Nell’inferno dei dannati africani, rapiti e scomparsi in Libia, c’è il girone estremo: quello dei migranti che nessuno cerca più. Carne da macello buona solo per ottenere soldi dalle famiglie per il riscatto. E così le organizzazioni criminali libiche, attive nel marasma di un Paese senza legge e fuori controllo da anni, per fare soldi sulla pelle dei migranti in fuga verso l’Europa si sono rivolte al sistema tecnologico più in voga: i social network.
Facebook, utilizzato da molti per ritrovare amici e conoscenti di vecchia data di cui si erano perse le tracce, viene usato dalle bande in Libia per estorcere soldi alle famiglie dei giovani prevalentemente provenienti dall’Africa subsahariana: “Spesso gli africani fermati e reclusi riescono a contattare le famiglie e chiedere loro di pagare il riscatto ed essere quindi liberati. In alcuni casi ciò non accade. I criminali in Libia non hanno tempo da perdere e considerano gli esseri umani come dei bancomat da sfruttare. L’estremo tentativo di entrare in contatto con le famiglie di alcuni di loro è quello di pubblicare le foto di ragazzi e uomini sui social e farle viaggiare nella rete fino a che possano essere riconosciuti da qualcuno nella speranza di ricevere il pagamento dei riscatti”. A parlare è Aboubacar (preferisce non aggiungere altri dettagli della sua identità), originario del Niger, il Paese-chiave delle rotte migratorie di tutta l’Africa subsahariana e del Corno d’Africa verso la Libia. Lui stesso, svariati anni fa, ha percorso quella strada con successo, arrivando in Italia e oggi si occupa proprio di mediazione e di migranti. Fa parte di una rete di nigerini operativi tra Libia e il resto dei due continenti, alcuni dei quali integrati e residenti da anni nel Paese, e ci conferma il sistema messo in atto dalle bande organizzate sorte come funghi nel Paese orfano di Muhammar Gheddafi da dieci anni.
Una di queste organizzazioni ha pubblicato in rete le foto di decine di migranti e a ognuno di loro ha messo in mano un cartellino con il rispettivo numero. Una via di mezzo tra un riconoscimento di polizia e la vendita di esseri umani al mercato. Gli sguardi dei migranti sono terrorizzati, dimessi, imploranti aiuto, stanchi e quasi rassegnati. Alcuni volti presentano evidenti tumefazioni da percosse, ferite, occhi gonfi. I loro carcerieri li hanno messi di spalle a uno sfondo neutro bianco, intimato loro di guardare verso l’obiettivo e soprattutto di tenere ben evidente in mano o appoggiato sul collo delle t-shirt e delle camicie il numero identificativo: dall’1 a salire fino al 28, almeno nei documenti fotografici di cui Ilfattoquotidiano.it è venuto a conoscenza, ma non è escluso che possano essere molti di più.
I tratti somatici di alcuni di loro raccontano di chiare origini del Corno d’Africa e anche sudanesi, ma non mancano persone provenienti da altri Stati, nello specifico dell’Africa subsahariana. La serie di fotografie postate è stata ripresa, tra gli atri, dal profilo Sudanese around the world, uno dei tanti domini internazionali per ricevere e divulgare notizie di connazionali come tanti ce ne sono nel mondo. Conta 720mila followers e sul post dedicato ai migranti arrestati e fotografati ha ricevuto più di mille commenti. Nella descrizione del post il responsabile del dominio scrive: ‘Tra di loro ci sono persone arrestate e di cui i loro genitori non hanno più notizie da anni. Chiediamo a chiunque riconosca uno di loro di avvisare le famiglie”. “Esattamente il risultato che speravano di ottenere i carcerieri – conferma Aboubacar -, far girare quelle immagini e arrivare alla fonte probabile del riscatto. Condividere le foto per allargare lo spettro dell’analisi e arrivare in tutti i Paesi africani. La forza della rete, nel caso di cui parliamo messa a sostegno del crimine, ma in fondo l’unico modo possibile per liberare i migranti dal carcere e salvarli da morte certa”.
