La riforma Cartabia le vuole efficienti, produttive e veloci. Ma per ora sta solo rendendo le Corti d’Appello ancora più vuote. A dirlo sono gli ultimi numeri del Consiglio superiore della magistratura (Csm), che descrivono un’inarrestabile fuga dei giudici dagli uffici di secondo grado: dei 109 posti scoperti messi a bando lo scorso luglio – tra sezioni civili e penali – ne sono rimasti vacanti 27, uno su quattro, per mancanza di candidati. Una quota da record, quasi raddoppiata rispetto all’anno precedente (bando del 14 ottobre 2020) quando le scrivanie rimaste vuote furono 13 su 93, meno di una su cinque. Insomma, le toghe se ne vanno e non vengono sostituite, in particolare nei distretti del Sud Italia più oberati di carichi: un bel problema, ora che l’improcedibilità voluta dal governo si prepara a ghigliottinare i processi se durano più di due anni proprio in questa fase. Per evitare l’ecatombe su cui in tanti hanno lanciato l’allarme in estate, la ministra della giustizia puntava tutto sulla cavalleria dei 16.500 ausiliari e cinquemila amministrativi da assumere con i fondi per la ripresa.
Ma non ha messo in conto un effetto boomerang: la riforma ha aggravato la tendenza dei magistrati a lasciare le Corti d’Appello e a non fare domanda per andarci, spaventati da carichi di lavoro già insostenibili e ora soggetti pure alla nuova tagliola, che costringerà a continue corse contro il tempo per non buttare al macero il lavoro di anni. Con l’effetto di creare voragini d’organico in numerosi uffici. A sollevare il tema è un comunicato del gruppo di Area, la corrente progressista della magistratura, al Csm. L’esito delle ultime pratiche – scrivono i consiglieri Alessandra Dal Moro, Elisabetta Chinaglia, Giuseppe Cascini, Mario Suriano e Giovanni Zaccaro – “dimostra la crisi delle vocazioni per le Corti di appello, soprattutto con riferimento a sedi già in difficoltà”.
Qualche esempio? A Reggio Calabria, il distretto con più arretrato d’Italia – quasi settemila fascicoli penali pendenti a fine 2020 – erano banditi 8 posti da giudice, 3 civili e 5 penali. Assegnati? Zero: nessuno che avesse i requisiti previsti ha fatto domanda. Bando deserto anche per la Corte d’Appello di Catanzaro: 6 posti scoperti pubblicati, tre civili e tre penali, soltanto uno assegnato. A Napoli 17 pubblicati e 12 assegnati, a Bologna 8 pubblicati e 6 assegnati, a Firenze 5 pubblicati e 3 assegnati, a Sassari 2 pubblicati e uno assegnato, idem a Taranto. In varie sedi, la quota di posti coperti sul totale è calata nettamente rispetto al bando dell’anno scorso. Effetto Cartabia? “Le recenti riforme in tema di processo penale indubbiamente possono avere incidenza sulla minore appetibilità delle funzioni di secondo grado”, ammettono i consiglieri di Area.
I posti messi a bando dal Csm nelle corti d’Appello sono di più ogni anno che passa: considerando solo il penale, sono stati 30 nel 2018, 46 nel 2019, 49 nel 2020, quest’anno sono arrivati a 51. Numeri che però non rispecchiano nemmeno le reali scoperture degli uffici. “La nostra pianta organica è di 32 magistrati. Ne abbiamo 16, ce ne mancano altri 16, di cui una decina nelle sezioni penali”, spiega a ilfattoquotidiano.it il presidente della Corte d’Appello di Reggio Calabria, Luciano Gerardis. “Per metterci una pezza ho dovuto chiedere due applicazioni straordinarie da fuori il distretto e ordinarne altre due dai Tribunali del nostro territorio. Abbiamo anche chiesto al Csm di “congelare” per qualche mese i trasferimenti di alcuni colleghi che hanno già ottenuto di andarsene. Ma sono soluzioni-tampone, il problema è che qui non vuol venire nessuno“, si sfoga. Il perché è presto detto: “Il carico di lavoro è imparagonabile a quello di altre sedi. Ogni giudice di Corte d’Appello fa regolarmente tre udienze alla settimana che spesso si protraggono fino a sera, mentre altrove se ne fa una o al massimo due. Abbiamo circa 160 fascicoli di criminalità organizzata, con decine di imputati ciascuno e un grado di complessità elevatissimo. E centinaia di procedimenti con imputati detenuti, che devono avere la priorità per evitare la scadenza dei termini di custodia cautelare”.
Problemi comuni a tanti uffici del Mezzogiorno, che diventeranno insormontabili se non si riuscirà a fermare l’emorragia di magistrati. Per questo le toghe di Area esprimono “preoccupazione per la funzionalità degli uffici, soprattutto nel settore penale” e chiedono “una riflessione comune che porti a progettare un intervento strutturale sulle piante organiche e sulla geografia giudiziaria, per consentire a tutti gli uffici giudiziari di lavorare in modo efficiente”. “Da un paio di anni abbiamo preso atto che le funzioni di secondo grado sono poco ambite, soprattutto nelle sezioni penali e nelle sedi meridionali con un maggior numero di processi penali con imputati detenuti”, conferma al fattoquotidiano.it il consigliere Zaccaro, fino al mese scorso presidente della terza Commissione di palazzo dei Marescialli, competente sull’assegnazione di sedi e funzioni. “È chiaro e dimostrato dai dati che oggi il collo della bottiglia del processo penale è proprio in appello. E temo che le recenti riforme, imponendo ritmi di lavoro ancora più duri, scoraggeranno sempre più colleghi a chiedere quelle funzioni, in un circolo vizioso dagli effetti imprevedibili”.