Ha condiviso “pienamente” le conclusioni della procura e ritenuto “carente, irragionevole e contraddittoria sotto il profilo logico”, la ricostruzione degli esperti nominati dalla famiglia. Sono parole nette, trachant quelle del giudice per le indagini preliminari, Eugenio Aliquò, che ha ieri accolto la richiesta di archiviazione della procura di Patti, guidata da Angelo Cavallo, mettendo la parola fine (almeno per il momento) sul mistero della morte di Viviana Parisi e del piccolo Gioele Mondello. Un giudizio espresso con dovizia di particolari in 500 pagine, in cui le due versioni, dei consulenti della famiglia e di quelli della procura, vengono messe a confronto. Quali sono?

In sintesi, secondo la procura Viviana Parisi si è gettata dal traliccio dopo la morte di Gioele. Sulla morte del piccolo non ci sono, invece, certezze tranne il fatto che non ha subito aggressioni, come non ne ha subite Viviana, e non è stato attaccato dalle volpi prima della morte. Secondo la ricostruzione dei consulenti dei familiari, invece, sia la mamma che il figlio sono morti in una cisterna e poi sono stati estratti da lì per non incorrere in responsabilità, e sarebbe stato inscenato tutto il resto. Tutto fatto da ignoti.

Ma ecco i particolari: “Secondo i consulenti degli opponenti dal criminologo Carmelo Lavorino e dal medico legale Antonio Della Valle – scrive il gip – Viviana e Gioele sarebbero precipitati (caduti o lanciati ancora non si sa) dentro un invaso (un pozzo o una cisterna) con mezzo di acqua sul fondo e sarebbero morti per asfissia. Quindi, non vi sarebbe stata alcuna uccisione del piccolo Gioele da parte di Viviana, alcun suicidio o lancio dal traliccio da parte di quest’ultima”. Perciò perché Viviana e il piccolo sono stati ritrovati altrove? Ecco cosa scrivono gli esperti ingaggiati dalla famiglia: “In realtà si tratta di un’abile messinscena organizzata da una combinazione criminale motivata e coinvolta tramite la traslazione dei cadaveri in zone sensibili proprio per inscenare il suicidio o la disgrazia ed allontanare da sé ogni responsabilità – Viviana e il piccolo sono precipitati (caduti o lanciati ancora non si sa) nel bosco di Caronia all’interno di un invaso con circa 50 cm d’acqua sul fondo: un pozzo, una cisterna, un contenitore profondo 3-4-5 metri. I due sono precipitati contemporaneamente”.

“Poi i due corpi, in tempi diversi – continua la ricostruzione dei consulenti della famiglia – sono stati estratti dal fondo del pozzo con le mani e con appositi strumenti da parte di qualche soggetto ignoto: Viviana tirata fuori la tarda sera del 3 agosto o la mattina del 4 e trasportata con apposito mezzo per la messinscena e il depistaggio e, nel trazionamento, le vengono strappati i capelli: Gioele, tirato fuori successivamente (anche la mattina del 4 agosto) e depositato nel tragitto fra la zona piazzola e la zona traliccio, senza escludere che sia stato conservato in un contenitore di plastica e posizionato successivamente sul luogo di rinvenimento, dove il corpicino è stato oggetto di scempio da parte della fauna selvatica. I corpi dei due sono stati tirati su e fuori per essere oggetto di macabra messinscena al fine di un meditato depistaggio per autosicurezza e presa distanza dall’evento mortale”.

Una tesi che Aliquò smonta punto per punto. Ecco perché: “È una ricostruzione fortemente illogica se sol si considera che agendo in tal modo tali soggetti, anziché esporsi alle conseguenze civili e penali di un possibile addebito a titolo di omicidio colposo avrebbero corso il rischio di lasciare sui corpi di Viviana e Gioele impronte digitali, materiale biologico o, comunque, qualsiasi altro tipo di traccia o segno loro riconducibile, materiale cioè utile all’estrazione del profilo Dna e per le successive analisi comparative, in guisa da vedersi fondatamente mutare il titolo di reato ipotizzabile a loro carico da omicidio colposo a omicidio volontario pluriaggravato”.

