“Ci vuole ancora tempo per cominciare, se riusciremo a cominciare” ha detto l'ex procuratore ora presidente del Tribunale. Un botta e risposta con il promotore di giustizia aggiunto, Alessandro Diddi, chiamato in causa per i numerosi omissis e le notevoli incongruenze negli atti. Che smentisce sia stata raccolta una dichiarazione del Pontefice
Il processo penale vaticano sull’acquisto del palazzo di Londra non partirà finché i pm non avranno depositato tutti gli atti. È la posizione del presidente del Tribunale dello Stato più piccolo del mondo, Giuseppe Pignatone, emersa durante la quarta udienza del procedimento: “Non si possono cominciare a esaminare le questioni di questo processo se la difesa non avrà una conoscenza completa degli atti”. E ha aggiunto: “Ci vuole ancora tempo per cominciare, se riusciremo a cominciare”. Un botta e risposta con il promotore di giustizia aggiunto, Alessandro Diddi, chiamato in causa per i numerosi omissis e le notevoli incongruenze negli atti finora depositati dopo due ordinanze del collegio giudicante. Uno scontro, quello tra Pignatone e Diddi, che si rinnova in Vaticano dopo quello avvenuto durante il processo Mafia Capitale, quando l’attuale presidente del Tribunale del Papa era procuratore capo di Roma e il pm della Santa Sede difendeva Salvatore Buzzi. Al temine di numerose schermaglie procedurali sollevate dai legali di due dei sei imputati, il cardinale Angelo Becciu e il finanziere Enrico Crasso, Pignatone ha rinviato l’udienza al primo dicembre per comunicare le decisioni del Tribunale.
“Esiste – ha spiegato in aula il legale del porporato, Fabio Viglione – un’irrimediabile nullità a cui non si può in nessun modo porre rimedio. Sono state depositate oltre 115 ore di registrazione ed esiste una selezione di cose da visionare, con audio e video risultati tagliati, mutilati e falcidiati. È un metodo inammissibile: la mutilazione delle prove è una lesione dei diritti della difesa. Non stiamo chiedendo un favore”. Il processo, se decollerà, come ha anticipato durante l’udienza il presidente del collegio giudicante, sarà inevitabilmente “complesso e dai tempi non brevi”. Per questo motivo, Pignatone ha nominato un giudice supplente, Lucia Bozzi, che subentrerà qualora lui o uno degli altri due membri del collegio, Venerando Marano e Carlo Bonzano, si dovessero assentare in futuro.
Nel corso dell’udienza, l’avvocato di Crasso, Luigi Panella, ha fatto ascoltare un estratto audio di Diddi, registrato il 29 aprile 2020 durante l’interrogatorio di monsignor Alberto Perlasca, all’epoca dei fatti capo ufficio amministrativo della prima sezione della Segreteria di Stato. Il pm si rivolge al prelato affermando: “Monsignore, non c’entra niente. Noi prima di fare questo che stiamo facendo, siamo andati dal Santo Padre e gli abbiamo chiesto ciò che è accaduto”. Il legale ha precisato che “il Codice di rito prevede la possibilità di sentire quale testimone un principe reale, con determinate garanzie, ma non quella di sentire il sovrano, a cui è equiparato il Santo Padre nell’ordinamento vaticano. La possibilità di sentire come testimone il capo dello Stato è peraltro prevista da tutti gli ordinamenti democratici e costituisce espressione di un principio fondamentale di civiltà giuridica e di uguaglianza. Non risulta tuttavia depositato agli atti alcun verbale delle dichiarazioni del Santo Padre contestate dal promotore di giustizia a monsignor Perlasca. Eppure, secondo quanto dichiarato dai promotori di giustizia nel corso dell’interrogatorio di monsignor Perlasca, il Santo Padre è stato da loro sentito su fatti inerenti a questo procedimento e le dichiarazioni del Santo Padre vengono animatamente contestate all’imputato, un religioso legato al Santo Padre da un sacro vincolo di subordinazione”. Panella ha ricordato che il Codice di procedura penale “prevede che delle dichiarazioni rese oralmente da ‘qualsiasi persona esaminata o interrogata’ venga redatto un verbale, nel quale si raccolgano le domande e le risposte. Da tale norma sembra evincersi che, sebbene il Codice di rito non preveda espressamente che possa essere sentito il Santo Padre, nel caso in cui egli sia nondimeno sentito quale persona informata sui fatti, occorra redigere un verbale”. Per questo motivo, l’avvocato ha spiegato che “la mancanza in atti del verbale delle dichiarazioni rese dal Santo Padre ai promotori di giustizia costituisce quindi un’altra ragione di nullità della citazione a giudizio e degli atti successivi”.
Nella sua replica, Diddi ha, però, smentito che il Papa sia stato ascoltato dai pm durante le indagini: “Questo ufficio non ha mai sentito a verbale il Santo Padre”. Aggiungendo: “Noi siamo venuti a conoscenza di quello che il Santo Padre ha detto in altri contesti”. Citando quanto Francesco affermò, il 26 novembre 2019 durante la conferenza stampa sul volo di ritorno dal viaggio in Thailandia e Giappone, in risposta alla domanda della vaticanista di Tv2000, Cristiana Caricato, sull’acquisto del palazzo di Londra. Quanto ai numerosi omissis, Diddi ha precisato: “La questione dirimente è che sono emerse molte dichiarazioni non attinenti e sono sopravvenute altre denunce che hanno posto il problema del segreto investigativo sul materiale girato e registrato. Abbiamo tenuto conto di nuovi elementi emersi nel frattempo in altri procedimenti che hanno posto quindi la questione del segreto investigativo su una parte degli atti depositati finora. Se qualcuno pensa a dei falsi – ha concluso il pm – deve fare denuncia per falso ideologico”.