Società

La grammatica del nuovo mondo: quel giovedì d’inverno che cambiò il significato di ‘positivo’

di Filippo Poletti*

Potente come la prima, la seconda, la terza e la quarta rivoluzione industriale. È la rivoluzione Covid, che ha stravolto per sempre la nostra vita. Non, dunque, una mera emergenza sanitaria: a rileggerla ex post appare come un’innovazione radicale, che necessita di essere analizzata e compresa.

Prendiamo la parola “positivo”. Se fino all’avvento del nuovo mondo essere positivi era una soft skill molto apprezzata, il 30 gennaio 2020, data di arrivo in Italia dell’infezione da Sars-CoV-2, si è fatta largo una speranza di popolo: di non essere trovati positivi al test del Coronavirus. Il cambio di significato iniziò alle ore 18:06 di quel giovedì d’inverno: irruppe a Roma, quando una coppia di turisti cinesi arrivò all’istituto Spallanzani. Fu la moglie a chiamare la reception dell’hotel Palatino, preoccupata per la febbre alta e i colpi di tosse del marito: il viaggio in ambulanza, allertata dal 118, fu il preludio della nuova epoca. Positivo lui, ingegnere di 67 anni, positiva lei, umanista di 66 anni. Nell’arco di una serata la parola “positivo” fece un’inversione a U: se nell’era “prima del Coronavirus” Jovanotti cantava “Io penso positivo perché son vivo, perché son vivo”, nel tempo “dopo il Coronavirus” essere positivi suona come una condanna.

È il paradosso di Covid-19: la sua furia assassina ha cambiato il significato delle parole. E non l’ha fatto per giocare con le figure retoriche: non c’è paradosso di Zenone che possa reggere il confronto con la parete verticale del nuovo Coronavirus. Covid-19 ha dimostrato di avere l’audacia di sfidare il bene per noi più grande, quello della vita, arrivando spesso primo. E, così facendo, ha mandato al tappeto il “pensiero positivo”.

Un altro esempio può servire a riflettere sulla rivoluzione semantica accaduta: prima del 2020 Mani Pulite era, nell’immaginario collettivo, il nome di battesimo delle inchieste giudiziarie portate avanti, nel nostro Paese, nel corso degli anni Novanta. Era lunedì 17 febbraio 1992 quando Mario Chiesa, allora presidente della casa di riposo Pio Albergo Trivulzio, venne arrestato a Milano mentre riscuoteva una tangente da sette milioni di lire. Era stato l’imprenditore Luca Magni, titolare di un’impresa di pulizie, a denunciare all’allora pubblico ministero Antonio Di Pietro il sistema di tangenti adottato alla Baggina lombarda. Quel lunedì nero segnò l’inizio di un ciclone giudiziario che scoperchiò un sistema di gestione della cosa pubblica basato sulla corruzione, portando al crollo della Prima Repubblica e alla scomparsa dei principali partiti politici.

Venendo ai tempi della pandemia, quasi tre decenni dopo, lunedì 2 marzo 2020 è entrato in vigore il decreto-legge del Governo che, nel quarto allegato, ha prescritto le misure igienico-sanitarie dei tempi di Covid-19. Tra queste, al primo posto, abbiamo letto dell’importanza di “lavarsi spesso le mani”, per poi aggiungere: “Si raccomanda di mettere a disposizione in tutti i locali pubblici, palestre, supermercati, farmacie e altri luoghi di aggregazione soluzioni idroalcoliche”. L’avvento del Coronavirus ha spazzato via l’associazione, presente nella nostra mente, tra Mani Pulite e Tangentopoli, lasciando spazio al capitolo dell’igiene personale.

Sono solo due esempi del dizionario del nostro attuale universo. Una grammatica che – come ha scritto il filosofo Salvatore Veca nella premessa al libro Grammatica del nuovo mondo, completato dalla postfazione dello psicoanalista Luigi Ballerini – può insegnarci tanto: “Noi non siamo i signori dell’universo, né i pinnacoli orgogliosi della creazione. Noi siamo nello stato contingente dell’essere ‘creature’, nel senso che il mondo non è in alcun caso nostro. Il nostro slogan possibile ‘una sola umanità, un solo pianeta’ va integrato con la glossa che ci ricorda che, come viventi, noi non siamo ‘soli’. La glossa elide la pretesa illusoria dell’eccezionalità ‘antropocentrica’”.

È la lezione del Coronavirus: come siamo parte della natura e della cultura (e come siamo un impasto di biologia e di logica), così noi donne e uomini apparteniamo al sistema e alla comunità del vivente. Nel nuovo mondo c’è spazio per la sola prospettiva dell’ecologia radicale e della giustizia sociale.

*Autore di “Grammatica del nuovo mondo: opportunità ed esempi di vita ai tempi d’oggi” (Lupetti, 2021), è giornalista professionista. Top voice di LinkedIn Italia, scrive quotidianamente sui cambiamenti del mondo del lavoro ed è promotore del portale “Rassegnalavoro”.