“Quale soggetto dotato di un minimo discernimento avrebbe, quindi, compiuto un’azione così rischiosa e ingiustificata, anziché come avrebbe fatto chiunque collaborare con gli inquirenti?”, si chiede il gip.

Che continua: “Senza trascurare che l’ipotesi della caduta accidentale è stata esclusa convincentemente dai mirati accertamenti condotti dalla Procura”. Viviana non è caduta accidentalmente, questo per gli esperti della procura è un dato chiaro. “Per cui della tesi degli opponenti resterebbe in piedi solo l’ipotesi del lancio preordinato ad opera di terzi soggetti quale conseguenza di una azione consapevole e voluta, qualificabile in termini di omicidio volontario – continua Aliquò – In atti, riguardo a quest’ultima ipotesi non vi è il benché minimo elemento, indizio, congettura, sospetto, che possa orientare le indagini verso soggetti individuabili, né la difesa si è fatta carico di offrire all’esame di questo Giudice un qualche embrionale, ma pur sempre serio e concreto, spunto investigativo in tal senso”.

Le intercettazioni, così come gli interrogatori e gli esami del Dna, hanno, invece, escluso qualsiasi responsabilità di chi era nei pressi quel giorno. Sono stati, infatti, intercettati “tutti i soggetti che potessero avere un qualche collegamento con la vicenda”, e ne è venuto fuori che “le dichiarazioni di tutti i soggetti presenti nell’area (raccoglitori del sughero, allevatori, componenti della famiglia proprietaria dei terreni, ndr) sono apparse lineari, coerenti, scevre da contraddizioni di sorta. Sono stati anche acquisiti i tabulati telefonici nel periodo temporale compreso i giorni 3 e 19 agosto, “al fine di verificare la compatibilità degli spostamenti compiuti in quel periodo con le dichiarazioni rese dagli investigatori. Dal loro esame non sono emersi elementi di allarme di alcun tipo”.

Soprattutto manca il movente: “Non si trascuri, inoltre, la totale assenza di un movente che avesse potuto in qualche modo fornire una chiave di lettura ad un’azione così incredibilmente efferata ai danni di una donna e di un bambino in tenera età del tutti indifesi”. Mentre quali sono gli elementi della procura che convincono il gip? “Il corpo della donna presenta tutti i segni compatibili con un decesso dovuto a precipitazione dall’alto, dunque compatibile con una caduta dal traliccio. Il suo corpo, infatti, presenta lesioni causate in via esclusiva da tale caduta e non riconducibili all’opera di soggetti terzi, come, per esempio, lesioni o fratture inferte con calci o pugni, con armi o altri oggetti contundenti di qualunque tipo. Il corpo di Viviana, inoltre, non reca alcuna traccia di violenza di tipo sessuale, né reca tracce genetiche di soggetti terzi (sotto le sue unghie sono state rinvenute soltanto tracce genetiche di Gioele)”.

Il corpo del piccolo, poi, “presenta segni di morsi di animali (volpi) tutti post mortem, dunque eseguiti su un corpo ormai già privo di vita. I suoi indumenti (maglietta, pantaloncini e mutandine) e le sue calzature (sandaletti) non recano tracce di sangue né dello stesso Goiele, né di chiunque altro essere umano”.

Nessuna evidenza dunque per la versione dei familiari. Viviana si è uccisa dopo la morte di Gioele, che potrebbe essere morto per mano della madre, ma su questo non ci può essere certezza: questa è la versione che il giudice ritiene convincente.

Le conclusioni degli esperti, però, sono chiare, Viviana e Gioele non sono stati aggrediti: “Poco da dire poi su un’ipotesi di aggressione diretta da parte di soggetti terzi nei confronti di Viviana e Gioele, al riguardo le accurate indagini condotte dai pm richiedenti non lasciano intravedere alcun minimo spiraglio ad una tale ipotetica ricostruzione, smentita in radice da tutti i plurimi accertamenti in atti, oltre che destituita di fondamento sul piano logico per la totale assenza di causale”. Per questo Aliquò conclude: “La morte di Viviana Parisi, a causa del gesto suicidario quale conseguenza del lancio dal traliccio è l’unica compatibile con le risultanze investigative in atti, segnatamente con esiti a tutto tondo della consulenza medico-legale sulle cause del decesso.

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