Non c’è solo Matteo Renzi a sperare nel conflitto di attribuzioni. Prima del voto a favore del leader Iv, martedì la Giunta per le immunità del Senato ha fornito un altro formidabile assist a un politico, stavolta già a giudizio per reati gravi: Carlo Giovanardi, l’ex parlamentare del Nuovo centrodestra. Come Renzi, anche lui un anno fa si è rivolto per lettera agli ex colleghi chiedendo una protezione dai pm di Modena, che – a suo dire – lo accusano usando un’intercettazione illegale. Di che si tratta? Di due video del 2014 in cui si sente Giovanardi (allora senatore) conversare con un costruttore poi condannato per mafia, promettendogli di far tornare a lavorare la sua azienda esclusa dalla white list per la ricostruzione post-terremoto del 2012. Secondo l’ex senatore, quelle riprese – girate da uno dei partecipanti all’incontro – sono paragonabili a intercettazioni e quindi inutilizzabili senza l’autorizzazione del Parlamento. Una tesi già rigettata da pm e gip, che invece le considerano meri documenti processuali esclusi dalla tutela costituzionale. Il primo relatore della pratica, Meinhard Durnwalder dell’Svp, aveva proposto di accantonare la questione in attesa – quantomeno – di sapere che uso volessero fare i magistrati di quel materiale. Proposta bocciata (nonostante il voto favorevole di Pd, M5S, Leu e del senatore de L’Alternativa c’è Mattia Crucioli) e dossier affidato a un nuovo relatore, il leghista Simone Pillon, che invece ha concluso per chiedere all’Aula di sollevare il conflitto di attribuzione di fronte alla Consulta: richiesta approvata con i voti di un asse ormai collaudato, quello tra Italia viva e il centrodestra unito.
Le imputazioni di cui l’ex senatore deve rispondere di fronte al Tribunale di Modena sono quattro: minaccia a corpo amministrativo dello Stato, rivelazione e utilizzo di segreto d’ufficio, minaccia e oltraggio a pubblico ufficiale. In particolare, “l’onorevole Giovanardi – si legge nella relazione Durnwalder – è accusato di aver posto in essere una serie di attività volte a ottenere, a favore delle imprese Bianchini Costruzioni S.r.l. e IOS di Bianchini Alessandro, la revoca dell’esclusione dalla cosiddetta white list – e cioè l’elenco degli imprenditori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa, rilevante nel contesto dei pubblici appalti – operata dal Prefetto, con nuovo inserimento e ripristino delle facoltà previste per le imprese iscritte”. La Bianchini S.r.l è l’impresa di Augusto Bianchini, costruttore modenese condannato in appello nel processo Aemilia a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa (il figlio Alessandro, invece, ha avuto un anno e otto mesi). “Secondo il Pubblico ministero – prosegue la relazione – per perseguire tali finalità Giovanardi avrebbe perpetrato, oltre a comportamenti pressori, vere e proprie minacce finalizzate a turbare le attività di un Corpo amministrativo (nella fattispecie il Prefetto di Modena ed il Gruppo Interforze), nonché a costringere i pubblici ufficiali destinatari di tale condotta illecita, nell’occasione anche oltraggiati, a compiere atti contrari all’ufficio“.
Non solo. “Al fine di meglio esercitare tale attività di minaccia, l’ex senatore avrebbe adoperato informazioni ancora coperte da segreto, inerenti ai relativi procedimenti amministrativi (cioè l’esclusione della Bianchini dalla white list, ndr) a lui fornite in particolare dal coimputato dottor Ventura, Capo di Gabinetto della Prefettura, integrando in tal modo anche il delitto di cui all’articolo 326 del codice penale”, cioè la rivelazione e utilizzo di segreto d’ufficio. Nei video, registrati per motivi ignoti da Alessandro Bianchini – e già acquisiti nel processo Aemilia, in cui Giovanardi non è coinvolto – il politico spiega di aver mosso mari e monti con Prefetto e Questore, arrivando alla “rissa” per far lavorare di nuovo la ditta. Proprio negli ultimi giorni in aula a Modena ha testimoniato il colonnello dei Carabinieri Domenico Cristaldi, che ha raccontato il proprio incontro con l’allora parlamentare: “È stata una situazione imbarazzante e fastidiosa“, ha riferito, a quanto riporta la Gazzetta di Modena. “Mi guardavo spesso in giro per vedere se gli avventori del locale fossero incuriositi dal tono di Giovanardi. Parlava ad alta voce, sopra le righe, aveva un atteggiamento perentorio, deciso. Disse che sarebbero stati fatti degli esposti in Procura per accertare chi aveva espresso valutazioni contro Bianchini. Era un tono intimidatorio“.
Ora l’ex parlamentare lamenta l’acquisizione in quel procedimento dei video delle conversazioni tra lui e i Bianchini. La definisce – nella lettera inviata alla Giunta – una “palese violazione” della Costituzione, chiedendo di sollevare conflitto di attribuzione. Una tesi a cui Pietro Grasso, già procuratore nazionale antimafia e presidente del Senato, si è opposto ricordando che “vi è una sostanziale differenza tra il caso di una videoregistrazione effettuata da un privato in modo fraudolento e una videoregistrazione, ad esempio di un incontro, che, sulla base di una giurisprudenza consolidata, risulta assimilabile alla documentazione di una propria attività personale“. E che comunque Giovanardi, così come Renzi, non avrebbe potuto rivolgersi direttamente al Senato in assenza di una richiesta dei magistrati, perché quella facoltà è prevista dalla legge solo rispetto all’insindacabilità.
Si arriva così alla prima proposta conclusiva, che chiede di non sollevare il conflitto di attribuzione almeno fin quando i giudici non ammetteranno i due video come prova. Ma l’asse tra Italia viva e i partiti di centrodestra affossa la relazione e ottiene di sostituire Durnwalder con un nuovo relatore, il leghista Simone Pillon. Il quale da subito sembra avere le idee piuttosto chiare: “Se la richiesta di autorizzazione all’utilizzo deve essere avanzata per le intercettazioni assunte dalla polizia giudiziaria su un’utenza telefonica di un terzo”, scrive nella relazione, “a maggior ragione essa dovrebbe essere presentata per le intercettazioni effettuate da soggetti privati col proprio cellulare” (senza considerare, però, che il privato in questione era uno dei partecipanti all’incontro). “Diversamente opinando si arriverebbe al paradosso che qualsiasi privato possa intercettare col proprio cellulare un parlamentare e che l’autorità giudiziaria possa avvalersi di tali captazioni senza richiederne l’autorizzazione, con conseguente sostanziale elusione dell’articolo 68 della Costituzione”. Di più: secondo Pillon, “addirittura l’autorità giudiziaria potrebbe stringere un accordo (ovviamente illecito) con un privato” per intercettare illegalmente parlamentari. E per questo propone che la Giunta chieda all’aula di sollevare il conflitto d’attribuzione, proprio come la senatrice di Forza Italia Fiammetta Modena ha fatto nel caso Renzi/Open. Proposta accolta con il solito schema: Italia viva + centrodestra. Garanzia per ogni politico nei guai con la giustizia.