Dopo quasi un anno in stato vegetativo, Samantha D’Incà potrà finalmente andarsene in pace. Si è conclusa così la vicenda giudiziaria che ruota attorno alla 30enne di Feltre finita in coma irreversibile il 6 dicembre 2020 a seguito di un’operazione per sistemare una lesione alla gamba. A undici mesi dalla battaglia legale intrapresa dai genitori della giovane, il tribunale di Belluno ha infatti autorizzato il padre Giorgio a staccarle la spina, previo parere dei medici e nomina dell’uomo a tutore della ragazza. Una delibera dalla portata storica che promette di riaprire il dibattito sulla delicata questione del fine vita.
Alla fine del novembre 2020, D’Incà si era fratturata un femore uscendo di casa. Dimessa dall’ospedale dopo l’operazione che avrebbe dovuto sanare la lesione, un intervento considerato di routine, la 30enne aveva cominciato a sentirsi male, con dolori e gonfiori su tutto il corpo. Ricoverata per la seconda volta, la situazione era rapidamente precipita fino a che, il 4 dicembre, la giovane è entrata in coma per una polmonite bilaterale estranea al Covid: forse una grave infezione batterica, ma la causa non è ancora stata accertata con precisione. Da allora, Samantha vive attaccata a una macchina in una Rsa di Belluno ma secondo i medici non ha alcuna possibilità di riprendersi. Per questo i suoi genitori hanno subito lottato per aiutarla ad andarsene: la giovane non aveva lasciato un biotestamento scritto ma a loro e ai due fratelli aveva più volte espresso la volontà di evitare l’accanimento terapeutico. Ora gli sforzi dell’ultimo anno hanno prodotto un risultato concreto: il 10 novembre il padre sarà nominato amministratore di sostegno della figlia e potrà così chiedere all’équipe medica che la segue l’interruzione delle cure e poi la sedazione fino alla morte. Dopo un lungo braccio di ferro e diverse perizie, il tribunale ha infatti certificato l’impossibilità di qualsiasi mutamento nella condizione della ragazza, sottolineando che l’unico trattamento che la tiene in vita è la nutrizione artificiale.
“Abbiamo perso tante battaglie ma alla fine abbiamo vinto la guerra. Aveva ragione mio marito: finché avremo respiro, diceva, lotteremo per la dignità e il rispetto che Samantha merita”, ha commentato la mamma Genzianella Dal Zot sulle pagine del Corriere della Sera. “Anche il Comitato etico e il procuratore di Belluno hanno dato il via libera. Mia figlia non avrebbe mai voluto vivere così, ricordo le sue parole quando in tv scorrevano le immagini di Eluana e Dj Fabo. La sua vita in quel letto, tra dolori e sofferenze, non è vita, non è dignità, è soltanto patimento. Finalmente ci hanno creduto e ci concedono questo atto d’amore“, ha aggiunto la donna. Che ha concluso: “È stato devastante e umiliante vedere in questi mesi che davanti al letto di Samantha tutti potevano decidere di lei, i medici, gli avvocati, i giudici, tutti tranne noi. La legge va cambiata, per questo sono stata tra i primi a Belluno a firmare il referendum per l’eutanasia legale. E come me hanno fatto Giorgio, Manuel, la mia terza figlia Pamela, che ha due anni più di Samantha, tanti parenti, molti amici”.