Alla Cop 26 è il giorno dei trasporti e, in particolare, dei veicoli a emissioni zero. Stando alle indiscrezioni, l’obiettivo è quello di presentare un accordo globale per azzerare le emissioni delle nuove auto e furgoni entro il 2040 a livello globale ed entro il 2035 nei principali mercati. Un accordo con il quale le case automobilistiche dovrebbero impegnarsi a vendere solo veicoli a zero emissioni entro il 2035 (o anche prima). Ma le trattative di questi giorni non sono state affatto semplici, come ha raccontato il Financial Times, secondo cui sono state incontrate resistenze da Cina e Stati Uniti, rispettivamente il primo e il secondo mercato automobilistico più grande del mondo (sul fronte delle auto elettriche c’è un testa a testa tra Pechino e l’Europa), ma anche dalla Germania, dove crescono full electric e ibride plug-in, ma si spinge molto sui combustibili sintetici. Così, nonostante siano quasi tutte pronte tecnologicamente alla transizione e alcune si siano già date degli obiettivi, hanno fatto muro anche alcune delle maggiori case automobilistiche. Volkswagen, contro cui Greenpeace Germania ha appena intentato una causa per non aver attuato un piano di decarbonizzazione in linea con gli accordi di Parigi, e BMW avrebbero affermato che non firmeranno, incerta la posizione di Toyota. Dovrebbero, invece, aderire General Motors e Volvo, che già si erano posti dei target al 2035 e al 2030, ma anche Daimler (che ha l’obiettivo del 2030, mercato permettendo) e Ford, che entro il 2040 vuole raggiungere con i veicoli a batteria il 40% dei volumi commerciali.
GLI OBIETTIVI DEI GOVERNI NEI MERCATI PRINCIPALI – D’altro canto, la scorsa estate in Europa hanno fatto discutere le proposte presentate dalla Commissione Ue nel pacchetto ‘Fit for 55’, che terrà impegnati Consiglio Ue ed Europarlamento per un paio di anni: dal 2035 verranno immatricolate solo auto nuove a zero emissioni. Ad oggi il 20,4% delle emissioni Ue arrivano proprio dal trasporto su strada e ora si punta a ridurre le emissioni medie delle auto nuove del 55% (del 50% per i furgoni) entro il 2030 e del 100% per entrambi entro il 2035, rispetto ai livelli del 2021. La Commissione Ue ha proposto di obbligare gli Stati membri a espandere la capacità di ricarica per le auto elettriche in linea con le vendite delle vetture e installare sulle principali autostrade stazioni di ricarica elettrica ogni 60 chilometri e stazioni di rifornimento per l’idrogeno ogni 150 chilometri. “Qualche settimana dopo, ad agosto, nell’Europa dei 35 c’è stato il sorpasso dei veicoli a batteria rispetto ai diesel”, racconta a ilfattoquotidiano.it Andrea Poggio, responsabile mobilità di Legambiente. “La Cina, che vuole vietare le auto a combustione dal 2035, lascia però la porta aperta alle ibride con una norma allo studio che, per quella data, dovrebbe consentire alle auto ibride leggere non ‘alla spina’ di occupare ancora il 50% del mercato. Anche negli Stati Uniti si va a rilento. Il presidente Biden vorrebbe che entro il 2030, il 50% delle auto immatricolate fossero elettrificate, mentre il Senato vuole tagliare del 50% le risorse destinate allo sviluppo della rete di ricarica, indispensabile per la mobilità elettrica. Nel frattempo alcuni Stati, come la California, si muovono autonomamente”.
