Matteo Renzi sfida Giuseppe Conte a singolar tenzone, che si defila.

Francamente comprendo la decisione di non scendere sulla main street ad affrontare il killer di Rignano, secondo il principio derivato dalla lezione magistrale di Clint-Eastwood-Sergio Leone, in base al quale: “quando un uomo armato di buona educazione incontra un teppistello mediatico, specializzato in trucchi e porcate, è un uomo morto”. Resta il fatto che aprire un contenzioso senza andare fino in fondo ha consentito al Renzi d’Arabia d’incassare non trascurabili dividendi d’immagine e pavoneggiarsi in tutta la propria muscolarità di rissaiolo 2.0.

Per il resto questo ultimo sottoprodotto del ventennio berlusconiano non ha né arte né parte; e se deve sottoporre a riforma le istituzioni pubbliche sa solo incasinarsi nel referendum su un testo ispirato a criteri organizzativi da strapaese: l’idea praticabile al massimo in qualche osteria di campagna, che tutti i problemi si risolvono con la trovata semplicistica dell’uomo solo al comando. Qualcosa tra l’arcaicità del modello dictator romano e il folclore locale del Granduca di Toscana.

Se deve connotarsi nel dibattito pubblico, l’unico posizionamento che è alla portata della sua cultura politica a fumetti è praticare un tardo blairismo, a tre lustri data dall’originale; per cui la massima furbata dell’uomo di partito presunto di sinistra è quella di dare per scontato il voto del proprio elettorato e agitarsi per accaparrare quello di destra. Operazione fallimentare, in cui si perde tanto dal tappo come dalla spina: quanto appalesato dalle sue catastrofi elettorali in sequenza.

Se poi deve parlare le lingue in consessi internazionali, sfodera un imbarazzante gramelot alla Dario Fo davanti a platee basite. E non riusciamo a immaginare i grugniti quando si trova al cospetto del principe saudita, quello con il tic di fare a pezzi e nascondere in una valigia i giornalisti che gli stanno sulle palle (con quanta ammirazione del Renzi per il modo sbrigativo di affrontare tale questione è facile immaginare).

Detto tutto questo, va aggiunto che il ridanciano quarantaseienne, una qualità comunque ce l’ha: è posseduto da spiriti animali in sovrannumero, che lo rendono pericolosissimo nei confronti pubblici – particolarmente televisivi – in cui non si perita di giocare sporco pur di mettere in difficoltà l’interlocutore e mandare tutto in caciara; da vero figlio del talk show piazzaiolo: interruzioni, risolini, mimiche provocatorie. Marchingegni studiati a tavolino per spedire fuori giri la controparte. E neppure troppo originali.

Come quello scopiazzato da un suo modello inarrivabile – il tangentista asceso all’Eliseo, Nicolas Sarkozy – il quale cercava di far perdere il filo a Segolene Royal nei faccia a faccia per le presidenziali d’oltralpe, stuzzicandola con un ghigno di finta condiscendenza: “ti vedo un po’ in difficoltà”. Gag adottata pure dalla amazzone renziana Lella Paita nei confronti di Sergio Cofferati, durante le primarie delle precedenti regionali liguri: si direbbe il marchio di fabbrica Italia Viva.

Insomma, costui è una sorta di tritatutto televisivo da cui conviene restare lontano. Ne sa qualcosa uno stimato professore come Gustavo Zagrebelsky, nel dibattito in cui era controparte dell’allora premier al tempo del famoso referendum Boschi-Renzi. La scena terrificante del povero giurista che – novello Laocoonte – non riusciva a svincolarsi dai tentacoli polipeschi, fatti di baci del lebbroso e abbracci mortali, con cui venne definitivamente tramortito. Da quella furia che gli ripeteva con l’acca aspirata alla toscana: “ovvia guardi che io mi sono formato sui suoi testi di diritto”. Si dice che lo Zagrebelsky, uscendo dallo studio televisivo, volesse buttarsi nel Tevere. Mesi dopo, passeggiando con lui per il centro di Genova, mi confessava di essere ancora sotto schock.

Quindi; alla larga da Renzi. Smarcarsi immediatamente. Però. Però ci sono delle situazioni in cui non è consentito farsi da parte. Purtroppo se – invece che ignorarlo – si è scelto di provocarlo, corre l’obbligo di andare sino in fondo, con tutti i rischi che questo comporta. Altrimenti darai la netta sensazione di non essere il leader grintoso di cui ha bisogno l’area di nuova politica di una sinistra ambientalista alla nord europea, radicale e adeguatamente antagonista. Al limite, pronta a smettere di farsi vampirizzare da Draghi e passare all’opposizione.

L’educato mediatore moroteo Giuseppe Conte è disponibile e in grado di operare questa riconversione a 360 gradi del proprio profilo di uomo pubblico?

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