Il fenomeno dei rapimenti e dei riscatti in Libia è una storia già nota nella sua drammaticità e negli anni si è evoluta assumendo forme e tecniche sempre nuove e diverse. L’immigrato nigerino in Italia ci aiuta a capire di più: “I ragazzi delle foto sono quelli che le organizzazioni criminali non sono riusciti ancora a sfruttare. Il loro destino è atroce, restare dentro le prigioni urbane di Tripoli e altre località della Libia settentrionale in attesa di un pagamento. E quando non c’è più alcuna speranza è molto probabile che vengano uccisi perché non redditizi. Il sistema migratorio in Libia è molto semplice. Le bande fuorilegge intercettano i migranti al confine con i Paesi vicini, in particolare proprio il Niger, ma anche l’Algeria, il Ciad e il Sudan e garantiscono loro il trasporto fino alla Tripolitania, sempre attraverso il pagamento di somme di denaro ovviamente. Spesso i migranti non sanno che una volta a Tripoli non saranno lasciati andare o messi in contatto con le organizzazioni degli scafisti per le traversate del canale di Sicilia e lì inizia il vero calvario. Bande di trafficanti di esseri umani e di scafisti sono quasi sempre la stessa cosa. Il sistema di pagamento dei riscatti può avvenire in diversi modi, attraverso i canali delle rimesse, via Western Union, MoneyGram e così via, ma anche a mano. I criminali libici hanno contatti, intermediari e referenti in ogni Paese africano e la consegna è rapida e soprattutto non tracciabile”.
Aboubacar ci tiene infine ad affermare un concetto: “In Italia si parla tanto delle tragedie del mare, delle imbarcazioni delle ong che salvano le vite nel Mediterraneo, ma poco, pochissimo del vero problema migratorio, ossia ciò che accade a terra, in Libia. Nei lager, nelle case e nei capannoni urbani dove i migranti vengono rinchiusi, tenuti in ostaggio per mesi, anni e da dove molti non usciranno mai. Le dimensioni di quelle tragedie sono nettamente superiori in termini numerici rispetto alle tragedie del mare”.
Operare in Libia per le organizzazioni internazionali non è facile. In particolare per l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, da sempre sul territorio per avviare corridoi umanitari, resettlement e rimpatri assistiti, ma soprattutto per limitare le pene di decine di migliaia di migranti. Assieme al governo di transizione della Cirenaica e del Dcim (Directorate for combatting illegal migration) gestiscono, per quanto possibile, i centri di detenzione ufficiali che da anni ospitano i migranti richiedenti asilo in Libia: “Il fenomeno dei rapimenti di migranti per scopi estorsivi lo conosciamo purtroppo bene e in questi anni è stato declinato sotto varie forme – spiega Caroline Gluck, responsabile delle relazioni esterne di Unhcr Libia – Nello specifico delle foto dei migranti pubblicate sui social dalle organizzazioni criminali libiche per raggiungere le famiglie, è la prima volta che mi capita. Detto questo ritengo la cosa altamente plausibile nella sua drammaticità. È disumano tutto ciò, le foto sono allucinanti, soprattutto quei numeri tenuti in mano. Noi cerchiamo di fare il possibile per limitare i fenomeni, ma non è facile intervenire dappertutto”.
A proposito di Libia e di Niger, nella serata di giovedì scorso, 4 novembre, l’Unhcr è riuscita a far ripartire il ponte aereo e 172 richiedenti asilo di varie nazionalità considerati ‘vulnerabili’ sono stati evacuati dalla Libia. Non accadeva da più di un anno, da quando le autorità libiche avevano interrotto i voli umanitari in uscita dal Paese. L’unico problema per i richiedenti asilo è che il loro volo non li ha portati verso la ‘terra promessa’, un qualsiasi Paese europeo, bensì di nuovo indietro in Niger. Un drammatico ‘gioco dell’oca’ sulla loro pelle: “Visti i posti limitati, questa operazione va considerata una soluzione estrema per persone estremamente vulnerabili e bisognose di sicurezza e protezione a causa di detenzioni terribili e di traffico di esseri umani”, ha detto Jean-Paul Cavalieri, capo missione Unhcr in Libia.