I COSTRUTTORI BATTONO CASSA E STRINGONO ALLEANZE – “Tutto questo mentre i costruttori, negli Usa come altrove, già pronti sul fronte delle tecnologie, chiedono ingenti aiuti statali”, spiega Poggio. Di fatto gli argini si sono rotti. “A questo punto è chiaro che il mercato andrà in quella direzione. Quindi si stanno preparando – continua – e, intanto, battono cassa”. D’altro canto, al di là della Cop26, diverse aziende si sono già date un target per il passaggio alle auto elettriche, anche se alcuni costruttori (come quelli asiatici) investono nelle auto elettriche per non perdere quote di mercato ma, di fatto, scelgono di non abbandonare le ibride. La Volkswagen intende vendere solo elettriche tra il 2033 e il 2035. Greenpeace aveva chiesto l’addio al motore a combustione interna entro il 2030, che dovrebbe essere l’anno di Bmw, Fiat e Ford. Toyota, invece, dal 2022 venderà solo auto ibride, ibride plug-in ed elettriche, mentre Honda, Kia e Hyundai si sono date come target il 2035, ma senza dire addio definitivamente ai motori termici.
IL NODO INCENTIVI – Ma come reagisce il mercato alle decisioni dei governi e agli incentivi? A fine 2020, l’Europa ha superato la Cina per la vendita di auto elettriche nel mondo. Un sorpasso dovuto, secondo un rapporto dell’International Energy Agency (IEA), proprio agli impegni dei governi. Nel 2020, infatti, come era già accaduto in Norvegia, una ventina di altri Paesi hanno annunciato o ipotizzato il divieto di vendita di auto con motore a combustione interna o l’obbligo di vendita di soli elettrici 100% o fuel cell a idrogeno. Al contempo in Cina è stata prima confermata la riduzione delle sovvenzioni per i veicoli elettrici, ma a fine marzo 2020 è stato stabilito di estendere i bonus per l’acquisto di veicoli elettrici di altri due anni. Così, nel primo trimestre del 2021, le vendite globali di auto elettriche sono aumentate di circa il 140% rispetto allo stesso periodo del 2020, trainate da Cina (mezzo milione di auto) ed Europa (450mila). Secondo il rapporto, però, nella transizione a spendere meno risorse sono proprio i governi di tutto il mondo, con incentivi che sono diminuiti negli ultimi cinque anni. “Bisogna accompagnare agli obiettivi di phase out anche risorse, che vadano però nella giusta direzione”, dice Poggio, ricordando che “dallo scorso agosto l’Italia è l’unico Paese d’Europa a incentivare l’acquisto di auto a benzina e diesel e non di quelle elettriche, dato che sono finiti i soldi per le auto con la spina”. Per Poggio a cambiare la mobilità “non sono i bonus, ma politiche industriali che devono essere guidate dai governi e non dalle case automobilistiche. Modificare il sistema energetico di un Paese perché sia possibile muoversi con l’elettricità rinnovabile, non è qualcosa che fai con i bonus o fai fare alle industrie. Devi trasformare le città”.
I PREZZI E L’IMPATTO AMBIENTALE – Una delle ragioni che ha frenato finora l’acquisto dell’auto elettrica anche in Italia è il prezzo, sul quale a incidere è il costo della batteria, nonostante l’evoluzione tecnologica dell’ultimo decennio, che ha fatto calare i prezzi delle batterie agli ioni di litio dell’89%. “È vero che costa di più un’auto elettrica oggi, ma tra qualche anno costerà in maniera molto simile all’auto a combustione. Avverrà in Europa tra il 2025 e il 2027”, dice Poggio. E poi si pone il problema dell’impatto ambientale, anche quello legato proprio alle batterie per le quali serve più energia rispetto a quanta ne servirebbe per produrre un veicolo a combustione interna. Come spiega uno studio della ong Transport & environment, però, durante l’utilizzo le auto diesel e a benzina generano fino a tre volte più emissioni rispetto a quella elettrica. Le emissioni legate alle batterie, poi, diminuirebbero con una quota di rinnovabili più alta nel mix di produzione di elettricità. La maggior parte delle batterie oggi arrivano dalla Cina, dove si utilizza corrente elettrica prodotta nelle centrali di carbone “ma le auto della Tesla fabbricate negli Stati Uniti e adesso anche in Europa dove, in Germania – aggiunge Poggio – verranno prodotte in stabilimenti che si alimentano prevalentemente con pannelli solari. Allora cambia tutto il ciclo di vita”.
