E così il 5 Novembre è finalmente arrivato. Call of Duty Vanguard è uscito ed abbiamo avuto occasione di spolparlo in tutte le sue sfaccettature. Con i comparti Multiplayer e Zombie che sanno come affascinare nuove e vecchie generazioni di gamer, Sledgehammer recupera il passo indietro che la campagna sembra invece aver compiuto.
UNA CAMPAGNA NON ESATTAMENTE MEMORABILE.
Sebbene gli ingredienti ci fossero tutti, la ricetta non è riuscita alla perfezione. In Call of Duty Vanguard ci ritroviamo a vestire i panni dei membri della Task Force One, un team composto da ciò che di meglio gli Alleati potessero fornire tra le loro cerchie militari e partigiane. Con il Terzo Reich ormai al tramonto, sarà nostro compito riuscire a scoprire quanto più possibile sul Progetto Phoenix, un progetto top secret che potrebbe consentire la rinascita dei Nazisti verso un Quarto Reich. In realtà questo progetto non verrà mai né spiegato, né approfondito. Risulta essere il collante di una trama che non raggiunge mai un vero e proprio climax.
Una storia piuttosto lineare se non addirittura banale, che alle volte non rispetta nemmeno i reali fatti storici accaduti durante la Seconda Guerra Mondiale. Gli stessi protagonisti risultano spesso piuttosto superficiali ed in alcune situazioni addirittura grotteschi nell’utilizzo di un umorismo non necessario e che tende ad alleggerire fin troppo la drammaticità di quegli eventi tragici e mostruosi. Wade Jackson è l’esempio più calzante: impavido e burlone pilota statunitense, racchiude in sé tutti gli stereotipi legati ai soldati americani. Troppo arrogante nei confronti delle proprie capacità, al punto di arrivare a mettere in pericolo i suoi commilitoni, sembra non rendersi mai conto del dramma che la guerra porta con sé, mantenendo la sua attenzione solo ed esclusivamente sulle sue capacità di pilota.
Troviamo uno scorcio di umanità rivivendo la storia di Polina Petrova, un cecchino dalle abilità incredibili, l’incubo dei Nazisti in Russia. La sua storia personale è quanto di più umano potremo ottenere durante tutta la campagna. Tutta via vedremo questo suo carattere cambiare quando Polina entra a far parte di questa Task Force: qui ritroveremo infatti una donna dall’ironia tagliente, dall’atteggiamento freddo e distaccato verso tutto e tutti. Certo, la guerra cambia le persone, e forse avremmo voluto essere spettatori di questo cambiamento per comprendere la profonda brutalità della situazione.
Salteremo da un contesto all’altro per conoscere meglio i protagonisti, ma in fin dei conti non di loro rimane gran poco, anche perché Sledgehammer ha optato per una storia lineare, un percorso obbligatorio in ogni situazione che rende la trama piuttosto piatta e per nulla variabile. I continui intermezzi cinematici, necessari per dare corpo alla storia sono certamente un piacere per gli occhi, ma nel momento in cui si torna al gameplay vero e proprio, oltre ai numerosi framelag dati dai cambi scena (Ho giocato Call of Duty Vanguard su Xbox Series S), il calo qualitativo è evidente al punto di risultare fastidioso in alcuni punti della storia.
Il gameplay di per sé risulta scorrevole e ben strutturato, nonostante spesso gli obiettivi risultino difficili da capire e l’approccio alle situazioni è imposto dall’IA. Questa caratteristica è profondamente evidente quando, nei panni di Wade, piloteremo noi stessi l’aereo, ma saremo costretti a seguire i percorsi e le tempistiche dettate dalla trama. Ed è un peccato, considerato che questo capitolo sarebbe potuto essere la punta di diamante della campagna, l’apice tra azione e tensione.
Sarà che siamo ormai figli di una generazione di titoli che ci hanno abituati a scavare nell’animo umano e ad immedesimarci fino alla fine nei personaggi che interpretiamo, ma a questo Vanguard manca proprio quell’alone di emozioni e reazioni necessarie a rendere credibile un titolo ambientato alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
UN MULTIPLAYER SORPRENDENTEMENTE SOLIDO
Sappiamo tutti quanto il multiplayer di Call of Duty sia da sempre il fulcro del gioco stesso. Dopo WWII ci eravamo abituati ad una dinamica di gameplay più futuristica, con Black Ops IIII, Modern Warfare e Cold War, e il ritorno ad un assetto vintage avrebbe potuto lasciare perplessa l’utenza. Ma come sempre Sledgehammer gioca il suo asso e ci propone un comparto multiplayer ricco e diversificato.
