Una misura anti-povertà? “Siamo stati i primi a metterla sul tavolo”, dice riferendosi agli 80 euro del suo amico Matteo Renzi, sul cui sito ancora campeggia in bella vista la spiegazione della misura e a chi era rivolta, ovvero i redditi medio-bassi e non gli indigenti. Il finanziere Davide Serra, fondatore e amministratore delegato del fondo Algebris, interviene dal palco della Leopolda e per criticare il reddito di cittadinanza, misura bandiera del Movimento Cinque Stelle che Italia Viva vorrebbe cancellare, rispolvera il bonus voluto da Renzi quando era presidente del Consiglio. L’attacco è diretto, ma finisce in contraddizione con gli 80 euro renziani che, come la misura del Conte 1, andavano direttamente dalle casse pubbliche nelle tasche di chi all’epoca percepiva meno di 1.500 euro di stipendio: “Da Stato se sono io che do i soldi, a me viene molto il concetto del voto di scambio e poi tu ovviamente mi sostieni”, dice Serra dal palco allestito nella stazione fiorentina.
Ma le critiche a Giuseppe Conte, diventato il nemico numero uno di Renzi dopo che fu proprio lui a manovrare nell’agosto 2019 per rimettere in piedi una maggiore ed evitare il voto, investono anche la lotta contro la pandemia mettendo in mezzo perfino il numero dei decessi per Covid, in particolare nella prima ondata, quella che investì l’Italia prima e più duramente di ogni altro Paese europeo. “Il 27 gennaio 2020, Conte disse dalla Gruber che eravamo ‘preparatissimi'”, ricorda Serra tra una ‘policy’, una ‘skill’, un ‘back’. Da finanziere diventa esperto di dati della pandemia e a suon di slide mette insieme quanto accaduto: “Per un milione di abitanti in Europa sono morte mille persone, in Germania 660, Francia 1000, in Italia 1.400”.
La sintesi è brutale: “Chi era al comando non ci ha difeso”. Partono schermate con grafici e diagrammi per spiegare le ondate, confrontando quanto avvenuto mese dopo mese. Dimenticando che l’Istituto superiore di Sanità ha più volte spiegato come il parametro migliore per comprendere le dinamiche dei decessi fosse l’eccesso di mortalità, cioè quanti decessi ci sono stati rispetto a quelli attesi: durante la seconda ondata, proprio secondo uno studio Iss-Istat, l’Italia è risultata in linea con i maggiori Paesi europei e, sottolineavano gli esperti dell’Istituto, nello spiegare le dinamiche dei decessi bisogna anche considerare abitudini sociali e, soprattutto, l’anzianità della popolazione.
Il racconto a tesi, unito ai dati economici, arriva a una conclusione: “Con Draghi invece l’opposto, si rinasce”, dice Serra alla decima slide. Da quel momento è un climax: “Quindi un grande grazie a Matteo, perché la condizione per avere il governo Draghi, i migliori ministri, la competenza, i migliori scienziati, i migliori manager, lo dobbiamo al concetto del merito, della libertà”. Un governo con diversi ministri confermati, ad iniziare da quello della Salute Roberto Speranza, e con i vertici di Iss e diversi membri del Cts confermati. Non considerato anche l’impatto del vaccino, con la campagna entrata nel vivo solo dopo la caduta di Conte.
E lì inizia l’attacco al reddito di cittadinanza, insieme a Quota 100 voluta dalla Lega. “Le due policies che non sopporto, ma non io chiunque ha un minimo di cervello, perché sono ineque (sic)”, sostiene il finanziere. “Che la povertà sia un tema enorme non ci piove, ricordatevi che la prima manovra di aiuto furono gli 80 euro. Vennero presentati qui alla Leopolda, siamo stati i primi a metterlo sul tavolo”, dice dimenticando che il reddito di cittadinanza aiuta gli indigenti che non hanno alcun tipo di entrata, mentre il bonus di Renzi finiva sui conti correnti dei redditi medio-bassi. La chiusura è dedicata al Next Generation Eu e agli oltre 200 miliardi destinati all’Italia: “Sapete chi ci ha salvato? L’Europa – scandisce Serra – Tiravamo la cinghia del 3%, ora possiamo allargarla di tre”. Ma dimentica di dire chi era a quei tavoli a negoziare.