LE MATERIE PRIME – Rispetto alle riserve per l’utilizzo di litio e cobalto, in Italia i primi due stabilimenti di batterie dichiarano di usare quelle senza cobalto, al centro di diverse denunce internazionali, anche per lo sfruttamento di bambini. “Probabilmente le batterie prevalenti saranno ancora quelle al litio – aggiunge – ma sono allo studio delle alternative”. E poi c’è la questione della durata e del riciclo: “Circa un anno e mezzo fa abbiamo visto che le batterie della Tesla, dopo 200mila chilometri, hanno ancora 90% della loro capacità iniziale”. Dopo anni di utilizzo, le batterie delle auto elettriche possono essere utilizzate da altre industrie per stabilizzare la rete elettrica e, dopo anni di utilizzo, posso essere riciclate quasi al 100 per cento.
Ambiente & Veleni
Cop26, sul tavolo le auto a emissioni zero entro il 2035: accordo difficile. Cina, Usa e Germania frenano, Volkswagen e Bmw fanno muro
Nonostante siano quasi tutte pronte tecnologicamente alla transizione e alcune si siano già date degli obiettivi, alcune delle maggiori case produttrici si oppongono alla fissazione di obiettivi stringenti. Incerta la posizione di Toyota. Dovrebbero aderire General Motors e Volvo, ma anche Daimler (che ha l’obiettivo del 2030, mercato permettendo) e Ford, che entro il 2040 vuole raggiungere con i veicoli a batteria il 40% dei volumi commerciali
Alla Cop 26 è il giorno dei trasporti e, in particolare, dei veicoli a emissioni zero. Stando alle indiscrezioni, l’obiettivo è quello di presentare un accordo globale per azzerare le emissioni delle nuove auto e furgoni entro il 2040 a livello globale ed entro il 2035 nei principali mercati. Un accordo con il quale le case automobilistiche dovrebbero impegnarsi a vendere solo veicoli a zero emissioni entro il 2035 (o anche prima). Ma le trattative di questi giorni non sono state affatto semplici, come ha raccontato il Financial Times, secondo cui sono state incontrate resistenze da Cina e Stati Uniti, rispettivamente il primo e il secondo mercato automobilistico più grande del mondo (sul fronte delle auto elettriche c’è un testa a testa tra Pechino e l’Europa), ma anche dalla Germania, dove crescono full electric e ibride plug-in, ma si spinge molto sui combustibili sintetici. Così, nonostante siano quasi tutte pronte tecnologicamente alla transizione e alcune si siano già date degli obiettivi, hanno fatto muro anche alcune delle maggiori case automobilistiche. Volkswagen, contro cui Greenpeace Germania ha appena intentato una causa per non aver attuato un piano di decarbonizzazione in linea con gli accordi di Parigi, e BMW avrebbero affermato che non firmeranno, incerta la posizione di Toyota. Dovrebbero, invece, aderire General Motors e Volvo, che già si erano posti dei target al 2035 e al 2030, ma anche Daimler (che ha l’obiettivo del 2030, mercato permettendo) e Ford, che entro il 2040 vuole raggiungere con i veicoli a batteria il 40% dei volumi commerciali.
