Nei giorni scorsi, la preside, era stata costretta a mettere i lucchetti al cancello del cortile a causa di alcuni spiacevoli e gravi episodi: schiaffi tra mamme; bambini maneschi e poco rispetto per l’area di accesso all’istituto. Ora spiega a IlFattoQuotidiano.it come, in breve tempo, si è riusciti a trasformare quel problema in un'opportunità
“Nel giro di un paio di giorni, grazie alla collaborazione dei genitori e non solo, abbiamo riaperto il cortile della nostra scuola che è pronto di nuovo ad accogliere tutti. Questa è la vera notizia”. A parlare è Maura Avagliano, da due mesi dirigente dell’istituto comprensivo “Cadorna” di Milano situato nel quartiere “San Siro”, una delle zone più multiculturali della città. Nei giorni scorsi, la preside, era stata costretta a mettere i lucchetti al cancello del cortile a causa di alcuni spiacevoli e gravi episodi: schiaffi tra mamme; bambini maneschi e poco rispetto per l’area di accesso all’istituto.
La scelta di Avagliano, ha attirato l’attenzione dei media e non solo e qualcuno ha puntato il dito contro le tante famiglie di migranti che frequentano il “Cadorna”. Una narrazione che – a detta della dirigente – non corrisponde al vero. Anzi la capo d’istituto ha colto l’occasione per trasformare una situazione difficile in un’opportunità: “I genitori si sono immediatamente preoccupati e si sono presi cura in maniera volontaria del cortile. In più avremo un vigile di quartiere sempre presente. Abbiamo riaperto in maniera nuova e diversa”. A confermare il lavoro della preside è anche Francesca Cognetti, professore associato al “Politecnico” e coordinatrice del tavolo “Sconfini” nato proprio a “San Siro”: “Gli spazi sono luoghi di convivenza ma anche di conflitti. Lì si incontrano tante culture diverse. Anche il cortile del “Cadorna” lo è ma la scuola ha saputo trasformare un problema in una risorsa”.
Preside, la sua scuola, nel giro di pochi giorni è finita sotto i riflettori anche per la decisione che lei ha preso.
“Alcuni giornali hanno calcato la mano sulla questione sottolineando che nel nostro quartiere c’è la presenza massiccia della comunità araba ma sia chiaro che dalla mia bocca non è mai uscita la parola straniero a proposito di quanto accaduto. La nostra scuola, seppur in un contesto socio culturale difficile, è e resta un presidio del territorio. Siamo resilienti e anche le esperienze più dure sono terreno per costruire”.
Come avete risposto a quanto è successo.? Perché ha riaperto il cortile?
“Siamo una realtà viva. Il nostro cortile non poteva restare a lungo chiuso. Grazie ai genitori dell’associazione “Cadorna” ora vi sarà una sorta di presidio. Abbiamo realizzato dei cartelli in più lingue e messo in atto un progetto di cura di quello spazio grazie al lavoro dell’insegnante di educazione civica. Non dobbiamo dimenticare che qui da anni ci sono realtà che lavorano nel quartiere proponendo laboratori extrascolastici per i ragazzi; corsi di capoeira e poi abbiamo attivato un progetto di scuola alternanza/lavoro portando a scuola degli studenti che si occupano di alfabetizzazione. E per gli adulti c’è un luogo, la “Stanza dei sogni” dove possono ritrovarsi; c’è uno sportello psicologico e proprio in aula le mamme possono imparare l’italiano. E’ la scuola che umanizza il quartiere.
Cos’è che ha creato la situazione di caos che l’ha costretta ad intervenire?
“Sicuramente la necessità di avere ingressi scaglionati a causa della pandemia ha creato qualche problema ma vorrei far capire che grazie all’impegno di tutti abbiamo trovato una soluzione”.