi all’Isola dei Famosi, mentre nei salotti della D’Urso – altra paladina dei diritti LGBTQI+ – si dichiararono gay l’attore Gabriele Rossi (ex fidanzato di Garko) e il cantante Marco Carta (criticato per averlo fatto in concomitanza dell’uscita di un nuovo singolo). E mentre Elly Schlein, ex europarlamentare e attuale vicepresidente della regione Emilia-Romagna, scelse L’Assedio di Daria Bignardi, a Lucilla Boari, bronzo a Tokyo 2020, il coming out è “esploso tra le mani” per via di un video della fidanzata trasmesso durante un’intervista post gara. “Non avrei voluto che la mia storia venisse fuori in quel modo. Non so come dire, volevo che fosse un fatto solo privato, che venisse trattato soprattutto come una cosa normale”, ha poi ammesso la prima italiana sul podio olimpico nel tiro con l’arco. Perché, in fondo, vale la regola de “il coming out è mio e me lo gestisco io”.

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