Cinema

Illusioni perdute, il realismo di Balzac su ascesa sociale e stampa meretrice nell’ottimo classicheggiante film di Giannoli (trailer e poster in anteprima)

Esce in sala il 30 dicembre l’ultimo film del regista francese presentato all’ultimo Festival di Venezia con un cast all star: Gerard Depardieu, Benjamin Voisin, Cecile de France, Xavier Dolan

di Davide Turrini

Per scrivere una recensione meglio non leggere un libro”. C’è qualcosa di terribilmente vero e straordinariamente premonitore di oltre due secoli di stampa in questa battuta pronunciata nel film Illusioni perdute di cui FQMagazine vi offre locandina e trailer in anteprima italiana. Il film diretto dal francese Xavier Giannoli (Superstar, Marguerite), nelle sale italiane dal 30 dicembre 2021, offre un cast di star d’oltralpe prezioso e sostanzioso (Gerard Depardieu, Benjamin Voisin, Cecile de France, Xavier Dolan) ed è tratto da un romanzo suddiviso in tre parti scritto da Honoré de Balzac tra il 1837 e il 1845.

Siamo negli anni trenta dell’ottocento, provincia dell’Angouleme. Lucien (Benjamin Voisin), figlio di farmacista e mamma di origine aristocratica, è un ragazzotto di campagna dal furore letterario un po’ Barry Lyndon (il carattere del personaggio, non il film) e un po’ D’Artagnan. Per amore (e sesso) della bella contessa Louise (Cecile de France) che ne apprezza le doti di poeta, si trasferisce segretamente a Parigi per non creare ulteriore scandali. Solo che nella capitale traffica e tentacolare, ruoli e lignaggio, identità e dinamiche sono identiche a quelle delle campagna. Il ragazzo verrà prima allontanato dal nobile entourage, si dedicherà ad umili lavori fino all’incontro il giovane direttore di un quotidiano provocatore che lo ingaggia come giornalista, ma soprattutto recensore di libri e spettacoli. È se fino a questo punto il realismo sociale di Balzac lo si era potuto confondere tra tanti melodrammi coevi, ecco che il realismo politico tout court del romanziere francese esplode in tutta la sua sapiente, precisa e graffiante forza proprio nel descrivere ipocrisia, doppiogiochismo, meretricio della classe giornalistica dell’epoca (e dell’oggi?).

Ad esempio: la recensione di un libro può essere scritta in un modo e nel suo opposto, basta fare polemica, quindi vendere e tenere in fibrillazione il mercato. La stampa in piena restaurazione postnapoleonica è questa roba qui. I denari girano, la fama dei critici voltagabbana è effimera, l’aristocrazia con un batter di ciglia restaurerà ogni cosa non senza aver fatto entrare dall’uscio principale nuove forme di dominio industriale (qui la pubblicità che appare franca in strada e nei negozi). Curiosa infine, ma l’episodio sarà tutto da gustare in sala quando il film uscirà, è l’organizzazione millimetrica della super claque organizzata ogni sera in tutti i teatrini di Parigi da un sornione vecchietto che dirige un gruppo nutrito di “spettatori” prezzolati che passano, a seconda di chi paga di più, dagli applausi sperticati al lancio di ortaggi. Insomma, Illusioni perdute è film sì classicista, ma dove la macchina da presa di Giannoli è terribilmente a suo agio tra stucchi, specchi opachi, stivali, fazzoletti delle dame, alti colletti inamidati, tozzi di pane e miserie umane. Cinema produttivamente oneroso, narrativamente compatto nonostante i cambi di passo di Balzac in origine, didattico e sornione nel misurare l’anima marcia del mondo della stampa. Si veda soltanto la spiegazione – già nella Francia dell’800 – della nozione del termine “bufala”, o del doppio ricavo per un giornale tra notizia e smentita, in mezzo alla brulicante e guascona frenesia di una redazione come quella in cui lavora il protagonista Lucien.

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