“Ogni settimana l’Iss presenta un rapporto sull’efficacia dei vaccini e i dati consentono di aggiornare le indicazioni”: così diceva il ministro della Salute, Roberto Speranza, mercoledì scorso annunciando il via libera alla terza dose anche per le persone sopra i 40 anni a partire dal primo dicembre. Cosa dice l’ultimo rapporto dell’Istituto superiore di sanità? “Dopo i 6 mesi dal completamento del ciclo vaccinale, si osserva una forte diminuzione dell’efficacia vaccinale nel prevenire le diagnosi in corrispondenza di tutte le fasce di età”. Per quanto riguarda la protezione dal contagio, quindi, l’efficacia passa dal 76% nei primi 180 giorni rispetto ai non vaccinati, al 50% dopo i 6 mesi. Nel caso di malattia severa, “la differenza fra vaccinati da oltre e da meno di sei mesi risulta minore”, specifica l’Iss. Si osserva comunque una decrescita dell’efficacia vaccinale di circa 10 punti percentuali: dal 92% all’82%. È la dimostrazione che, seppure il rischio di contrarre il Covid sia dimezzato rispetto a chi non si vaccina e il rischio di finire in ospedale ancora minore, senza un rafforzamento della protezione si rischia un aumento dei casi anche tra i vaccinati nei prossimi mesi.
L’Iss sottolinea innanzitutto il ruolo della variante Delta: “L’efficacia vaccinale nel prevenire qualsiasi diagnosi sintomatica o asintomatica di Covid-19 nelle persone completamente vaccinate è diminuita passando dal 89%, durante la fase epidemica con variante alfa prevalente, al 75% durante la fase epidemica con variante delta prevalente”. Rimane comunque elevata l’efficacia vaccinale, spiega l’Istituto, “nel prevenire l’ospedalizzazione (91%), il ricovero in terapia intensiva (95%) o il decesso (91%)”. L’altra fattore però è il tempo, come dimostrano i dati. Anche se l’Iss evidenzia come l’efficacia vaccinale dopo i 6 mesi possa essere in questo momento sottostimata. Il motivo? “La campagna vaccinale inizialmente ha coinvolto la popolazione più a rischio (operatori sanitari, residenti nelle Rsa, persone con più di 80 anni e persone estremamente vulnerabili) e solo successivamente è stata aperta al resto della popolazione. Si può quindi supporre – si legge nel report – che attualmente i soggetti che risultano vaccinati da oltre sei mesi sono individui con un rischio di infezione/ricovero/morte maggiore rispetto al resto della popolazione vaccinata”.
Il calo dell’efficacia dei vaccini, peraltro, non mette in discussione il ruolo che la campagna vaccinale ha avuto nel rallentare i contagi e soprattutto attenuare la pressione sugli ospedale (vedi figura sopra). Calcolando il tasso di ospedalizzazione per i non vaccinati (184,1 ricoveri per 100.000), infatti, si evidenzia come questo sia circa sette volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da meno di sei mesi (25,0 ricoveri per 100.000) e sei volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da oltre sei mesi (31,5 ricoveri per 100.000). Analizzando il numero dei ricoveri in terapia intensiva e dei decessi negli over 80, si osserva che il tasso di ricoveri in terapia intensiva dei non vaccinati (10,9 ricoveri in terapia intensiva per 100.000) è circa sette volte più alto di quello dei vaccinati con ciclo completo da meno di sei mesi (1,5 ricoveri in terapia intensiva per 100.000) e da oltre sei mesi (1,4 ricoveri in terapia intensiva per 100.000) mentre, nel periodo dal 17 settembre al 17 ottobre, il tasso di decesso nei non vaccinati (64,1 per 100.000) è circa dieci volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo entro sei mesi (6,2 per 100.000) e sei volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da oltre sei mesi (9,9 per 100,000).
Anche guardando ai nuovi positivi, analizza l’Iss, “negli ultimi 30 giorni in Italia si osserva una maggiore incidenza di casi diagnosticati in persone non vaccinate“. In generale, l’incidenza settimanale a livello nazionale arriva a 62 casi per 100mila abitanti rispetto a 51 casi della settimana precedente. In crescita rispetto alla settimana precedente l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici pari a 1,21, stabilmente al di sopra della soglia epidemica. L’incidenza aumenta in tutte le fasce di età, ma “in particolare nella popolazione 0-19 anni caratterizzata da una maggiore variazione dell’incidenza a 14 giorni”. In leggero aumento l’età mediana dei soggetti che hanno contratto l’infezione negli ultimi 14 giorni (43 anni rispetto a 42 anni della precedente settimana).