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Ilfattoquotidiano.it pubblica l’introduzione del volume “Fuori!!!” (Not edizioni) a firma dei curatori dell’opera Carlo Antonelli e Francesco Urbano Ragazzi.
Questa è una dichiarazione d’amore. La scriviamo a te, anche se non è rivolta a te. Stavolta non sei tu l’oggetto del nostro desiderio. Il nostro amore è proteso tutto verso l’oggetto che hai in mano. Si tratta del FUORI!, la rivista di cui troverai i primi tredici mitologici numeri qui raccolti in almanacco.
FUORI! è stato il primo periodico di liberazione sessuale a essere pubblicato in Italia. È uscito nelle edicole e poi nelle librerie tra il dicembre del 1971 e l’aprile del 1982 – anche se il numero zero è stato distribuito, con strategia di marketing geniale, nei parchi dove una volta si andava a battere. È stato scritto, disegnato e stampato dal Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano, un eroico ma sparuto gruppo di uomini e donne torinesi che in pochi anni sono stati capaci di organizzarsi, espandersi e trovare sostenitori in tutta la nazione, isole comprese.
Prima di loro, nessuno in Italia aveva provato a riunirsi per rivendicare i diritti degli omosessuali. Se quindi la vita che viviamo noi oggi è un po’ meno oppressiva, dobbiamo ringraziare anche tutti loro, che hanno fatto l’Italia aprendo una breccia nella cultura nazionale. Una breccia simbolica, certo, ma non meno importante di quella risorgimentale e più nota.
Quelle che stai per sfogliare sono tutte le pagine che compongono i primi tredici numeri della rivista. Abbiamo scelto, per ora, di ripubblicare proprio queste e non le successive per due distinte ragioni.
La prima: i numeri dall’uno al tredici del FUORI! fotografano un momento storico irripetibile. Catturano gli anni dal 1971 al 1974, durante i quali il movimento di liberazione omosessuale italiano fu davvero unitario nonostante il sempre acceso dibattito interno. Poco dopo, già nel novembre del 1974, la decisione di federarsi ufficialmente al Partito Radicale avrebbe provocato una scissione tale per cui Mario Mieli e altri, meno riformisti e più rivoluzionari, sarebbero usciti dal gruppo. Il numero quattordici del FUORI! – primavera 1975 – fu figlio dell’avvenuta spaccatura.
La seconda ragione: pubblicato nell’estate del 1974, il tredicesimo numero della rivista è intitolato FUORI! DONNA e fu il primo interamente scritto dalle lesbiche che animavano il movimento. Testimonia una storia che è stata spesso marginalizzata e a cui è invece fondamentale dare attenzione. Ma racconta anche un altro fatto. Se la nascita del FUORI! fu il primo passo per uscire dalla penuria linguistica con cui veniva descritta l’esperienza omosessuale, il FUORI! DONNA fu la prima delle moltiplicazioni che portarono all’esplosione consonantica oggi nota come LGBTQ+. Il FUORI! DONNA è insomma il promemoria che, sebbene si combatta tutti per gli stessi diritti, la storia della lotta per ottenerli è fatta di tante storie individuali e collettive, di tante volontà e voci e modi di associarsi la cui sintesi è forse un obiettivo neanche troppo desiderabile.
Queste pagine sono state trattate con cura, tanto che non le abbiamo quasi toccate. Pur unificando i diversi formati di stampa con cui la rivista è apparsa negli anni, abbiamo cercato di riprodurre i documenti originali il più fedelmente possibile. L’oggetto che hai in mano dunque, così rilegato in volume, è quasi un ready-made, un objet trouvé, un oggetto trovato. Date le molte e fulminanti invenzioni grafiche o linguistiche che contiene (genialmente anticipatrici di alcuni tra i diorami digitali realizzati in decenni assai successivi), vorremmo davvero che tu lo considerassi un’opera d’arte collettiva.
Ma il FUORI! è anche, almeno per noi, un oggetto ritrovato. Il nostro amore per la rivista è nato infatti non da ieri. Due di noi avevano esposto le preziose copie in una mostra intitolata Io Tu Lui Lei a Venezia nel 2012, mentre l’altro – sebbene in pectore più vicino a un titolo come «Butt» – ha amato le pagine del FUORI! di un amore di cui è capace solo chi, a sua volta, ha diretto una rivista.
