Il direttore della Stampa replica agli attacchi lanciati dal leader di Italia viva a Otto e mezzo. Carrai lo querelò per un articolo, ma la causa "nel 2019 fu ritirata dal querelante, previa conciliazione di cui fa fede la lettera nella quale mi limito a precisare di non aver offeso nessuno". Inoltre "non esiste alcun 'risarcimento danni' da me versato. Dell’assegno non conoscevo l’esistenza. Come può chiarire l’azienda editoriale dalla quale dipendo, e come finge di non sapere Renzi, è un semplice concorso alle spese legali, che le parti condividono quando una causa viene ritirata"
“Vergognose manipolazioni dei fatti operate sistematicamente dal leader di Italia Viva“. Il direttore della Stampa Massimo Giannini definisce così, in una nota, l’attacco arrivato venerdì sera da Matteo Renzi durante la puntata di Otto e mezzo e proseguito via social, con un tweet che secondo il senatore conteneva “la prova che Giannini mente“. Ora Giannini lo smentisce su tutta la linea. L‘assegno circolare postato da Renzi, per una cifra di 3mila euro, è “un semplice concorso alle spese legali, che le parti condividono quando una causa viene ritirata”. Come avvenuto nel caso della causa per diffamazione intentata nei confronti di Giannini da Carrai, che però tre anni dopo la ritirò.
Ospite dello studio di La7 Renzi, invece che rispondere alle domande sul piano di Fabrizio Rondolino per distruggere avversari politici – descritto in una mail girata dall’ex premier all’amico imprenditore Marco Carrai -, ha provocato gli interlocutori su altri argomenti che nulla avevano a che fare con i contenuti delle carte depositate agli atti dell’inchiesta sulla fondazione Open. Lo ha fatto anche con Giannini, apostrofandolo: “Tu Carrai lo conosci bene. Gli hai dato pure dei soldi per il risarcimento danni per una causa, statti buono…”. Dopo la trasmissione, il senatore ha pubblicato su Twitter “un documento nel quale”, spiega Giannini, “comparirebbero le mie ‘scuse a Carrai’ e un mio assegno a lui intestato, con tanto di mia firma, zoomata ad arte accanto all’assegno medesimo”.
Ecco la prova che @MassimGiannini mente#Ottoemezzo pic.twitter.com/o1WKPa7Y1U
— Matteo Renzi (@matteorenzi) November 12, 2021
“Constato, con mesto raccapriccio, che il senatore Renzi torna sulla vicenda di una mia presunta condanna in causa persa contro Marco Carrai, e di un mio presunto risarcimento danni versato a suo beneficio”, scrive Giannini. Che racconta come le cose stiano in tutt’altro modo. “È penoso, per chi fa il mio mestiere con serietà e per chi fa politica con passione, ma mi vedo costretto a precisare quanto segue: Non esiste alcuna ‘condanna’ né alcuna ‘causa persa’ da parte mia nei confronti di Marco Carrai. Il medesimo presentò una querela per diffamazione nei miei confronti, per un mio articolo su Repubblica uscito nel 2016. La causa andò avanti per tre anni, e nel maggio del 2019 fu ritirata dal querelante, previa conciliazione di cui fa fede la lettera esibita dal senatore Renzi, nella quale mi limito a precisare di non aver offeso nessuno“.
Inoltre, prosegue Giannini, “non esiste alcun ‘risarcimento danni’ da me versato a Marco Carrai. Dell’assegno esibito dal senatore Renzi io non conoscevo l’esistenza. Non porta la mia firma, come può vedere chiunque. Reca un importo di 3.000 euro (e già questo basterebbe a un essere umano dotato di medio buonsenso per capire che non può trattarsi di risarcimento danni). Infatti non lo è. Come può chiarire l’azienda editoriale dalla quale dipendo, e come finge di non sapere il senatore Renzi, è invece un semplice concorso alle spese legali, che le parti condividono quando una causa viene ritirata”. Il direttore de La Stampa, dunque, conclude: “A dispetto di quello che continua a propalare il senatore Renzi, non ho mentito a ‘Otto e Mezzo’ e non mento adesso. Detto questo, non posso non constatare con profonda amarezza come queste continue campagne di delegittimazione nei confronti dei giornalisti e queste vergognose manipolazioni dei fatti, operate sistematicamente dal leader di Italia Viva, stiano portando davvero la politica al grado zero della dignità e della decenza”.