La manovra alla fine è stata modificata, ma prima di arrivare in Parlamento non sarà necessario un nuovo passaggio in Consiglio dei ministri. Le indiscrezioni delle agenzie di stampa sono state smentite da Palazzo Chigi: “Il disegno di legge di Bilancio è stato approvato formalmente dal Consiglio dei Ministri nella riunione di giovedì 28 ottobre. Per questo motivo non si rende necessario alcun nuovo passaggio o esame in Cdm”. Tutto vero, ma dall’approvazione sono passate praticamente due settimane e nel frattempo il testo definitivo della prima manovra del governo Draghi non è mai arrivato in Parlamento. Il motivo? Il Tesoro ha di fatto scritto o riscritto una serie di articoli, tra cui quelli sui capitoli politicamente sensibili di reddito di cittadinanza e pensioni.
Nonostante questo, per Chigi non è necessario portarlo nuovamente all’attenzione dei ministri per un giro di tavolo: si teme un nuovo assalto dei partiti. Già nel pomeriggio almeno due forze politiche che sostengono l’esecutivo, Lega e M5s, avevano già anticipato le istanze da portare in Cdm, dando evidentemente per scontato che ci fosse una nuova occasione di confronto. “Su Opzione donna siamo fiduciosi. L’auspicio è che il nostro pressing nel confermare i requisiti precedenti, abbia esito positivo nella revisione del testo della manovra al vaglio del cdm nei prossimi giorni”, ha scritto in una nota la senatrice leghista Tiziana Nisini, che è sottosegretaria al ministero del Lavoro, quindi pure parte del governo. Ma anche i deputati del Movimento 5 stelle Riccardo Fraccaro, Luca Sut e Patrizia Terzoni hanno scritto un comunicato in vista del ritorno della manovra in Cdm: “Riteniamo indispensabile che il governo inserisca nel testo le modifiche necessarie a prorogare il Superbonus 110% anche per i detentori di abitazioni unifamiliari ed edifici indipendenti”.
A questo punto, il premier Mario Draghi ha ritenuto la scelta migliore evitare un altro Cdm. E da Chigi è arrivata anche la notizia di un’accelerazione: il disegno di legge di Bilancio arriverà al Senato, dopo la bollinatura della Ragioneria generale dello Stato, presumibilmente mercoledì mattina. La manovra, stando alle norme europee, doveva passare al Parlamento entro il 20 ottobre: il ritardo accumulato è già superiore ai 20 giorni e rischia di avvicinarsi sempre di più al record raggiunto nel 2020 – in piena seconda ondata – quando Camera e Senato attesero fino al 19 novembre.
Questa mattina alle 11 a Palazzo Chigi Draghi ha incontrato il capodelegazione del M5s Stefano Patuanelli, il ministro del Lavoro Andrea Orlando, il responsabile della Pa Renato Brunetta e alcuni esponenti del Mef. Assente il titolare dell’Economia, Daniele Franco, impegnato a Bruxelles: una riunione convocata di buon mattino per confrontarsi sull’impianto del reddito di cittadinanza e dare così l’accelerata conclusiva. Confermato il decalage a partire dal primo rifiuto di un’offerta di lavoro congrua, mentre scatta lo stop all’assegno dal secondo no. Come detto, le modifiche riguardano anche il capitolo pensioni: a quanto riferito al termine del vertice, sono stati rivisti i requisiti di età per l’anticipo pensionistico con Opzione donna. Rispetto all’ipotesi iniziale, il criterio di età per accedere alla misura dovrebbe essere abbassato, come aveva già anticipato il ministro Orlando. Nella ipotesi iniziale l’età per Opzione donna si alzava a 60 anni e invece dovrebbero essere confermati i parametri attuali di pensionamento anticipato con 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti e 59 anni per le autonome.