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Ex Ilva, Bersani risponde alle accuse di Renzi: “La banda dei veleni parli chiaro. Da ministro nessuno ha mai dovuto pagarmi un caffè”

"Dovrebbe dire come mai lui prendeva soldi da Riva e spiegare cos'ha fatto a Taranto", lo ha accusato il leader di Italia viva su La7. La replica in un post su Facebook: "Se qualcuno vuole oggi mettere in dubbio la mia correttezza o la mia totale autonomia da qualsiasi condizionamento parli chiaro e non per allusioni, e apponga cortesemente la firma. Nel 2006 ebbi sostegno da molti industriali, nessuno che allora risultasse imputato di qualsivoglia reato"

“Se qualcuno della banda dei veleni vuole oggi mettere in dubbio la mia correttezza o la mia totale autonomia da qualsiasi condizionamento parli chiaro e non per allusioni, e apponga cortesemente la firma. Imparerà a conoscermi meglio”. Pier Luigi Bersani risponde su Facebook alle illazioni di Matteo Renzi, che giovedì a Non è l’Arena l’ha tirato in ballo su alcuni finanziamenti (circa 98mila euro) ottenuti nel 2006 da Emilio Riva, ex patron dell’acciaieria Ilva di Taranto, i cui eredi Fabio e Nicola sono stati condannati in primo grado rispettivamente a 22 e 20 anni di carcere nel processo “Ambiente svenduto”. “A Bersani dico che prima di parlare di me dovrebbe dire come mai lui prendeva soldi, legittimi, da Riva a Taranto. Io i soldi non li ho presi da Riva come ha fatto Bersani, li ho portati con il mio governo per sistemare Taranto. Bersani dovrebbe prima spiegare cosa ha fatto lui, sia a Taranto che nella gestione del partito, quando era segretario e costava un sacco di soldi, con centinaia di persone assunte, e c’era il finanziamento pubblico”, ha attaccato il leader di Italia viva, rispondendo alle critiche che l’ex segretario dem gli ha rivolto a proposito del dossier Open.

Parole, quelle di Renzi, che alludono a un presunto conflitto d’interesse tra quei finanziamenti e le posizioni espresse da Bersani sull’Ilva. Accusa che l’interessato smentisce a muso duro: “Vedo che in rete e in tv la macchina spargiveleni, disperatamente in cerca di correità, si occupa anche di me”, scrive. “Alle elezioni del 2006 (quando il mio ruolo di segretario del Pd era ancora nella mente di Giove) ebbi un sostegno davvero largo di molti industriali oltre che di associazioni, di cittadini, di lavoratori. Nessuno che allora risultasse imputato di qualsivoglia reato. Tutto svolto, ovviamente, secondo legge e tutto verificato dalla giurisdizione. Per capire meglio andrà ricordato che dal ’96 al 2001 avevo fatto il ministro delle Attività produttive e dei trasporti. Una rapida scorsa ai giornali dell’epoca può bastare per farsi un’opinione sulle riforme di quegli anni e sul giudizio che ne derivò nel mondo della produzione e del lavoro. Era ben noto in quel mondo, inoltre, che nessuno aveva mai dovuto o potuto pagarmi un caffè né corrispondere a qualche mia richiesta impropria”.