Steve Simon, numero uno dell’associazione che gestisce il circuito femminile a livello mondiale, parlando alla Cnn ha detto: "Le donne devono essere rispettate e non censurate". La tennista dopo aver accusato il vicepremier di violenza sessuale è sparita
Dov’è e che fa Peng Shuai? La campionessa di tennis è sparita dopo aver denunciato in un post l’ex vicepremier Zhang Gaoli di averla costretta a una relazione sessuale tre anni fa. Il tennis professionistico femminile, dopo i post e le richieste di tanti colleghi, minaccia di lasciare la Cina in assenza di chiarimenti sulla vicenda. “Siamo pienamente preparati a ritirare le nostre attività e ad affrontare tutte le complicazioni che ne seguiranno – ha affermato Steve Simon, numero uno della Wta, l’associazione che gestisce il circuito femminile a livello mondiale, parlando alla Cnn -. Perché le accuse di stupro sono più importante degli affari”. Simon, che si è spinto oltre rispetto alla richiesta di un’indagine indipendente per far luce sul caso, ha detto al network di Atlanta che la Wta ha in programma dieci eventi in Cina per il 2022 per un valore di decine di milioni di dollari, ma che era disposto a ritirarli. “Siamo a un bivio nel nostro rapporto con la Cina e la nostra attività laggiù”, ha osservato, aggiungendo che la Wta deve chiedere giustizia e non può scendere a compromessi: “Le donne devono essere rispettate e non censurate”.
Il destino della campionessa infatti resta avvolta nel più fitto mistero, facendo crescere l’ansia di tifosi, colleghe e colleghi a livello mondiale. Non ha convinto affatto l’ultima presunta email con la quale la campionessa 35enne avrebbe voluto rassicurare sulle sue condizioni. Da quel momento Peng è sparita, ma nella notte di giovedì la Cgtn, il canale internazionale in lingua inglese della tv statale Cctv, ha riferito “di aver appreso” che la tennista “ha inviato un’email a Steve Simon, presidente e Ceo della WTA”, che cura il circuito professionistico del tennis femminile, pubblicandone il testo. “Riguardo alle recenti notizie rilasciate sul sito ufficiale della WTA, il contenuto non è stato confermato o verificato da me stessa ed è stato rilasciato senza il mio consenso”, si legge nella lettera attribuita a Peng, ex numero uno della classifica di doppio con successi a Wimbledon e Parigi. “Le notizie in quel comunicato, compresa l’accusa di violenza sessuale, non sono vere. Non sono sparita, né sono in pericolo. Mi sto riposando a casa e tutto va bene. Grazie ancora per esservi presi cura di me”, continua l’email, in cui si chiede alla WTA di verificare eventuali dichiarazioni future e di chiedere il suo consenso prima della loro pubblicazione.
A prescindere dai toni burocratici, lontani dal post di denuncia sugli abusi subiti, lo screenshot della lettera postata dalla Cgtn include un cursore ben visibile nel centro del testo e, cosa molto più sorprendente, non è stato ripreso o pubblicato da alcun altro media in Cina, cosa che ha alimentato l’inevitabile scetticismo. Lo stesso Simon ha affermato che la dichiarazione della Cgtn “accresce la preoccupazione sulla sua sicurezza, è difficile credere che Peng Shuali abbia davvero scritto l’email”. Per questo, “Peng deve poter parlare liberamente, dev’essere ascoltata, le sue accuse meritano un’inchiesta”.
È inimmaginabile che la leadership comunista possa accogliere tali richieste, a maggior ragione quando sulla graticola finirebbe una figura di primissimo piano del Pcc, sia pure in pensione. In Cina il nome di Peng è stato oscurato sui social network, dove le ricerche sono bloccate, mentre dal 2 novembre è fermo il suo profilo su Weibo, il Twitter in mandarino, dove aveva denunciato gli abusi subiti e assicurando, pur non avendo le prove di relazione e violenza, “di voler andare avanti con la sua denuncia anche a costo di finire come un uovo che si scontra con una roccia”. Il caso è stato classificato come uno del moviemnto #MeToo, ma potrebbe anche essere legato allo scontro di potere interno al Pcc, quando la scorsa settimana il sesto Plenum ha elevato il presidente Xi Jinping tra i grandi del partito, insieme a a Mao Zedong e Deng Xiaoping. Su Twitter circola l’hashtag #WhereIsPengShuai, arricchendosi di appelli che vedono la star nipponica Naomi Osaka, il mito Billie Jean King, l’ex numero uno Chris Evert, fino a Novak Djokovic: il serbo, al vertice del ranking maschile, si è dichiarato “scioccato” per la vicenda e per il buio che la circonda.
La Cina è stata al centro dell’aggressiva espansione dell’associazione del tennis professionistico femminile nell’ultimo decennio, ospitando nove tornei nella stagione 2019, l’ultima prima dell’interruzione della pandemia di Covid-19, con un montepremi totale di 30,4 milioni di dollari. Allo stesso tempo, la Cina è sotto pressione su una serie di questioni relative ai diritti umani, nel mezzo delle crescenti richieste di boicottaggio delle Olimpiadi invernali di Pechino 2022. La posizione della Wta su Peng, se dovesse essere confermata, andrebbe molto oltre rispetto ad altre organizzazioni sportive che hanno lottato per bilanciare le richieste di tifosi e giocatori di opporsi alle violazioni dei diritti umani con la loro dipendenza dal mercato cinese.