GLI OBIETTIVI DEI GOVERNI NEI MERCATI PRINCIPALI – D’altro canto, la scorsa estate in Europa hanno fatto discutere le proposte presentate dalla Commissione Ue nel pacchetto ‘Fit for 55’, che terrà impegnati Consiglio Ue ed Europarlamento per un paio di anni: dal 2035 verranno immatricolate solo auto nuove a zero emissioni. Ad oggi il 20,4% delle emissioni Ue arrivano proprio dal trasporto su strada e ora si punta a ridurre le emissioni medie delle auto nuove del 55% (del 50% per i furgoni) entro il 2030 e del 100% per entrambi entro il 2035, rispetto ai livelli del 2021. La Commissione Ue ha proposto di obbligare gli Stati membri a espandere la capacità di ricarica per le auto elettriche in linea con le vendite delle vetture e installare sulle principali autostrade stazioni di ricarica elettrica ogni 60 chilometri e stazioni di rifornimento per l’idrogeno ogni 150 chilometri. “Qualche settimana dopo, ad agosto, nell’Europa dei 35 c’è stato il sorpasso dei veicoli a batteria rispetto ai diesel”, racconta a ilfattoquotidiano.it Andrea Poggio, responsabile mobilità di Legambiente. “La Cina, che vuole vietare le auto a combustione dal 2035, lascia però la porta aperta alle ibride con una norma allo studio che, per quella data, dovrebbe consentire alle auto ibride leggere non ‘alla spina’ di occupare ancora il 50% del mercato. Anche negli Stati Uniti si va a rilento. Il presidente Biden vorrebbe che entro il 2030, il 50% delle auto immatricolate fossero elettrificate, mentre il Senato vuole tagliare del 50% le risorse destinate allo sviluppo della rete di ricarica, indispensabile per la mobilità elettrica. Nel frattempo alcuni Stati, come la California, si muovono autonomamente”.
I COSTRUTTORI BATTONO CASSA E STRINGONO ALLEANZE – “Tutto questo mentre i costruttori, negli Usa come altrove, già pronti sul fronte delle tecnologie, chiedono ingenti aiuti statali”, spiega Poggio. Di fatto gli argini si sono rotti. “A questo punto è chiaro che il mercato andrà in quella direzione. Quindi si stanno preparando – continua – e, intanto, battono cassa”. D’altro canto, al di là della Cop26, diverse aziende si sono già date un target per il passaggio alle auto elettriche, anche se alcuni costruttori (come quelli asiatici) investono nelle auto elettriche per non perdere quote di mercato ma, di fatto, scelgono di non abbandonare le ibride. La Volkswagen intende vendere solo elettriche tra il 2033 e il 2035. Greenpeace aveva chiesto l’addio al motore a combustione interna entro il 2030, che dovrebbe essere l’anno di Bmw, Fiat e Ford. Toyota, invece, dal 2022 venderà solo auto ibride, ibride plug-in ed elettriche, mentre Honda, Kia e Hyundai si sono date come target il 2035, ma senza dire addio definitivamente ai motori termici.
IL NODO INCENTIVI – Ma come reagisce il mercato alle decisioni dei governi e agli incentivi? A fine 2020, l’Europa ha superato la Cina per la vendita di auto elettriche nel mondo. Un sorpasso dovuto, secondo un rapporto dell’International Energy Agency (IEA), proprio agli impegni dei governi. Nel 2020, infatti, come era già accaduto in Norvegia, una ventina di altri Paesi hanno annunciato o ipotizzato il divieto di vendita di auto con motore a combustione interna o l’obbligo di vendita di soli elettrici 100% o fuel cell a idrogeno. Al contempo in Cina è stata prima confermata la riduzione delle sovvenzioni per i veicoli elettrici, ma a fine marzo 2020 è stato stabilito di estendere i bonus per l’acquisto di veicoli elettrici di altri due anni. Così, nel primo trimestre del 2021, le vendite globali di auto elettriche sono aumentate di circa il 140% rispetto allo stesso periodo del 2020, trainate da Cina (mezzo milione di auto) ed Europa (450mila). Secondo il rapporto, però, nella transizione a spendere meno risorse sono proprio i governi di tutto il mondo, con incentivi che sono diminuiti negli ultimi cinque anni. “Bisogna accompagnare agli obiettivi di phase out anche risorse, che vadano però nella giusta direzione”, dice Poggio, ricordando che “dallo scorso agosto l’Italia è l’unico Paese d’Europa a incentivare l’acquisto di auto a benzina e diesel e non di quelle elettriche, dato che sono finiti i soldi per le auto con la spina”. Per Poggio a cambiare la mobilità “non sono i bonus, ma politiche industriali che devono essere guidate dai governi e non dalle case automobilistiche. Modificare il sistema energetico di un Paese perché sia possibile muoversi con l’elettricità rinnovabile, non è qualcosa che fai con i bonus o fai fare alle industrie. Devi trasformare le città”.
