“L’odio social noi l’abbiamo subito, non l’abbiamo lanciato”. Lo ha detto a L’aria che tira (La7) il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, pochi minuti dopo aver dato del “coniglio mannaro” a Giuseppe Conte e a quattro giorni di distanza della sua invettiva contro “il reddito di criminalità”, sempre sulla rete di Cairo. Immancabile nella sua filippica il riferimento al Fatto Quotidiano (“Quella ipotesi di Rondolino che dice che potevamo fare come Il Fatto non l’abbiamo mai realizzata, perché noi non siamo Il Fatto”). La realtà tuttavia è abbastanza diversa. Soprattutto in occasione della campagna referendaria del 2016, infatti, troll, hater, fake di area dem-renziana uscirono dal nulla per imperversare in ogni angolo dei social.
Il senatore, poi, ha lanciato altre accuse, facendo riferimento ai profili falsi che fioccarono sui social nella notte del 27 maggio 2018 per attaccare il capo dello Stato Sergio Mattarella, che aveva respinto il nome di Paolo Savona al ministero dell’Economia. Quello fu anche il giorno in cui l’allora leader dei 5 Stelle, Luigi Di Maio, annunciò l’impeachment contro Mattarella. Emerse successivamente che dietro alcuni di quei profili c’era la Internet Research Agency (Ira) di San Pietroburgo, il cui obiettivo era far filtrare nel nostro Paese la propria propaganda a favore dei partiti populisti e sovranisti. Renzi, che all’epoca richiese invano l’istituzione di una commissione d’inchiesta a riguardo, oggi ha rilanciato le vecchie accuse, attaccando unicamente Di Maio e il M5s, accusati di essere coinvolti nel trollaggio made in San Pietroburgo: “Vogliamo dire chi è stato ad avere i profili falsi? Io ci sono, io sono pronto a parlarne. Quei profili falsi erano del M5s. Luigi Di Maio dovrebbe solo vergognarsi. Ma credo che si vergogni. Lui è così: prima magna e poi parla”. A essere sospettata nella vicenda dei troll russi, tuttavia, c’era anche e soprattutto la Lega.