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Il Csm trasferisce il magistrato che concesse i domiciliari a Zagaria. “Intercettato al telefono con un’avvocata indagata”

Il magistrato di sorveglianza di Sassari Riccardo De Vito è stato spostato al tribunale di Nuoro per "incompatibilità ambientale"
Il Csm trasferisce il magistrato che concesse i domiciliari a Zagaria. “Intercettato al telefono con un’avvocata indagata”
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Il magistrato di sorveglianza di Sassari Riccardo De Vito, che l’anno scorso ha concesso gli arresti domiciliari alla “mente economica” dei Casalesi Pasquale Zagaria detenuto in regime di 41 bis nel carcere di Bancali, è stato trasferito d’urgenza dal Csm al tribunale di Nuoro per “incompatibilità ambientale“. Secondo l’Unione sarda, la decisione è stata presa alla luce dei contenuti di un’intercettazione – captata attraverso un trojan – in cui l’ex presidente di Magistratura Democratica parlava al telefono con un’avvocata che risulta indagata. Il quotidiano dell’isola ipotizza – ma non ci sono conferme – che la chiamata riguardasse richieste di differimento pena o altri benefici per detenuti in regime di carcere duro. Secondo Il Riformista è stato lo stesso magistrato a chiedere il trasferimento, dopo essere stato convocato dal Csm.

De Vito lo scorso anno ha consentito la scarcerazione a Zagaria con la motivazione che era bisognoso di cure che a causa del Covid non gli potevano essere somministrate in carcere a causa dell’emergenza in corso e che la sua patologia lo esponeva maggiormente al rischio contagio. Terzo motivo: secondo il magistrato il Dap non aveva mai risposto alle sue richieste in merito alla possibilità di far sottoporre il fratello di uno dei capi clan di Casal di Principe alle terapie richieste in altre strutture carcerarie. Il Dap aveva smentito.

Lo scorso novembre la Consulta, interpellata dallo stesso De Vito sulla legittimità costituzionale del decreto Bonafede che puntava a far tornare in carcere i 376 mafiosi scarcerati durante l’emergenza sanitaria, ha dichiarato infondate le impugnazioni. La Corte ha ritenuto che la norma – che imponeva ai giudici di Sorveglianza di rivalutare in 15 giorni se sussistessero ancora i motivi legati alla pandemia in base ai quali si erano espressi per i domiciliari – non sia in contrasto con il diritto di difesa del condannato né con l’esigenza di tutela della sua salute né, infine, con il principio di separazione tra potere giudiziario e potere legislativo.

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