Mondo
Libia, i trafficanti diffondono sui social le foto dei migranti nei centri di detenzione: ‘Perché le famiglie le vedano e paghino i riscatti’
Decine di facce di giovani che reggono sul petto un numero identificativo sono state pubblicate sui vari gruppi Facebook di cittadini dell'Africa centrale all'estero. E' questa l'ultima tecnica utilizzata dai mercanti di uomini per lucrare sulla vita delle persone imprigionate nell'inferno libico. "E' anche l'unico modo per questi ragazzi di salvarsi - dice a Ilfattoquotidiano.it un mediatore culturale nigerino - Se non portano soldi, vengono uccisi"
Nell’inferno dei dannati africani, rapiti e scomparsi in Libia, c’è il girone estremo: quello dei migranti che nessuno cerca più. Carne da macello buona solo per ottenere soldi dalle famiglie per il riscatto. E così le organizzazioni criminali libiche, attive nel marasma di un Paese senza legge e fuori controllo da anni, per fare soldi sulla pelle dei migranti in fuga verso l’Europa si sono rivolte al sistema tecnologico più in voga: i social network.
Facebook, utilizzato da molti per ritrovare amici e conoscenti di vecchia data di cui si erano perse le tracce, viene usato dalle bande in Libia per estorcere soldi alle famiglie dei giovani prevalentemente provenienti dall’Africa subsahariana: “Spesso gli africani fermati e reclusi riescono a contattare le famiglie e chiedere loro di pagare il riscatto ed essere quindi liberati. In alcuni casi ciò non accade. I criminali in Libia non hanno tempo da perdere e considerano gli esseri umani come dei bancomat da sfruttare. L’estremo tentativo di entrare in contatto con le famiglie di alcuni di loro è quello di pubblicare le foto di ragazzi e uomini sui social e farle viaggiare nella rete fino a che possano essere riconosciuti da qualcuno nella speranza di ricevere il pagamento dei riscatti”. A parlare è Aboubacar (preferisce non aggiungere altri dettagli della sua identità), originario del Niger, il Paese-chiave delle rotte migratorie di tutta l’Africa subsahariana e del Corno d’Africa verso la Libia. Lui stesso, svariati anni fa, ha percorso quella strada con successo, arrivando in Italia e oggi si occupa proprio di mediazione e di migranti. Fa parte di una rete di nigerini operativi tra Libia e il resto dei due continenti, alcuni dei quali integrati e residenti da anni nel Paese, e ci conferma il sistema messo in atto dalle bande organizzate sorte come funghi nel Paese orfano di Muhammar Gheddafi da dieci anni.
Una di queste organizzazioni ha pubblicato in rete le foto di decine di migranti e a ognuno di loro ha messo in mano un cartellino con il rispettivo numero. Una via di mezzo tra un riconoscimento di polizia e la vendita di esseri umani al mercato. Gli sguardi dei migranti sono terrorizzati, dimessi, imploranti aiuto, stanchi e quasi rassegnati. Alcuni volti presentano evidenti tumefazioni da percosse, ferite, occhi gonfi. I loro carcerieri li hanno messi di spalle a uno sfondo neutro bianco, intimato loro di guardare verso l’obiettivo e soprattutto di tenere ben evidente in mano o appoggiato sul collo delle t-shirt e delle camicie il numero identificativo: dall’1 a salire fino al 28, almeno nei documenti fotografici di cui Ilfattoquotidiano.it è venuto a conoscenza, ma non è escluso che possano essere molti di più.