I PREZZI E L’IMPATTO AMBIENTALE – Una delle ragioni che ha frenato finora l’acquisto dell’auto elettrica anche in Italia è il prezzo, sul quale a incidere è il costo della batteria, nonostante l’evoluzione tecnologica dell’ultimo decennio, che ha fatto calare i prezzi delle batterie agli ioni di litio dell’89%. “È vero che costa di più un’auto elettrica oggi, ma tra qualche anno costerà in maniera molto simile all’auto a combustione. Avverrà in Europa tra il 2025 e il 2027”, dice Poggio. E poi si pone il problema dell’impatto ambientale, anche quello legato proprio alle batterie per le quali serve più energia rispetto a quanta ne servirebbe per produrre un veicolo a combustione interna. Come spiega uno studio della ong Transport & environment, però, durante l’utilizzo le auto diesel e a benzina generano fino a tre volte più emissioni rispetto a quella elettrica. Le emissioni legate alle batterie, poi, diminuirebbero con una quota di rinnovabili più alta nel mix di produzione di elettricità. La maggior parte delle batterie oggi arrivano dalla Cina, dove si utilizza corrente elettrica prodotta nelle centrali di carbone “ma le auto della Tesla fabbricate negli Stati Uniti e adesso anche in Europa dove, in Germania – aggiunge Poggio – verranno prodotte in stabilimenti che si alimentano prevalentemente con pannelli solari. Allora cambia tutto il ciclo di vita”.
LE MATERIE PRIME – Rispetto alle riserve per l’utilizzo di litio e cobalto, in Italia i primi due stabilimenti di batterie dichiarano di usare quelle senza cobalto, al centro di diverse denunce internazionali, anche per lo sfruttamento di bambini. “Probabilmente le batterie prevalenti saranno ancora quelle al litio – aggiunge – ma sono allo studio delle alternative”. E poi c’è la questione della durata e del riciclo: “Circa un anno e mezzo fa abbiamo visto che le batterie della Tesla, dopo 200mila chilometri, hanno ancora 90% della loro capacità iniziale”. Dopo anni di utilizzo, le batterie delle auto elettriche possono essere utilizzate da altre industrie per stabilizzare la rete elettrica e, dopo anni di utilizzo, posso essere riciclate quasi al 100 per cento.
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Milano, 12 feb. (Adnkronos) - Il conto in Olanda dove sono stati sequestrati i soldi versati da Massimo Moratti, nell'ambito di una truffa in cui è stato usato il nome del ministro della Difesa Massimo Crosetto, risulta intestato a più persone straniere su cui ora sono in corso gli accertamenti per verificarne l'esistenza e anche per capire eventuali collegamenti con altri soggetti. E' quanto si apprende da fonti investigative.
In particolare, da quanto emerge, sul conto olandese risultano versati i 980mila euro della truffa al presidente di Saras, soldi che il gruppo avrebbe tentato di spostare altrove, ma la tempistica non ha giocato a loro favore e il 'congelamento' del denaro è arrivato prima.
In attesa degli esiti delle rogatorie, si attendono già domani, in procura a Milano si continua a lavorare anche sui numeri telefonici usati per mettere a segno i plurimi tentativi di truffa - ora usando il nome del ministro o del suo staff - nei confronti del gotha dell'imprenditoria e della finanza.
