“Molti confondono il giorno di esposizione del sacchetto con quello del ritiro, stiamo continuando a distribuire kit di raccolta e calendari. Ci vorrà del tempo”. L’avvio della raccolta differenziata a Catania – dove finora soltanto una piccola porzione del centro era chiamata a separare i rifiuti – si sta dimostrando un percorso in salita. D’altronde era difficile attendersi uno scenario diverso: il capoluogo etneo arriva da due mesi di profonda crisi per via della chiusura della grande discarica di Lentini. Da settembre, in più punti della città sono sorte microdiscariche abusive, che hanno costretto il Comune a chiedere aiuto alla Regione e alla prefettura affinché si trovasse una soluzione straordinaria, creando una corsia preferenziale per gli autocompattatori destinati all’impianto di trattamento meccanico-biologico gestito da Sicula Trasporti. Passo necessario, quest’ultimo, per poi abbancare la spazzatura in altri siti dell’isola.

Il problema principale però resta quello delle percentuali risicatissime di differenziata: se l’Ue fissava il raggiungimento del 65% per il 2012, a Catania si viaggia ancora su dati che superano appena la doppia cifra. Ciò determina la necessità di smaltire nelle discariche quasi cinquecento tonnellate di spazzatura al giorno. Un peso talmente elevato da avere messo in crisi l’intero sistema rifiuti a livello regionale, portando il presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci a promuovere – non senza polemiche e contraddizioni rispetto alla sentenza con cui il Tar del Lazio, l’anno scorso, bocciò il piano nazionale varato dal governo Renzi – la realizzazione di almeno due inceneritori.

Per l’amministrazione comunale guidata da Salvo Pogliese, l’uscita dall’emergenza passa inevitabilmente dall’estensione della raccolta differenziata all’intero territorio. Da inizio novembre, due imprese – la SuperEco e la Ecocar, che nel 2018 fu al centro di uno scandalo corruzione proprio a Catania – hanno preso servizio nelle zone nord e sud della città, dopo avere vinto le gare per l’affidamento settennale del servizio. Per adesso l’esperimento differenziata riguarda soltanto due grandi quartieri popolari, per poi ampliare il raggio. Le difficoltà come detto però non mancano: la rimozione dei cassonetti non è coincisa con i conferimenti dei sacchetti davanti alle porte di casa. Se c’è chi ha iniziato ad adottare le nuove prescrizioni, molti ancora – un po’ per la disabitudine, un po’ per un sistema informativo ancora non capillare nonché per la mancata distribuzione dei mastelli colorati, per i quali bisognerà attendere alcuni mesi – stanno radunando i rifiuti in strada, creando di fatto altre microdiscariche. Rischiando così di vanificare la pulizia straordinaria effettuata appena la scorsa settimana.

Nella zona centrale le cose non vanno meglio, anzi. Qui la gara settennale è andata deserta e il Comune ha affidato, per un periodo di sei mesi, la raccolta alla Dusty, la ditta che negli ultimi anni, di proroga in proroga, si era occupata di tutta la città. Nei quartieri storici e in quelli in cui si trova il maggior numero di uffici, le strade continuano a essere sporche. Per via di una raccolta differenziata ancora a macchie di leopardo e per i problemi di conferimento a Lentini, i cumuli di rifiuti ricompaiono nel giro di poche ore.

Ma la sensazione è che, al netto delle responsabilità di chi in passato avrebbe dovuto trovare il modo per non lasciare la città così indietro in tema di rifiuti, a soffrire sia l’intero sistema regionale. Nelle ultime settimane, diversi comuni del Catanese hanno lamentato un aumento di difficoltà nei conferimenti agli impianti di trattamento e la situazione non migliora di molto se si guarda alle altre province. Per la Sicilia non è una novità: l’isola da inizio anni Duemila ha sempre viaggiato sul limite dell’emergenza rifiuti, a tratti ratificata anche da provvedimenti dei governi nazionali. A livello regionale la percentuale di differenziata è salita, ma le scarse performance delle grandi città continuano a rappresentare pesanti zavorre. Una soluzione sarebbe quella di investire nella realizzazione di impianti pubblici, e in tal senso i fondi del Pnrr sono un’opportunità da non lasciarsi sfuggire, ma si tratta comunque di un percorso che richiede tempo. Nell’immediatezza va trovato altro e, per quanto finora scongiurata per via dei costi elevati che ricadrebbero sulle spalle dei cittadini, con il passare delle settimane l’ipotesi di spedire fuori regione la spazzatura si rafforza sempre di più.

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