I tratti somatici di alcuni di loro raccontano di chiare origini del Corno d’Africa e anche sudanesi, ma non mancano persone provenienti da altri Stati, nello specifico dell’Africa subsahariana. La serie di fotografie postate è stata ripresa, tra gli atri, dal profilo Sudanese around the world, uno dei tanti domini internazionali per ricevere e divulgare notizie di connazionali come tanti ce ne sono nel mondo. Conta 720mila followers e sul post dedicato ai migranti arrestati e fotografati ha ricevuto più di mille commenti. Nella descrizione del post il responsabile del dominio scrive: ‘Tra di loro ci sono persone arrestate e di cui i loro genitori non hanno più notizie da anni. Chiediamo a chiunque riconosca uno di loro di avvisare le famiglie”. “Esattamente il risultato che speravano di ottenere i carcerieri – conferma Aboubacar -, far girare quelle immagini e arrivare alla fonte probabile del riscatto. Condividere le foto per allargare lo spettro dell’analisi e arrivare in tutti i Paesi africani. La forza della rete, nel caso di cui parliamo messa a sostegno del crimine, ma in fondo l’unico modo possibile per liberare i migranti dal carcere e salvarli da morte certa”.
Il fenomeno dei rapimenti e dei riscatti in Libia è una storia già nota nella sua drammaticità e negli anni si è evoluta assumendo forme e tecniche sempre nuove e diverse. L’immigrato nigerino in Italia ci aiuta a capire di più: “I ragazzi delle foto sono quelli che le organizzazioni criminali non sono riusciti ancora a sfruttare. Il loro destino è atroce, restare dentro le prigioni urbane di Tripoli e altre località della Libia settentrionale in attesa di un pagamento. E quando non c’è più alcuna speranza è molto probabile che vengano uccisi perché non redditizi. Il sistema migratorio in Libia è molto semplice. Le bande fuorilegge intercettano i migranti al confine con i Paesi vicini, in particolare proprio il Niger, ma anche l’Algeria, il Ciad e il Sudan e garantiscono loro il trasporto fino alla Tripolitania, sempre attraverso il pagamento di somme di denaro ovviamente. Spesso i migranti non sanno che una volta a Tripoli non saranno lasciati andare o messi in contatto con le organizzazioni degli scafisti per le traversate del canale di Sicilia e lì inizia il vero calvario. Bande di trafficanti di esseri umani e di scafisti sono quasi sempre la stessa cosa. Il sistema di pagamento dei riscatti può avvenire in diversi modi, attraverso i canali delle rimesse, via Western Union, MoneyGram e così via, ma anche a mano. I criminali libici hanno contatti, intermediari e referenti in ogni Paese africano e la consegna è rapida e soprattutto non tracciabile”.
Aboubacar ci tiene infine ad affermare un concetto: “In Italia si parla tanto delle tragedie del mare, delle imbarcazioni delle ong che salvano le vite nel Mediterraneo, ma poco, pochissimo del vero problema migratorio, ossia ciò che accade a terra, in Libia. Nei lager, nelle case e nei capannoni urbani dove i migranti vengono rinchiusi, tenuti in ostaggio per mesi, anni e da dove molti non usciranno mai. Le dimensioni di quelle tragedie sono nettamente superiori in termini numerici rispetto alle tragedie del mare”.
Operare in Libia per le organizzazioni internazionali non è facile. In particolare per l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, da sempre sul territorio per avviare corridoi umanitari, resettlement e rimpatri assistiti, ma soprattutto per limitare le pene di decine di migliaia di migranti. Assieme al governo di transizione della Cirenaica e del Dcim (Directorate for combatting illegal migration) gestiscono, per quanto possibile, i centri di detenzione ufficiali che da anni ospitano i migranti richiedenti asilo in Libia: “Il fenomeno dei rapimenti di migranti per scopi estorsivi lo conosciamo purtroppo bene e in questi anni è stato declinato sotto varie forme – spiega Caroline Gluck, responsabile delle relazioni esterne di Unhcr Libia – Nello specifico delle foto dei migranti pubblicate sui social dalle organizzazioni criminali libiche per raggiungere le famiglie, è la prima volta che mi capita. Detto questo ritengo la cosa altamente plausibile nella sua drammaticità. È disumano tutto ciò, le foto sono allucinanti, soprattutto quei numeri tenuti in mano. Noi cerchiamo di fare il possibile per limitare i fenomeni, ma non è facile intervenire dappertutto”.