Abbiamo a disposizione un vero e proprio arsenale di mappe già dal Day One, ben 16 mappe base e 4 mappe speciali per le nuove modalità dedicate che sapranno regalare soddisfazioni ad ogni tipologia di giocatore.
Ogni mappa ha un suo carattere, ma soprattutto diverse porzioni sono (finalmente) distruttibili. Una gioia per chi – come chi scrive- ama pushare rendendo la vita molto difficile ai camper.
Il feeling stesso delle numerose armi a disposizione è semplicemente perfetto. Ogni arma vanta delle caratteristiche uniche, senza però incappare nei rallentamenti molto poco arcade delle armi della Seconda Guerra Mondiale. Un modo insomma di fondere il vecchio e il nuovo, grazie anche al movement molto accelerato dei personaggi: rapido e veloce come la vecchia scuola ci ha insegnato e fatto innamorare.
Il layout del menù degli equipaggiamenti resta ispirato a Warzone, una coccola per i player abituati ormai da anni a questa precisa disposizione del menù. Anche qui troveremo innumerevoli accessori per tutte le armi a disposizione, in modo che tutti possano plasmare il setup al meglio a seconda del loro approccio in game.
L’esperienza online in Vanguard si è inoltre arricchita di nuove modalità adatte ai gusti di tutti, sia per chi ama giocare in duo/trio in Collina dei Campioni, sia per chi cerca il vero caos in lobby composte fino a 48 giocatori in totale. In ogni caso il Ritmo Battaglia è liberamente selezionabile nei menù: Tattico, Assalto e Blitz sono i ritmi disponibili che influiscono fondamentalmente sul numero di persone in lobby per ogni modalità.
Graficamente una gioia per gli occhi per i giocatori Next Gen, Vanguard promette un’ottima annata grazie al suo multiplayer adatto davvero a tutti.
CHE CALL OF DUTY SAREBBE SENZA ZOMBIE?
Non scherziamo, questa volta la modalità Zombie si rivela essere una perla. Ritornano Kortifex, l’etere oscuro e tanti, tantissimi Zombie in un’ambientazione che a tratti richiama gli ultimi capitoli di DOOM, pur rimanendo saldamente legato al franchise.
In Der Anfang ci ritroveremo inizialmente nel nostro campo base e ci sposteremo per i diversi livelli attraverso dei portali. Gli obiettivi solitamente sono legati alla sopravvivenza nel livello, all’accumulo di rune, fino alla scorta di un teschio per un percorso preimpostato, naturalmente pieno zeppo di zombie.
Conclusi i livelli torneremo ciclicamente al campo base, dove potremo potenziare gli equipaggiamenti e scegliere tra le rune disponibili che garantiscono diversi power-up. Il campo base stesso si amplia man mano superiamo i livelli, consentendoci di recarci alle Fonti distribuite per la mappa che potenziano le caratteristiche del nostro personaggio.
Certo, il lancio di Zombie quest’anno sembra essere un po’ povero, ma come dice il titolo stesso (Der Anfang) siamo sicuramente solo all’inizio di un’esperienza che verrà arricchita nel tempo dagli sviluppatori.
Resta comunque un’esperienza molto diretta e caotica, in grado di accontentare sia i veterani che i neofiti del genere.
CONCLUDENDO…
Call of Duty Vanguard cerca di portare innovazione in un’ambiente vintage, seppur riuscendo a mantenere in sé tutto il suo fascino. Il titolo propone certamente una Campagna zoppicante, ma si risolleva brillantemente grazie alle modalità Multiplayer e Zombie che sanno regalare gioie (e dolori) ai giocatori, immersi in ambientazioni realizzate con cura. Sledgehammer in questo ambito si dimostra sempre all’avanguadia e a tratti geniale nel riaccendere la passione per il multiplayer classici in un mondo ormai dominato dai Battle Royale.