Nelle pieghe della legge 23 è prevista la nascita del centro, "a supporto della gestione delle emergenze epidemiche e pandemiche nella logica del principio one health”. L'intento, nobile sulla carta, si scontra con l'esistenza di altre due strutture con missioni simili, la Fondazione regionale per la ricerca biomedica, e, soprattutto, l'Osservatorio epidemiologico regionale.
Un raddoppio, nella migliore delle ipotesi. Un carrozzone inutile, nella peggiore. Sicuramente molto ben finanziato. È il costituendo “Centro per la prevenzione delle malattie infettive”, nuova creatura partorita dall’assessore regionale al Welfare, Letizia Moratti, e inserita nelle pieghe della riforma della legge 23, quella sulla sanità lombarda. La creatura, pur non avendo ancora visto la luce, vanta già una cospicua dote: circa 85 milioni di euro per i suoi primi tre anni di vita, “il periodo esatto che ci divide dalle prossime elezioni regionali”, fa notare il consigliere regionale M5s, Marco Fumagalli. Poi si vedrà.
Nelle intenzioni della giunta di Attilio Fontana, il futuro Centro per la prevenzione delle malattie infettive viene istituito “a supporto della gestione delle emergenze epidemiche e pandemiche nella logica del principio one health”. Tra i suoi compiti, si legge, “la preparazione ad eventuali emergenze sanitarie epidemiche; la gestione delle emergenze epidemiche e pandemiche a livello clinico e diagnostico; la ricerca e monitoraggio nel campo della prevenzione, della diagnosi e della cura derivanti dalla diffusione di microorganismi”; la ricerca di nuove strategie terapeutiche; lo studio e controllo delle infezioni trasmissibili potenzialmente pericolose per la popolazione; la ricerca e sviluppo di nuovi vaccini; lo sviluppo di programmi per il trasferimento tecnologico dei risultati della ricerca; la gestione delle pratiche di politica sanitaria finalizzate al buon utilizzo dei farmaci antibiotici e al contrasto all’antibiotico-resistenza”.
Tutte funzioni estremamente utili, molte delle quali, però, oggi sono già svolte da altri due organismi regionali. Il primo è l’Osservatorio epidemiologico regionale, che, nelle intenzioni di Fontana-Moratti, dovrebbe continuare ad esistere. Così Centro e Osservatorio si troverebbero a coesistere, due costosi doppioni.
Il secondo è la Fondazione regionale per la ricerca biomedica, “ente creato da Formigoni per acquistare un’azienda farmaceutica lombarda ora ceduta per il 90% ai cinesi, che ha una mission simile – spiega Fumagalli – a quella del Centro di prevenzione per le malattie infettive. Tanto che nei nostri emendamenti, come Movimento 5 Stelle chiediamo un assorbimento di molte funzioni in questa Fondazione e l’abolizione del Centro per la prevenzione”.
Così, mentre il Movimento chiede una razionalizzazione di strutture, risorse e costi, Fontana e Moratti vanno esattamente nella direzione opposta, rischiando di trasformare il Centro per la prevenzione delle malattie infettive “in una “fabbrica delle consulenze”, in un contesto di competizione elettorale che si annuncia serrato come non mai”, aggiunge Fumagalli: “Nel migliore dei casi il progetto dell’Osservatorio fallirà sul nascere e, nel peggiore vedremo, come già accaduto per la Fondazione Biomedica, una malversazione di denaro pubblico, che poi verrebbe ripagata dai lombardi per molti anni a venire, o più semplicemente uno sperpero dei fondi del Pnrr”.
Per ora di certo ci sono solo i costi (e gli stanziamenti) di istituzione e funzionamento del Centro che la Riforma Moratti in queste settimane in discussione al Consiglio regionale, mette a bilancio: “Per i successivi 3 anni si stima un costo di investimento in conto capitale pari a complessivi 85 milioni di euro”, si legge nel testo in esame. “Per quanto attiene ai costi di funzionamento”, continua, “considerato il forte impatto in termini di ricerca, utilizzo di tecnologie e materiale di consumo e di personale, gli stessi si stimano in circa 10 milioni di euro nella fase di avvio, con un costo a regime (che avverrà nel triennio successivo) stimabile in un massimo di 30 milioni di euro” l’anno. Intanto, per il primo triennio, la Regione sborserà 17.833.325 euro per il 2022; 28.686.750 per il 2023 e 29.720.320 per il 2024″.
Una discreta somma per le casse regionali. Tuttavia, secondo Moratti, il fabbisogno diminuirà a partire dal 2024: “Tali costi saranno ridotti, con una stima di circa il 50%, attraverso la messa a disposizione di personale già oggi facente parte degli enti del sistema sanitario regionale e grazie alle sinergie che si svilupperanno con il mondo accademico. Il costo a regime, pertanto, si stima in circa 15 milioni di euro”. In quale modo si realizzeranno tali “sinergie” col “mondo accademico”, non è spiegato. Occorrerà attendere il 2024 per scoprirlo.