A proposito di Libia e di Niger, nella serata di giovedì scorso, 4 novembre, l’Unhcr è riuscita a far ripartire il ponte aereo e 172 richiedenti asilo di varie nazionalità considerati ‘vulnerabili’ sono stati evacuati dalla Libia. Non accadeva da più di un anno, da quando le autorità libiche avevano interrotto i voli umanitari in uscita dal Paese. L’unico problema per i richiedenti asilo è che il loro volo non li ha portati verso la ‘terra promessa’, un qualsiasi Paese europeo, bensì di nuovo indietro in Niger. Un drammatico ‘gioco dell’oca’ sulla loro pelle: “Visti i posti limitati, questa operazione va considerata una soluzione estrema per persone estremamente vulnerabili e bisognose di sicurezza e protezione a causa di detenzioni terribili e di traffico di esseri umani”, ha detto Jean-Paul Cavalieri, capo missione Unhcr in Libia.
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Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "Le persone vogliono sentirsi sicure nelle loro città, nelle loro case. Ma l'approccio della destra è sbagliato perchè non basta rafforzare i presidi delle forze dell'ordine, che neanche fanno perchè non ci mettono soldi e mandano poliziotti a fare la guardia ai centri migranti vuoti in Albania, servono presidi sociali e educativi e anche la questione del cambiamenti climatico è una questione di sicurezza". Lo dice Elly Schlein all'evento 'Chi non si ferma é perduto' sui cambiamenti climatici, organizzato dai senatori Pd in collaborazione con Deputati Pd e Fondazione Demo, alla Sala Koch al Senato.
Milano, 22 gen. (Adnkronos) - "Come ogni anno, Samsung presenta il nuovo flagship: Samsung Galaxy S25. Lo scorso anno, con Galaxy S24, abbiamo introdotto per la prima volta l’intelligenza artificiale sugli smartphone e quest’anno, con la nuova serie, facciamo un ulteriore balzo in avanti, riuscendo a dare all’intelligenza artificiale una connotazione ancora più fluida, semplice e, direi, conversazionale”. Lo spiega ai microfoni dell’Adnkronos Nicolò Bellorini Vice President Mobile eXperience division di Samsung Electronics Italia, in occasione di Samsung Galaxy Unpacked 2025, l’evento con cui l’azienda sudcoreana presenta la nuova serie di smartphone Samsung Galaxy.
Questa rivoluzione nel mondo degli smartphone AI è resa possibile da diverse innovazioni, la multimodalità in primis, come sottolinea Bellorini: “Samsung Galaxy S25 è in grado di capire perfettamente il contesto nel quale avvengono le richieste, perché comprende voce, video, suoni, testi, file Pdf e qualunque altra cosa. La seconda innovazione importante è la potenza degli agenti AI, che consente a S25 di performare task complessi, che possono andare anche da un’app all’altra”.
I più recenti top di gamma di Samsung portano infatti le capacità di Galaxy AI a un livello superiore, con un’elaborazione AI avanzata direttamente sul dispositivo, migliorando ulteriormente il comparto fotografico leader del settore Galaxy grazie a ProVisual Engine di nuova generazione e offrendo prestazioni eccezionali grazie al processore Qualcomm Snapdragon 8 Elite per Galaxy.
La nuova serie Galaxy S25 stabilisce così un nuovo standard per l’AI mobile, garantendo l’esperienza mobile più naturale e consapevole mai raggiunta, e rappresenta il primo passo nella visione di Samsung di cambiare il modo in cui gli utenti interagiscono con i loro smartphone e con il mondo che li circonda.
