È il 1996, Valentino ha 16 anni e fa il suo esordio nel motomondiale. Si fa chiamare "Rossifumi" in onore del pilota giapponese Norifumi Abe. Sarà anche “Valentinik”, poi "The Doctor". A Welkom in Sudafrica la vittoria più bella, all'esordio in Yamaha. Nel 2009 in Catalogna il sorpasso a Lorenzo. Il 14 novembre a Valencia per l'ultima volta “tutti in piedi sul divano”
Nove volte campione del mondo, 431 gare disputate e 115 vinte. Un’icona dello sport riconosciuta a livello mondiale, che ha saputo dare al motociclismo un nuovo volto e ha appassionato milioni di persone anche fuori dall’Italia. Il significato del Gp di Valencia non consiste nella gara che Valentino Rossi farà o nella posizione che avrà al traguardo. L’ultima corsa del “Dottore” segna la storia della MotoGp e dello sport in generale, sancisce la fine di un’epoca. Una carriera lunga 26 anni tutta da ripercorrere, alla vigilia della sua ultima partenza in pista, in cui il pilota numero 46 si è trasformato da giovanissima promessa in sella a un’Aprilia a uno dei più forti e ispiranti campioni di sempre.
Cresciuto a Tavullia, un piccolo paesino tra Pesaro e Urbino, Valentino Rossi inizia fin da bambino a dimostrare la sua passione per i motori, grazie anche al padre Graziano, ex pilota nella classe 500. A 13 anni sale sulla sua prima vera moto, un’Aprilia AF1 125 Futura. Ed è sempre con una due ruote della scuderia di Noale che Rossi esordisce nel motomondiale classe 125. È il 1996, Valentino ha 16 anni. Il primo podio da professionista arriva dopo 10 gare, in Austria, il 4 agosto. Dopo due settimane, il numero 46 mette a segno la sua prima vittoria nel circuito ceco di Brno. Soprannominatosi “Rossifumi” in onore del suo idolo, il pilota giapponese Norifumi Abe, Valentino comincia a farsi notare. Ma è solamente l’anno successivo che riesce a conquistare il suo primo mondiale, vincendo 11 Gp.
Si guadagna così di diritto l’accesso alla categoria 250, sempre in sella a un’Aprilia e come compagno di squadra di Loris Capirossi. Un altro anno di apprendimento e poi si laurea campione della classe intermedia nel 1999 – questa volta chiamandosi “Valentinik”, dal supereroe alter-ego di Paperino, Paperinik, tratto dalle storie a fumetti di Topolino. L’approdo alla classe 500 segna una svolta: il cambio dall’Aprilia alla Honda. La volontà della scuderia giapponese, allora il team più competitivo e vincente, di arruolare Rossi è il segno inequivocabile che il ribattezzato “The Doctor” non è più percepito come una giovane promessa della MotoGp, ma è ritenuto un pilota già vincente e in continua ascesa. E, ripagando le aspettative della Honda, Rossi vince il suo terzo mondiale nel 2001. È l’anno in cui scoppia la prima delle rivalità che lo vedranno protagonista per tutto il resto della sua carriera: quella con Max Biaggi, che correva sulla Yamaha.
Nel 2002 la classe regina diventa la MotoGp, con l’uso di motori a 4 tempi da 990 cc. Ma la rivoluzione non intacca il dominio del Dottore, che si aggiudica il quarto mondiale con 355 punti, diventando l’unico nella storia a vincere un titolo iridato in ognuna delle quattro categorie. Lo strapotere di Rossi e la sua Honda diventa ancora più tangibile l’anno successivo, quando trionfa di nuovo al primo posto arrivando a podio in ognuna delle 16 gare del mondiale. Le vittorie non sanano, però, il rapporto tra l’italiano e la scuderia, deteriorato a causa dell’insoddisfazione del pilota che si sente messo in secondo piano rispetto allo sviluppo della moto. Così, con uno dei cambi di squadra più clamorosi di sempre, Valentino Rossi passa all’altro lato del motociclismo giapponese, diventando un pilota della Yamaha.
