Grandi risultati nei prossimi anni per la nazione e una “risoluzione storica”. Il Partito comunista cinese si impegna per il futuro e incorona il presidente Xi Jinping. Che ha formalmente inciso il suo nome accanto alle più grandi figure della storia del Partito, gettando le basi per rafforzare ed estendere a vita il suo dominio sulla Repubblica popolare. I più alti funzionari del Pcc, riuniti nel sesto Plenum, come riporta l’Ansa hanno approvato l’attesa “risoluzione storica” da lui presentata sui successi del partito dalla fondazione di 100 anni fa che lo ritrae come il leader fondamentale che ha “promosso risultati e cambiamenti storici”. E che lo proietta nel futuro come “unico strumento per completare il ringiovanimento della nazione cinese”. Il conclave rosso – secondo il lungo comunicato di 14 pagine diffuso dai media ufficiali al termine della quattro giorni di lavori dei 350 funzionari – ha definito “il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi” come “il marxismo cinese contemporaneo, il marxismo del XXI secolo e l’essenza della cultura e dello spirito cinesi”. Poi ha sancito “il compagno Xi come nucleo del Comitato centrale e dell’intero partito”.
Nel 1945 Mao Zedong eliminò gli oppositori quattro anni prima della fondazione della Repubblica popolare; nel 1981 Deng Xiaoping spianò la strada alle politiche di apertura e riforme della nuova Cina con un giudizio sull’operato del Grande Timoniere, valutato “per il 70% giusto e per il 30% sbagliato”. Entrambi usarono una “risoluzione storica” come mezzo di attacco, ma questa volta Xi non ha criticato il passato. Anzi, ha descritto gli ultimi 100 anni del partito come “l’epopea più grande nella storia della nazione cinese nel corso di migliaia di anni”, fornendo una periodizzazione in “ere” in cui ciascun leader ha adempiuto alla “missione primaria” di quel momento. La sua “era” è in gran parte priva di una direzione ideologica concreta, poggiando sull’unione del marxismo con le condizioni specifiche della Cina, la sua cultura tradizionale e il pensiero dei quattro predecessori: Mao, Deng, Jiang Zemin e Hu Jintao.
La supremazia politica dà a Xi altro potere per salire di rango al XX congresso del partito convocato per la seconda metà del 2022, che dovrebbe incoronarlo con un inedito terzo mandato alla guida del Pcc. Malgrado abbia 68 anni, avrà un ruolo chiave su “riforme e apertura”, che il comunicato ha definito come “la chiave per determinare il futuro e il destino della Cina contemporanea”. L’economia sta lottando con gli effetti post pandemici del Covid, tra la crisi energetica, gli alti costi delle materie prime e le tensioni a tutto tondo con gli Usa. In questo contesto Xi ha elaborato il piano sulla “prosperità comune”, una grande redistribuzione dei redditi. E dovrà risolvere il nodo Taiwan (la riunificazione è “una missione storica del partito”), su cui il Plenum ha espresso “opposizione assoluta all’indipendenza”. Mentre su Hong Kong c’è stato l’apprezzamento per “una transizione importante dal caos (le proteste del 2019, ndr) alla governance”, con la gestione della città affidata ai “patrioti”. Ovvero un plauso alla stretta che ha già soffocato qualsiasi parvenza di libertà e stato di diritto. Xi ora avrà bisogno di nuovi alleati e di rinnovare gli organi del partito, dal Politburo al suo Comitato permanente. In ascesa è considerato Li Qiang, l’attuale capo del partito di Shanghai: pur senza designare un successore, Xi sarà costretto a far salire la sesta generazione ai piani più alti del potere. Rafforzato sul fronte interno, lunedì il presidente cinese avrà il suo primo incontro con l’omologo americano Joe Biden, per ora solo in modalità virtuale.