“Come l’anno scorso, sono tre i modelli disponibili, Galaxy S25 Ultra, Galaxy S25+ e Galaxy S25, con vari tagli di memoria - conclude il Vice President Mobile eXperience division di Samsung Electronics Italia - da 128Gb fino 1Tb, tutti con 12Gb di Ram”.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "Quale è la visione del governo Meloni di fronti ai cambiamenti climatici? E' semplice, basta fare così". Lo dice Elly Schlein tappandosi gli occhi all'evento 'Chi non si ferma é perduto' sui cambiamenti climatici, organizzato dai senatori Pd in collaborazione con Deputati Pd e Fondazione Demo, alla Sala Koch al Senato. "Come facevamo da bambini, quando c'era qualcosa che ci faceva paura. Ma il prezzo della non conversione, del non affrontare i cambiamenti climatici è molto più costoso che farlo".
"Quanta competitività perdono le aziende italiane rispetto" ad altri Paesi dove si investe in rinnovabili? Ma "il governo non se ne occupa. Questi sono invece gli obiettivi che ci stiamo dando in vista della Cop 30" in Brasile.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "La Lega di Matteo Salvini non perde tempo e scavalca a destra Giorgia Meloni, sempre più legata all'internazionale nera, annunciando la decisione di aprire il dibattito per dire stop all'adesione dell'Italia dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Questa posizione, ispirata all'analogo passo compiuto ieri da Donald Trump, rappresenterebbe un grave segnale di isolamento dell'Italia a livello internazionale e dai principali organismi impegnati nella tutela della salute globale". Così Angelo Bonelli co-portavoce di Europa Verde e parlamentare di Avs.
"L'Oms non è solo un'istituzione scientifica di riferimento, ma un baluardo nella lotta contro pandemie, malattie croniche e disuguaglianze sanitarie in Africa e nei Paesi più poveri. Quando, a metà del XIX secolo, la peste, il colera e la febbre gialla hanno scatenato ondate mortali in un mondo appena industrializzato e interconnesso, l’adozione di un approccio globale alla salute è diventata un imperativo. Medici, scienziati, presidenti e primi ministri convocarono con urgenza la Conferenza Sanitaria Internazionale di Parigi nel 1851, un precursore di quella che oggi è la più grande del suo genere: l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nota come Oms. In mezzo alle crisi, ai conflitti, alla continua minaccia di epidemie e ai cambiamenti climatici, l’Oms ha reagito: dalle guerre a Gaza, in Sudan e in Ucraina fino a garantire l’arrivo di vaccini e forniture mediche salvavita in aree remote o pericolose, svolgendo un ruolo fondamentale di indirizzo nel rispondere all'emergenza Covid-19".
"La Lega dimostra ancora una volta un approccio irresponsabile, che antepone logiche ideologiche e sovraniste al benessere dei cittadini. Interrompere la nostra adesione all'Oms significa rinunciare a strumenti essenziali di coordinamento globale, scambio di conoscenze e accesso a risorse indispensabili per affrontare emergenze sanitarie. Andrebbero ignorati: ma siccome governano il Paese è bene sapere cosa pensano di questa folle proposta il Ministro della salute Schillaci, la premier Giorgia Meloni e la maggioranza di destra che sostiene il suo governo" conclude Bonelli.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - L'Istituto per il Credito Sportivo e Culturale ('Icsc') torna per la seconda volta sul mercato delle emissioni Esg portando a termine con straordinario successo il collocamento di un prestito obbligazionario Social unsecured senior preferred dedicato al supporto di investimenti ad elevato impatto nei settori Sport e Cultura, riservato agli investitori istituzionali.
L’operazione ha registrato ordini complessivi per circa 2 miliardi di euro, pari a oltre 6 volte l’offerta iniziale. L’emissione ha visto la partecipazione di un’ampia platea di sottoscrittori nazionali ed esteri per il 45%, in particolare Germania/Austria (24%), a dimostrazione del crescente interesse degli investitori per il settore delle infrastrutture sociali in Italia.