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - Sicurezza negli stadi, contrasto alla criminalità e prevenzione dei comportamenti illeciti. Sono le tematiche al centro del tavolo presieduto dai ministri dell’Interno e per lo Sport e i giovani, Matteo Piantedosi e Andrea Abodi che hanno incontrato i presidenti di Figc Gabriele Gravina, Lega serie A, Ezio Simonelli, Lega nazionale professionisti serie B, Paolo Bedin, Lega italiana calcio professionistico, Matteo Marani, Lega nazionale dilettanti, Giancarlo Abete. Presenti anche il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni, il capo della Polizia, Vittorio Pisani e il presidente dell’Osservatorio sulle manifestazioni sportive, Mario Improta.
La riunione è stata l’occasione per proseguire il confronto già avviato su proposte e iniziative da mettere in campo congiuntamente. L’obiettivo rimane quello di tutelare le tifoserie sane e di individuare in maniera chirurgica coloro che vanno allo stadio per attuare comportamenti criminali e violenti, assicurando un ambiente più sicuro e vivibile per tutti gli appassionati. Il tavolo ha anche discusso di azioni concrete per contrastare le scommesse illegali e per arginare il fenomeno della pirateria audiovisiva, sanzionando i fruitori dei contenuti illegali. Prossimo incontro tra un mese. Così una nota congiunta dei ministri dell'Interno e per lo Sport e i giovani.
Londra, 12 feb. (Adnkronos) - Non sarà consentito l'alcol ai Mondiali del 2034 in Arabia Saudita. Lo ha dichiarato l'ambasciatore saudita nel Regno Unito, il principe Khalid bin Bandar Al Saud. I tifosi che assisteranno al torneo non potranno trovare bevande alcoliche negli hotel, nei ristoranti o negli stadi. L'Arabia Saudita è un paese differente dal Qatar, dove l'alcol era disponibile in alcuni posti durante i Mondiali del 2022, e non ci saranno eccezioni per questo torneo. "Al momento, non consentiamo l'alcol", ha detto Al Saud a LBC.
"Ci si può divertire molto senza alcol, non è necessario al 100% e se vuoi bere dopo essere andato via, sei il benvenuto, ma al momento non abbiamo alcol. Un po' come il nostro clima, è un paese secco". L'Arabia Saudita è stata confermata come paese ospitante della Coppa del Mondo a dicembre, nonostante le preoccupazioni sui diritti umani. Alla domanda se i tifosi gay di calcio sarebbero stati al sicuro nel paese, Al Saud ha aggiunto: "Daremo il benvenuto a tutti in Arabia Saudita. Non è un evento saudita, è un evento mondiale. E in larga misura, daremo il benvenuto a chiunque voglia venire".
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - Le attiviste del Referendum Cittadinanza hanno lanciato un appello via social alle artiste e agli artisti che in questi giorni si esibiranno sul palco del Festival di Sanremo: dire Sì all’Italia che riconosce tutte le sue figlie e tutti i suoi figli direttamente dall’Ariston. La cantante Giorgia e Brunori Sas sono stati i primi a rispondere all'appello e, insieme alle attiviste di ActionAid Utibe Joseph e Kejsi Hodo, hanno cantato il celebre brano di Toto Cutugno L'Italiano.
Gli artisti, poi, hanno ricevuto in dono un ciuccio con un nastrino tricolore da portare con sé sul palco, come simbolo di tutti quei figli e figlie d'Italia che non hanno ancora il riconoscimento della cittadinanza. Il referendum cittadinanza ha ricevuto l'ok dalla Corte Costituzionale lo scorso 20 gennaio insieme agli altri 4 quesiti sul lavoro promossi dalla Cgil. Andrà al voto in primavera.
Dopo la bocciatura del quesito sull'Autonomia la sfida del quorum si fa più ardua, ed è per questo che i promotori partono proprio dal più popolare spettacolo televisivo italiano per richiamare l'attenzione del Paese sull'appuntamento referendario. Il referendum cittadinanza è stato promosso da +Europa, Possibile, Dalla Parte Giusta della Storia, ActionAid, Libera, Arci, Italiani senza Cittadinanza, Conngi, insieme a una grande rete di oltre 70 organizzazioni.
