Un anno e 4 mesi di carcere con pena sospesa per abuso d’ufficio. Per il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, del Pd, scatta la legge Severino appena la sentenza del processo “Miramare” sarà trasmessa alla prefettura. La decisione del Tribunale di Reggio Calabria è arrivata oggi pomeriggio in aula bunker. I giudici hanno condannato anche gli altri imputati: gli ex assessori Saverio Anghelone, Armando Neri, Rosanna Maria Nardi, Giuseppe Marino, Giovanni Muraca, Agata Quattrone e Antonino Zimbalatti. Per tutti i giudici hanno stabilito un anno di reclusione per abuso d’ufficio cosi come per l’ex segretario comunale Giovanna Antonia Acquaviva, la dirigente comunale Maria Luisa Spanò, che si occupava del settore “Servizi alle imprese e sviluppo economico”, e l’ex imprenditore Paolo Zagarella. Gli imputati, compreso Falcomatà, sono stati assolti invece dal reato di falso che gli contestava la Procura rappresentata in aula dai sostituti procuratori Walter Ignazitto e Nicola De Caria.
I due pm, assieme al procuratore Giovanni Bombardieri e all’aggiunto Gerardo Dominijanni (oggi procuratore generale di Reggio), hanno coordinato le indagini sull’affidamento all’imprenditore Paolo Zagarella del Grand Hotel Miramare. “Il gioiello di famiglia si era trasformato in un affare di famiglia”. Avevano spiegato i pubblici ministeri durante la requisitoria avvenuta nelle settimane scorse. In sostanza, stando all’inchiesta, il Comune di Reggio aveva affidato a Zagarella la gestione di uno dei palazzi storici della città dopo che, durante la campagna elettorale del 2014, lo stesso imprenditore aveva concesso i suoi locali per la segreteria di Falcomatà. In qualità di presidente e legale rappresentante dell’associazione “Il Sottoscala”, infatti, l’imprenditore Zagarella avrebbe ricevuto un trattamento di favore dal sindaco Falcomatà e dalla sua giunta.
Le motivazioni della sentenza saranno depositate nelle prossime settimane, ma, leggendo il capo di imputazione contestato dalla Procura, il primo cittadino e gli assessori hanno concorso il 16 luglio 2015 ad adottare una delibera con la quale “statuivano l’ammissibilità della proposta proveniente dall’associazione ‘Il Sottoscala’ per l’utilizzo del piano terra del Miramare”, uno dei palazzi storici e più prestigiosi di Reggio Calabria. Gli imputati avrebbero violato “i doveri di imparzialità, trasparenza e buona amministrazione” previsti dalla legge in quanto “omettevano di dare preventivo avviso pubblico per consentire a terzi di manifestare l’interesse per l’assegnazione dell’immobile”.
Nessun bando pubblico perciò, ma una concessione diretta in quanto la giunta comunale avrebbe concordato “l’affidamento con la sola associazione ‘Il Sottoscala’, indebitamente beneficiando Zagarella che (al fine di ottenere l’assegnazione, utilizzando lo schermo formale della onlus) veniva nominato presidente dell’associazione il giorno precedente la delibera di giunta”. Secondo la Procura, quindi, Falcomatà e i suoi assessori avrebbero concordato con Zagarella “modalità e tempi di presentazione dell’istanza, assumendo nei suoi confronti l’impegno all’affidamento temporaneo dell’immobile prima della formale deliberazione di giunta”.
In questo modo, prima dell’assegnazione dello stabile e prima della pubblicazione della delibera sull’albo pretorio del Comune, le chiavi del Miramare sarebbero state consegnate allo stesso imprenditore che, durante la campagna elettorale per le Comunali del 2014, ha concesso i locali della segreteria del sindaco. La Procura non ha mai avuto dubbi sul reato di abuso d’ufficio. Il pm Ignazitto, infatti, aveva spiegato che “il fine unico di questa vicenda è stato quello di assegnare questo benedetto immobile a un amico del sindaco Falcomatà”.
Quando sono stati interrogati, gli imputati si erano difesi sostenendo che quello era un atto di indirizzo. Per la Procura, invece, è stato “un atto di immediata concessione: il gioiello di famiglia si era trasformato in un affare di famiglia”. “Non è stata mala-gestio, – hanno sostenuto i pm – ma una gestio finalizzata a raggiungere un determinato obiettivo e il sindaco è stato il regista. Il Miramare non è stato assegnato all’associazione ‘Il Sottoscala’. Piuttosto questa è stata il grimaldello attraverso cui il Miramare è stato assegnato a Paolo Zegarella, persona amica di Falcomatà, persona nei confronti della quale il sindaco aveva un debito di riconoscenza”.
Si è concluso così, in primo grado, il processo per l’assegnazione del Miramare. Un processo che, qualche anno fa ha rischiato di non celebrarsi. Durante la fase delle indagini, infatti, un altro pm (all’epoca in servizio a Reggio Calabria) aveva chiesto l’archiviazione per gli indagati. Richiesta che fu bloccata dall’allora procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni.
Nelle prossime ore la vicenda giudiziaria lascerà spazio alla politica. Appena la prefettura notificherà la sospensione di Falcomatà, infatti, la guida del Comune di Reggio Calabria e della Città metropolitana, sarebbe passata ai rispettivi vicesindaci che sono Tonino Perna e Armando Neri. Non sarà così perché Armando Neri, condannato pure lui nel processo “Miramare” è stato sostituito poco prima della sentenza da Carmelo Versace, un altro consigliere comunale che è anche responsabile regionale di Azione di Calenda. Il rimpasto è avvenuto anche a Palazzo San Giorgio. Il Comune non sarà guidato, infatti, dal professore universitario Tonino Perna, persona al di fuori dalle logiche partitiche. Perna, infatti, è stato nominato assessore e sostituito da un altro componente della giunta Falcomatà: Paolo Brunetti di Italia Viva. Per i prossimi 18 mesi in cui Falcomatà sarà sospeso per la legge Severino, quindi, il Partito democratico di Letta molla la guida del Comune più importante della Calabria e dell’unica città metropolitana della Regione. E consegna i due enti all’Italia Viva di Renzi e al movimento di Calenda. Che ringraziano.