Ma al di là dei legami sentimentali, perché ristampare e rileggere il FUORI!? Perché proprio oggi? Così di primo acchito, ci verrebbe da risponderti che in tanti, di recente, hanno parlato del FUORI! ma in pochi, forse, l’hanno letto e apprezzato davvero. Questa ci sembra quindi l’occasione giusta per rimettere in circolazione un documento – un documento storico – di modo che più persone possibili possano avere il piacere, o fare la fatica, di studiarlo (non solo di citarlo) facendosi un’idea di cos’è stato, di cos’ha significato. Quello che stupisce, per esempio, è come l’immediata aspirazione all’internazionalismo – che portava il gruppo italiano a dialogare con gli omologhi inglesi, francesi, spagnoli, americani, e così via – fosse mista alla fatica di penetrare l’Italia profonda delle infinite province. Basta guardare i nomi delle sezioni del FUORI! via via elencate in ogni numero della rivista per capire come la geografia dell’orgoglio sia stata faticosamente costruita.
E poi c’è un anniversario da onorare. Nel 2021 si celebrano i cinquant’anni dalla pubblicazione del numero zero del FUORI! e dalla fondazione del movimento. Quello che vogliamo festeggiare con questa ristampa non è solo il punto d’inizio della liberazione omosessuale in Italia, ma soprattutto l’eroismo di un piccolo gruppo di persone che, attraverso l’uso spregiudicato della lingua, si è fatto più forte di quello che era nella realtà.
Il FUORI! è soprattutto questo, secondo noi. È una rivista che non sapeva se avrebbe avuto dei lettori ma che i lettori se li è andati a cercare uno per uno. È un’associazione di oppressi che hanno iniziato a descriversi come numerosi e invincibili finché non lo sono diventati per davvero. È un passo più lungo della gamba che non finisce in rovinosa caduta ma si trasforma in un salto. Sfogliando queste pagine, capirai che la storia del FUORI! è una storia di libertà non dei corpi ma del linguaggio giacché, se è vero che in ogni secolo tutti hanno trovato il modo di fare l’amore con chi gli pareva, non è altrettanto vero che quell’amore tutti l’hanno potuto esprimere o definire a piacimento. Man mano che i numeri del FUORI! scorreranno davanti ai tuoi occhi, vedrai quindi la narrazione di questa esperienza fondativa affrancarsi dal silenzio o dall’egemonia di vocabolari più o meno istituzionali, inappropriati, e comunque sempre brutali.
In principio, le parole per nominare certi desideri e certe relazioni nemmeno esistevano. Il termine «omosessuale» negli anni ’60 era usato solo nell’ambito della medicina, più che altro per certificare la natura patologica di certi tipi di soggettività. Meglio ammalati che in carcere o in esilio, ovvio, ma quella parola – una sola per tutti – rimaneva una coperta troppo corta, raggruppando in un unico fascio i maschi, le femmine e tutte le identità che stavano tra gli uni e le altre.
In alternativa c’era il dico-non-dico della stampa e della televisione, le quali si accorgevano quasi solo degli omosessuali maschi e quasi solo quando uno di loro accoppava qualcun altro. Il linguaggio da cronaca nera era allusivo, oscuro, tra misteriosi balletti verdi, fantascientifici terzi sessi e il sempre gettonatissimo «invertiti». A chi avesse voluto un lessico più chiaro e più ricco non sarebbe rimasto che rivolgersi ai dialetti o al gergo popolare, ma lì avrebbe trovato soltanto le solite, talvolta ingegnose, volgarità.
