Il tema, neanche troppo a sorpresa, ha scatenato un diluvio di risposte maschili, con una serie di consigli non richiesti. Poche le donne a intervenire. Una situazione che ha lasciato allibita la cantante, che ha risposto per le rime di nuovo su Twitter: “Non ho parole. Non scelgo io che flusso avere. Ognuno deve sentirsi a proprio agio, beccarmi la paternale anche no”.
La cosa più stupefacente è che, di fronte alla polemica scatenata sul web da una donna sul costo eccessivo degli assorbenti, a rispondere siano stati in gran parte uomini. Dispensando i loro consigli: “Cerca meglio sugli scaffali del supermercato, troverai sicuramente marche molto più economiche”. Oppure: “Perché non usi le coppette? Mia moglie ci si trova così bene!”. C’è anche chi rilancia sul piano dell’eguaglianza dei sessi: “Le lamette da barba degli uomini scontano ancora un’Iva del 22 per cento, non è anche questa una iniquità?”.
Perché la protesta di cui si è fatta portavoce la cantante Francesca Michielin parte proprio da questo: i costi del prodotto e l’imposta sul valore aggiunto. La chiamano tampon tax e l’intervento del Governo, nella più recente misura di bilancio, l’ha tagliata dal 22 al 10 per cento. Un primo passo, non sufficiente, visto che la richiesta era di arrivare a un valore prossimo allo zero, il 4%. Niente da fare: il prezzo degli assorbenti i rimane sempre elevato e rappresenta un’uscita economica nel bilancio mensile di una donna. Per questo Francesca Michielin è andata all’attacco su Twitter: “E anche oggi, come ogni mese, ho speso i miei 15 euro di assorbenti (3 pacchi di media mi servono). Del resto, avere il ciclo è un lusso, è uno sfizio, come voler bere spumante, andare in vacanza, comprarsi le sigarette o un nuovo smartphone, no?”.
Il tema, neanche troppo a sorpresa, ha scatenato un diluvio di risposte maschili, con una serie di consigli non richiesti. Poche le donne a intervenire. Una situazione che ha lasciato allibita la cantante, che ha risposto per le rime di nuovo su Twitter: “Non ho parole. Anziché aprire un dibattito sulla tassazione degli assorbenti, sul fatto che non sono un lusso, mi devo ritrovare a leggere consigli su quali assorbenti usare. Non scelgo io che flusso avere. Ognuno deve sentirsi a proprio agio, beccarmi la paternale anche no”.
La discussione è ancora vivace. La settimana scorsa è andata in scena a Roma una manifestazione della Coop (insieme al collettivo Onde Rosa, l’associazione Toccanoi e la piattaforma Change.org) per un ulteriore abbassamento della tassazione: “Gli assorbenti non possono essere ritenuti beni di lusso”. L’obiettivo rimane il 4 per cento: obiettivo indicato da 650 mila firme di una petizione digitale che si aggiungono alle 79 mila raccolte ai tavoli da soci e volontari in 211 Comuni italiani.
Ma il tema dei costi si riverbera anche su altri dispositivi in qualche modo collegati all’attività sessuale e agli organi riproduttivi, in primis i contraccettivi. Un esempio: gli anelli vaginali non sono mai stati passati dalla mutua, eppure sono meno invasivi e altrettanto efficaci della pillola. E chissà quale sarà la tassazione imposta su quella che si profila come la vera novità degli ultimi tempi sulla contraccezione maschile. Fino a oggi l’unica garanzia del 100 per cento era affidata alla vasectomia. Oppure al tradizionale condom, che ha però un tasso di gravidanze indesiderate del 3 per cento, o al famigerato coito interrotto. Via via abbandonato dalle coppie perché davvero poco sicuro, con una media del 7 per cento di concepimenti. Ora è in arrivo “Coso”, una sorta di bagnetto per testicoli: funziona con un po’ d’acqua e gli ultrasuoni che producono uno stato di infertilità temporanea. Ideato da una tedesca, Rebecca Weiss, è ancora in fase sperimentale.
Chissà quale sarà il costo e quale tassazione graverà su questo bizzarro prodotto. Nel frattempo tutto il peso di evitare una gravidanza non voluta è sulle spalle delle donne. Così come quello dei tamponi da utilizzare durante il ciclo. Essere donna, per il solo fatto di esserlo, anche in questo campo costa molto. Per fortuna nessuno ha proposto l’utilizzo di panni di cotone da lavare a mano, il metodo usato dalle nostre nonne e bisnonne.