Milano, 12 feb. (Adnkronos) - La competenza territoriale si radica a Milano, da qualunque lato si inquadri la questione. Lo sostiene la Cassazione nelle motivazioni sul caso Visibilia che vede indagata, tra gli altri, la ministra del Turismo Daniela Santanchè con l'ipotesi di truffa aggravata all'Inps in relazione alla cassa integrazione nel periodo Covid. Nel provvedimento, che segue la decisione dello scorso 29 gennaio, si rigetta la richiesta della difesa di considerare singole ipotesi di truffa (e non una truffa continuata) e di radicare la competenza a Roma.
Per il collegio della seconda sezione penale presieduta da Anna Petruzzellis - chiamato a rispondere alla questione sollevata dalla giudice delle indagini preliminari di Milano Tiziana Gueli - dato che la procura meneghina ha rilevato che l'ultima erogazione dei contributi è stata pagata a un dipendente in una banca nel Milanese, "deve essere affermata la competenza territoriale del Tribunale di Milano". Nell'indagine, coordinata dai pubblici ministeri Maria Giuseppina Gravina e Luigi Luzi, risultano coinvolti 13 dipendenti delle due società indagate, Visibilia Concessionaria srl e Visibilia Editore spa, che sarebbero stati messi in cassa integrazione a zero ore senza saperlo (e quindi continuando a lavorare) causando un 'danno' di oltre 126 mila euro versati dall'Inps.
"La soluzione - si legge nella decisione della Cassazione - non cambia nel caso in cui si voglia ancorare la competenza territoriale al momento della richiesta della cassa integrazione, posto che dalla documentazione prodotta in atti risulta che la richiesta è stata inviata alla sede Inps di Milano e che sempre la sede Inps di Milano ha autorizzato la cassa integrazione". Infine, a rafforzare la competenza territoriale il fatto che "avendo le società sede a Milano, il delitto di truffa si è comunque consumato a Milano, al momento della acquisizione dell’ingiusto profitto da parte delle società, che si realizza in concomitanza con la percezione dei contributo da parte dei lavoratori". L'udienza preliminare sul caso Visibilia riprenderà come da calendario il 26 marzo prossimo.
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - L'aula della Camera ha approvato la proposta di legge recante 'modifiche alla disciplina della Fondazione Ordine costantiniano di San Giorgio di Parma'. I voti favorevoli sono stati 140, 84 quelli contrari e 3 gli astenuti.
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - "Ho visto Sanremo ieri sera, erano anni che non lo vedevo, ma sono rimasto sveglio fino alle 2 per vedermelo tutto. Mi è piaciuto per la qualità espressa, è una vetrina italiana vera. Come ha detto Jovanotti è un po’ come Natale, capodanno, carnevale". Filippo Ricci, direttore creativo della Stefano Ricci Spa, ha commentato così con l'Adnkronos la prima serata del 75esimo Festival di Sanremo e gli outfit del conduttore Carlo Conti creati dalla maison.
Che emozione è stata vedere Carlo Conti con i vostri abiti in apertura del 75esimo Festival della Canzone italiana?
"Siamo abituati a palcoscenici internazionali, ma è la prima volta che saliamo con rispetto sul palco dell'Ariston, tra l'altro con il conduttore e direttore, e quindi è stata una bella emozione. Ero un po' in apprensione che questo outfit gli tornasse bene addosso in una serata movimentata. E' fatto tutto al 100% in Italia, su misura per Carlo, e c'è stato dietro un lavoro di ricerca, insieme a lui, dei tessuti e della costruzione dei modelli in questi mesi, quindi è stato parte proattiva della ricerca e dello sviluppo degli outfit per queste cinque serate", ha spiegato Filippo Ricci.
Che idea avete avuto nello sviluppo degli outfit? Ne utilizzerà uno a serata?
