Dopo aver rubato palla all’avversario, le immagini su YouTube mostrano un biondino che fa un gran assist a Oleg Protasov, che in area di rigore non ha difficoltà a realizzare. L’Urss va in vantaggio su Cipro in quella che è l’ultima partita della storia dell’Unione Sovietica. Il ragazzo è Igor Kolyvanov, che qualche minuto dopo subirà un infortunio e all’intervallo verrà sostituito. Il 13 novembre 1991, esattamente trent’anni fa, l’Urss vinceva 3-0 in trasferta (di Sergey Yuran e Andrey Kanchelskis gli altri due gol nel secondo tempo) e si qualificherà per l’Europeo in Svezia, dove andrà con un’altra maglia e il nome di Comunità degli Stati Indipendenti. L’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche si scioglie ufficialmente a fine dicembre 1991.

“Eravamo molto forti e carichi – è il racconto da Mosca di Kolyvanov al Fattoquotdiano.it – convinti di vincere e qualificarci per l’Europeo. Stavamo vivendo un periodo molto caotico. Non ci aspettavamo un tale cambiamento nel nostro Paese, nessuno pensava che ci saremmo divisi. Uniti stavamo bene ed è stato strano separarmi dai compagni con cui avevo condiviso le Nazionali giovanili. Non capivamo bene cosa stesse succedendo, la vita poi è continuata anche se con un passaporto diverso”. Igor veniva da un’annata splendida. È infatti capocannoniere e miglior giocatore del campionato sovietico, l’anno prima aveva conquistato il titolo europeo under 21 battendo la Jugoslavia in finale e vincendo la classifica marcatori. Non era invece stato convocato a Italia 90 solo per via di un infortunio, dopo aver esordito con la Nazionale maggiore di Lobanovskij nel 1989. L’attaccante giocava con la Dinamo Mosca, dopo aver fatto qualche anno nelle giovanili dello Spartak, ma da ragazzino era tifoso della Dinamo Kiev, squadra dell’Ucraina dopo la dissoluzione ma al tempo sovietica. “In Unione Sovietica eravamo tutti fratelli ed io ero un fan di Blochin”.

Kolyvanov ha giocato con tre Nazionali diverse, perché dopo l’Europeo poco positivo con Csi diventò anche una colonna della Russia. “Ho qualche maglia delle Nazionali. In Italia si poteva, magari comprandole, tenersi le maglie per poi magari regalarle, ma in Russia le lasciavamo sul tavolo dello spogliatoio a fine match. A casa ne ho sicuramento una della Russia, una della Csi, forse una dell’Unione Sovietica“.

Un paio di giorni dopo l’ultima gara dell’Urss, Kolyvanov raggiunge Foggia. Aveva già conosciuto il presidente Casillo e aveva fatto qualche seduta di allenamento con Zeman, ma gli accordi con la Dinamo Mosca prevedevano che il giocatore rimanesse in Russia fino a novembre in modo da giocare i primi turni di Coppa Uefa e completare quasi del tutto il campionato. “In Russia mi allenavo un’ora al giorno, con Zeman più di due e molto intensamente, facendo anche molta tattica. Il mister è un mito: intelligente e preparato. Zeman mi diceva sempre: ‘Se non corri, ti mando in Siberia‘. E mi sgridava perché dribblavo troppo. Arrivato in Italia, ho conosciuto per la prima volta il 4-3-3, un bel modo di giocare ma non facile: servono giocatori con la mentalità giusta, che abbiano voglia di correre e allenarsi. Ma giocare alla domenica non era così difficile, quello sovietico era un campionato complicato dove sfidavi club che in pratica erano Nazionali. Io oggi da allenatore utilizzo il 4-3-3, alternandolo con il 4-4-2, purtroppo in Russia si gioca principalmente con 5 difensori e dieci uomini dietro alla linea della palla. Fare l’allenatore è molto difficile, giocare invece è bello e mi manca ogni giorno”.

Nel 1994 Kolyvanov è tra i titolari della Russia a non essere tra i convocati per il Mondiale americano. Succede qualcosa di grave nello spogliatoio tra giocatori e dirigenti. “Mi fa male al cuore ancora oggi non essere andato al Mondiale, non mi va di parlare. Venne fuori un casino enorme. Nel 1998 non andammo in Francia per colpa dell’Italia”. L’ultima partita con la Nazionale russa, dopo aver giocato anche con Urss e Csi, la disputa contro l’Ucraina di un giovane Shevchenko con cui a fine gara si scambia la maglia. Kolyvanov è il capitano ma “ormai nel 1998 giocare contro gli ex fratelli non è più tanto strano”. Erano passati sette anni e due Nazionali da quel 13 novembre 1991, ultima partita dell’Unione Sovietica.

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