Il FUORI! si è affrancato da tutti questi registri offensivi e repressivi. Lo ha fatto però, perlomeno all’inizio, appropriandosi di altri e contigui vocabolari della lotta. Particolarmente nei primi numeri, è ricorrente la traduzione di articoli e pamphlet tratti da house organ di gruppi stranieri simili a quello italiano – per esempio il Front Homosexuel d’Action Révolutionnaire francese (FHAR) o il Gay Liberation Front inglese. Altre fonti di concetti erano poi la teoria critica tedesca e i movimenti della sinistra extraparlamentare. I loro stili economicisti e para-accademici venivano però pervertiti in quello che si potrebbe definire un marxismo scheccante, divertente e divertito. Venivano espresse così, da un lato, la difficoltà di pensare la condizione omosessuale nei termini della dialettica servo-padrone (che fare dei froci borghesi?) e, dall’altro lato, una risposta alla repressione all’interno del partito comunista nei confronti delle compagne lelle e dei compagni finocchi. Infine, a servire da bacino linguistico cui attingere, c’era il femminismo e le sue pratiche di autocoscienza, i quali provocavano – soprattutto nel dibattito tra lesbiche – problemi di carattere intersezionale non meno stringenti. Erano, gli omosessuali maschi, più oppressi in quanto omosessuali o più oppressori in quanto maschi? E, di conseguenza, ci si doveva sentire più attiviste lesbiche o militanti femministe? Era necessario scegliere oppure si potevano tenere i piedi in due scarpe?
Posizionandosi sempre scomodamente tra le grammatiche, gli stilemi e le parole d’ordine della società italiana anni ’70, il FUORI! ha cercato e trovato la propria voce, dandola a molte, moltissime persone. Proprio questa natura di orgogliosa inadeguatezza ha forse reso il FUORI! il primo movimento post-ideologico del Paese; ciò è avvenuto, questo va detto, soprattutto perché nessuna delle ideologie presenti sul suolo nazionale si dimostrò particolarmente interessata a sposarne la causa.
Nonostante questo, quasi tutte le battaglie furono VINTE. Proprio questo senso di vittoria e di conquista (e di rappresentanza oggi finalmente ottenuta) ti potrebbe far pensare che la nostra sia un’operazione che guarda solo al passato: un’operazione-nostalgia. Ma ti sbagli. Crediamo invece che le pagine del FUORI!, rilette adesso, debbano incoraggiare te a domandarti se sia possibile, e in cosa consista, la «fuoranza» contemporanea.
Noi alcune risposte ce le siamo date. Per prima cosa va riconosciuto che quasi tutti i diritti sono stati conquistati, e che nel 2021 si campa molto meglio che nel 1971. Si potrebbe quasi pensare che vada bene così, che ci si possa fermare qui con le rivendicazioni, anche senza aver ottenuto il riconoscimento dei figli, la gestazione per altri, o più banalmente le adozioni.
Ecco: la sfrontatezza e l’inventiva di certe pagine del FUORI! dovrebbero invece farti domandare perché questa dimensione del «quasi» ti sembri sufficiente, e quanto la società italiana sia cambiata per davvero e abbastanza. Perché un altro futuro non riusciamo più a immaginarcelo? Davvero ci basta veder approvate a fatica leggi che ci tutelano quando siamo vittime, ma non quando cerchiamo di vivere la vita che vogliamo?
La coltivazione di una fuoricultura contemporanea non riguarda soltanto questo. Se è vero che le fondatrici e i fondatori del FUORI! erano soggetti attenzionati, sorvegliati, schedati, forse la loro esperienza può esserci utile per capire come resistere nelle odierne società della profilazione individuale, pubblica o privata, subdola e totale. Tenendo presenti alcune differenze. Se FUORI! ieri significava uscire allo scoperto per combattere categorie mediche o giuridiche cui non si sentiva di corrispondere, oggi potrebbe essere un modo per restare fuori da qualsivoglia aggregazione data-driven senza venir tagliati fuori dalla società.
Se FUORI! ieri significava trovare i propri simili in un mondo che ti voleva solo, diverso e infelice, oggi potrebbe voler dire uscire dalla bolla dei simili per contribuire alla nascita di una comunità non solo più fluidificata ma anche più mobile. Una comunità ancora più libera, che possa continuare a inventare parole senza che queste si stringano in categorie. Una comunità più connettiva, capace di stabilire associazioni impreviste e di svincolarsi così dalle griglie che nel frattempo si sono formate. Una comunità pronta a lottare ancora, guardando fuori, e oltre, la mera rivendicazione dei diritti individuali.
FUORI! non dice solo: Ora basta!
Dice: Non basta!
Chiaro?
di Carlo Antonelli e Francesco Urbano Ragazzi