"L'idea che abbiamo avuto, sin dall'inizio, è stata quella di fare un percorso di sartorialità. Noterete che sono tutti outfit abbastanza rigorosi, anche se la qualità dei tessuti conferisce un senso di morbidezza. L'idea era di dare un concetto di eleganza senza tempo perché Sanremo appartiene alla cultura del Paese. Poi ieri sera abbiamo giocato con il colore, il midnight blu, questo blu notte che è ben diverso dal classico nero, anche se ci saranno degli outfit scuri in seguito. Non conosco la sequenza, visto che la deciderà lui con il proprio staff ogni sera. Sono tutti pronti e a disposizione, con un nostro sarto dedicato dietro le quinte. Carlo ha più scelte, ma credo userà un outfit a serata perché da quello che ho visto ieri, nel movimento veloce tra uno spazio e l'altro credo che voglia mantenere un ritmo serrato per le tempistiche sceniche sue".
Quali emozioni ci sono state durante la prima serata del Festival?
"E' stato bello vedere Papa Francesco e ascoltare il suo messaggio, credo che sia la prima volta nella storia del Festival, quindi anche solo quella è stata un'immagine potente. Poi Jovanotti ha provocato una scarica d’energia positiva, da re dell'entertainment", ha spiegato il direttore creativo della Stefano Ricci Spa.
Carlo Conti era preoccupato di non riuscire a valorizzare la classe e la modernità degli smoking, ci è riuscito?
"Ci è riuscito assolutamente, ha un bel portamento, e gli ho detto 'sei proprio un bel modello'. E' un uomo che sa stare sul palcoscenico e vestire dei capi sartoriali. Quello di ieri non era un capo semplicissimo, è una giacca smoking in velluto blu, tra l'altro quello è un jersey di velluto, quindi più morbido, ma lo vestiva molto bene, con i tre pezzi, e sotto aveva un gilet in lana coordinato con il pantalone mohair. Abbiamo voluto fare proprio il tocco estremo di sartorialità con tutto il bordino in raso che è stato fatto su tutto il revere. L'idea era quella di rispettare un percorso abbastanza classico della sartorialità italiana e fiorentina, perché se si va a vedere la spalla, è una vecchia scuola fiorentina il modo di realizzarla in maniera morbida, quindi la giacca è molto leggera".
Queste sera la seconda serata con nuove sorprese?
"Gli abiti sono smoking oppure giacche da cocktail, quindi ci sarà un'alternanza dove Carlo ha possibilità di scelta anche tra cravatta o papillon. Ci hanno scritto in molti sui social, anche dall’estero a conferma di una vetrina internazionale come Sanremo, proprio per avere questa informazione, ed è molto divertente. La cosa interessante è che ci arrivano messaggi da tutto il mondo, perché è il Festival della canzone italiana, è italianissimo, ma lo guardano in America, lo guardano gli italo-americani, lo guardano in Sud America, lo guardano a Est, e comunque la visibilità internazionale è importante. Questo è un palcoscenico di italianità che richiama la musica italiana in generale ma non solo", ha spiegato Filippo Ricci la cui maison vende in tutto il mondo.
I nostri mercati principali?
"Noi produciamo tutto in Italia, ma in Italia vendiamo poco. Noi vendiamo a clienti in tutto il mondo, con le nostre 82 boutique e in Italia ne abbiamo due a Firenze dove è anche la sede dell'azienda, due a Milano, uno a Porto Cervo. Tra i mercati più importanti gli Stati Uniti, le capitali del continente europeo come Londra e Parigi, al Middle East, Dubai, fino alla Cina. A Carlo Conti abbiamo fornito tutto l'outfit, dalle scarpe, alle camicie, e abbiamo anche fatto diversi capi sportivi per le conferenze stampa e gli altri impegni del Festival. Dalle giacche in maglia sportive con le sneaker più casual e abbiamo lavorato insieme per fargli provare un po' di tessuti anche particolari"ha concluso Filippo Ricci. (di Emanuele Rizzi)