La scelta spiazza tutti. La scuderia di Iwata, infatti, era ben lontana dall’essere un team competitivo e tecnicamente solido come quello della Honda. Il motomondiale del 2004 inizia così tra lo scetticismo e la curiosità di vedere il campione uscente alle prese con un motore così diverso da quello che lo ha portato all’egemonia. Già all’esordio a Welkom, in Sudafrica, Rossi riesce ad aggiudicarsi una vittoria tanto imprevedibile quanto fondamentale per la sua carriera: conclude al primo posto, davanti a Max Biaggi, alla fine di un lungo testa a testa. I due, dopo anni di tensione, si stringono la mano dopo la bandiera a scacchi. Poi Rossi scende dalla sua M1 e, commosso, si siede appoggiandosi alla barriera di pneumatici. “Sta piangendo, è diventato un uomo”, dice il telecronista Guido Meda. Il titolo mondiale – il sesto per Rossi – arriva alla fine di quella stagione. La Yamaha torna a vincere dopo 12 anni. Il Dottore ora è un campione maturo e uno dei piloti più forti della storia del motorsport.
E infatti vince di nuovo, nel 2005: è il settimo trofeo iridato, dopo un mondiale impreziosito dall’agonismo con Sete Gibernau, di casa Honda. Nei due anni successivi, invece, il numero 46 ha il suo primo calo di prestazioni e fatica a trovare risultati anche a causa di una serie di cadute e problemi tecnici. La sua imbattibilità viene infranta prima da Nicky Hayden e poi da Casey Stoner. Il 2008 porta a Rossi una riconferma e una novità: il ritorno alla vittoria mondiale per l’ottava volta e un nuovo compagno di squadra, il maiorchino Jorge Lorenzo, che sarà una figura determinante per gli anni a seguire. Il rapporto tra i due compagni di scuderia, infatti, diventa Gp dopo Gp sempre più teso: anche in pista Rossi e Lorenzo non si risparmiano colpi, in Catalogna nel 2009 il duello più noto. Sempre nel 2009 Valentino vince il suo nono mondiale. L’anno successivo, con l’ambiente Yamaha irreparabilmente diviso, Rossi abbandona il team giapponese e tenta il successo tutto italiano in sella alla Ducati.
Ma il biennio con la scuderia di Borgo Panigale è povero di soddisfazioni. Valentino, messo in difficoltà dallo stile di guida richiesto dalla Desmododici, conclude al settimo e sesto posto rispettivamente nel 2011 e nel 2012. Il primo anno in Ducati è segnato in modo indelebile anche dall’incidente che ha causato la morte dell’amico Marco Simoncelli. Nel 2013 il Dottore viene riaccolto in Yamaha: ritrova la rivalità con il compagno Lorenzo e sono gli anni del prorompente arrivo di Marc Márquez. Sfide e attriti che esplodono nel 2015, quando Rossi, alla fine di un mondiale combattutissimo con Lorenzo, vede sfumare a Valencia il decimo titolo iridato, ad appena cinque punti dal maiorchino, dopo essere partito dall’ultima posizione a causa di una penalità rimediata nello scontro con il numero 93 durante il Gp precedente.
Con un Márquez sempre più dominante e tanti piloti più giovani a cercare il proprio spazio nella classe regina, nel 2016 inizia la parabola discendente del pilota pesarese, che fatica sempre di più a trovare il ritmo e i risultati. Ma intorno a lui non viene mai a mancare l’affetto e la stima né del proprio team né dei milioni di tifosi che, negli anni, si è conquistato insieme ai mondiali. E se le soddisfazioni mancano in prima persona, il suo vivaio di piloti, la VR46 Academy, e la scuderia di cui è dirigente, la Sky Racing Team VR46, cominciano a dare i primi frutti importanti, come Franco Morbidelli e Francesco Bagnaia in MotoGp.
Nel 2021, al 16esimo anno con la Yamaha, Rossi passa in Petronas. Poi ad agosto annuncia il ritiro a fine stagione. Intorno alla giornata di Valencia c’è già tanta commozione, sia da parte di Valentino stesso – che spera “di non piangere” – sia per i suoi compagni di pista. In Spagna i tifosi si sono radunati solo per lui. E ci saranno anche tutti gli appassionati da casa, dopo 26 anni come sempre, “tutti in piedi sul divano” per vedere e sentire per l’ultima volta la leggenda di Tavullia tagliare il traguardo.