Aumentano ancora gli americani che scelgono di lasciare il proprio posto di lavoro, un fenomeno esploso durante la pandemia. In settembre a dimettersi sono stati in 4,4 milioni (il 3% della forza lavoro), 100mila in più rispetto allo scorso agosto. Le ragioni di questa scelta sono molteplici, a volte dettate dalla necessità, a volte legate a valutazioni economiche e/o esistenziali. Nella prima categoria vanno annoverati i problemi relativi ai servizi di assistenza all’infanzia (asili etc) o i timori di contagio, che chiusi a causa del Covid hanno costretto le famiglie a ridefinire la loro organizzazione. A volte è la possibilità di passare a lavori meglio retribuiti in una fase in cui diversi settori si trovano a corto di mano d’opera e sono quindi pronti a pagare di più per assumere. Nell’ultimo anno le retribuzioni sono cresciute in media del 6%. Come ha rilevato il premio Nobel per l’Economia Paul Krugman molte persone non sono più disposte a fare lo stesso lavoro di prima alle medesime condizioni retributive e di intensità di impiego.
I settori più colpiti dall’esodo dei dipendenti sono la ristorazione e gli alberghi dove ben il 6,6% dei dipendenti si è licenziato. Cifre elevate anche nell’ intrattenimento, nell’istruzione e nei servizi sanitari. Il fenomeno è più accentuato nelle aree rurali dove le retribuzioni sono mediamente più basse. Il Sud e il Midwest sono le zone del paese più colpite mentre il Nord Est mostra tassi di abbandono più contenuti. Il numero totale di posti di lavoro negli Usa è ancora lievemente al di sotto del valore pre pandemia e le assunzioni sono circa 6,5 milioni al mese.