Il prestito obbligazionario, con scadenza a cinque anni e cedola a tasso fisso annua del 3,50%, costituisce la prima emissione a valere sul programma Emtn (Euro Medium Term Note) da 1 miliardo di euro pubblicato il 19 dicembre 2024, la seconda per Icsc dopo l’emissione stand alone del 2022. Il rating del Social Bond è stimato in linea con quelli assegnati alla Banca dalle agenzie S&P e DBRS, rispettivamente pari a BBB- (Stable) e BBB (Positive).
I proventi dell’emissione saranno utilizzati per sostenere investimenti ad elevato impatto sociale nei settori Sport e Cultura, in linea con la missione dell’Istituto e gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
“L’emissione del nuovo Social Bond riflette il crescente impegno di Icsc sul fronte della finanza sostenibile, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo dei settori Sport e Cultura. La straordinaria domanda da parte degli investitori istituzionali conferma la fiducia dei mercati nei confronti di Icsc, riconoscendone la consolidata capacità di mobilitare capitali a lungo termine secondo principi di sostenibilità, responsabilità e inclusione sociale, equità intergenerazionale. Lo Sport e la Cultura rappresentano in misura crescente asset class in grado di generare significative opportunità di investimento a impatto, creando valore economico e sociale, reale e duraturo per il Paese", ha commentato l’Amministratore Delegato Antonella Baldino.
Il bond, ammesso alla negoziazione presso il mercato regolamentato della Borsa del Lussemburgo, è stato emesso a valere sul Social Bond Framework di Icsc, pubblicato nel luglio 2022, che ha ottenuto una favorevole Second Party Opinion rilasciata da Iss Corporate Solutions, confermando l’allineamento agli Icma Principles e la robustezza degli Eligibility Criteria.
Imi-Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco Santander e Morgan Stanley hanno agito in qualità di Joint Lead Managers del collocamento.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "Mi ha molto colpito la fila di multimiliardari" all'Inauguration Day. "E' un'idea di società opposta alla nostra, una società in cui sono i ricchi a scrivere le leggi per tutti gli altri e a scegliere i giudici che le facciano rispettare. E anche da queste parti non ce la passiamo troppo bene". Lo dice Elly Schlein all'evento 'Chi non si ferma é perduto' sui cambiamenti climatici, organizzato dai senatori Pd in collaborazione con Deputati Pd e Fondazione Demo, alla Sala Koch al Senato.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "La politica sta facendo abbastanza sul cambiamento climatico? No. E noi come prima forza di opposizione del Paese abbiamo una responsabilità di un governo che nega l'emergenza e ci riporta indietro. Mentre occorre rendere transizione ecologica conveniente ma le politiche di questo Paese non hanno mai accompagnato questa innovazione". Lo dice Elly Schlein all'evento 'Chi non si ferma é perduto' sui cambiamenti climatici, organizzato dai senatori Pd in collaborazione con Deputati Pd e Fondazione Demo, alla Sala Koch al Senato.
"Troppe esitazioni e ritardi. Confidiamo nella leadership di Lula che ha organizzato la prossima Cop a Belem, nel cuore dell'Amazzonia" dopo "l'esito insoddisfacente della Cop 20 a Baku. Dobbiamo evitare che tra le tante ricadute nefaste dell'elezione di Trump ci sia un massiccio disimpegno degli Stati Uniti" nelle politiche per il clima. "Abbiamo sentito il suo discorso di insediamento grondante di slogan della campagna elettorale. Il pianeta non si può permettere 5 anni di Trump con queste premesse. E' vero è stato democraticamente eletto, ma c'è chi non ha potuto votare: la nuove generazioni che ci chiederanno il conto".
"A questo nuovo indirizzo dell'amministrazione americana è necessaria una risposta altrettanto forte dell'Europa, è necessario un protagonismo dell'Ue ma non è l'aria che tira a Bruxelles e questo come Pd ci preoccupa moltissimo".