“Discover” è il primo progetto di cover della carriera con la partecipazione di Bono, Elisa e Mahmood e un inedito duetto virtuale con Fabrizio De André. Zucchero a tutto tondo a FqMagazine
Incontrare Zucchero è come porre domande alla Bocca della Verità. Senza filtri, sincero, diretto. A FqMagazine l’artista ha presentato il suo primo progetto di cover, “Discover“, con 13 brani storici della musica mondiale e italiana spogliati e rivisitati in chiave Zucchero. L’artista ha anche prestato la voce a Clay Calloway, personaggio del film d’animazione “Sing – Sempre più forte” che uscirà al cinema il 23 dicembre. Nella versione originale del film Clay Calloway è doppiato dall’amico Bono degli U2, presente anche nel duetto “Canta la vita” in “Discover”. Il ritorno al live è previsto all’Arena di Verona con i 14 show previsti nei mesi di aprile e maggio 2022. “Ho dovuto riprogrammare tutti i concerti in Italia e nel mondo – spiega Zucchero- e non è stato affatto facile. Bisogna far finire questa storia e l’unico modo è quello di vaccinarsi. Lo abbiamo fatto io e i miei collaboratori. Nel nostro settore ci sono stati tanti problemi anche per i lavoratori. La verità è che alle Istituzioni della cultura e della musica popolare non gliene frega un cazzo. È evidente”.
Nell’album tante collaborazioni, oltre al già citato Bono anche “Luce (Tramonti a nord est)” con Elisa (“Mi si è presentata così: ‘Sono Elisa ma tanto a Sanremo non ci vado’. Le ho detto di andare a fare un giro al mare e nel frattempo ho scritto l’inciso”), “Natural blues” con Mahmood (“Un vero talento, ha un timbro soul. In studio ho avuto la prova che è proprio così”) e “Ho visto Nina volare” con Fabrizio De André (“I nostri mondi musicali erano piuttosto distanti ma in questo brano mi sono ritrovato per ritmo e sensualità”). C’è anche lo zampino di Michael Stipe dei R.E.M. Con “Amore adesso (No Time for Love Like Now)” (“Mi aveva scritto che si era commosso quando ha sentito la mia versione del pezzo in Piazza San Marco deserta a Venezia”). C’è anche spazio per i Maneskin: “Sono bravi, hanno riempito un vuoto con il loro rock trasgressivo e irriverente, con un’immagine fortissima, contro il politically correct. Con loro volevo incidere ‘Honky Tonk Women’ dei Rolling Stones ma erano in giro e non avevano tempo, mi piacerebbe scrivere per loro”.
Sei partito da 500 brani per sceglierne 11 da inserire nel disco. Qual è stato il criterio di selezione?
Ho cominciato tre anni fa e di tanto in tanto tornavo sulle cover che avrei voluto realizzare. Ho pensato ai primi gruppi dove suonavo e alle canzoni che suonavamo dai Genesis ai Pink Floyd fino al mondo progressivo e al Rhythm and Blues alla Wilson Pickett. Mi sono ricordato delle canzoni che mi piacevano allora un casino fino ad arrivare ai tempi nostri. Sono tanti anni e tante belle canzoni che avrei voluto scrivere io e poi ovvio che uno cominci a dire ‘ci sono canzoni che è meglio non toccare per non rovinarle‘ poi c’è quella che ti piace ma la provi ma non va bene per le tue corde vocali… Così sono arrivato a un centinaio di brani.
Fino alla stretta finale…
Esatto. Poi ho tenuto conto delle mie due anime: quella afroamericana con la quale sono cresciuto e dalla quale attingo ancora oggi per la mia musica e poi la melodia italiana, che rappresenta le mie origini.
Si rinnova anche la collaborazione con Bono degli U2 nel duetto “Canta la vita (Let Your Love Be Known)”. Che persona è?
Bono è irlandese, tanto per cominciare, perciò è molto vicino a noi italiani come temperamento. È caldo, gli piace far bisboccia e stare assieme agli amici, trascinatore ed è una persona di un grande animo. Soprattutto è senza fronzoli, non è politicamente corretto. Se dice sì è sì, se dice no è no. Abbiamo fatto anche tante cose insieme e lunghi viaggi. C’è chimica tra noi e inoltre è molto sensibile, intelligente ed umile perché se mi scrive un testo mi chiede se gli piace, se può cambiarlo… Piccoli dettagli che denotano una sua grande disponibilità. Non se la tira insomma (ride, ndr).
Le canzoni contenute nel disco hanno come comune denominatore l’ottimismo. È un caso in un periodo complesso come quello che stiamo vivendo?
Non ci sono brani molto ritmici, aggressivi come magari ho fatto in passato. ‘Discover’ è un album più morbido anche gli arrangiamenti che sono minimalisti. È un disco invernale, da ascoltare in casa con un bicchiere di vino anche due e goderselo così.
La musica come gli abbracci?
Sì, sento questa necessità, quella di abbracciare. In questi brani c’è malinconia ma non depressione e c’è anche un po’ di speranza. Spero che ascoltando questo disco non si pensi e si cerchi di vedere la luce. Noi stiamo aspettando che tutto finisca ma con il Covid ogni sei mesi non sai mai che succede e la luce diventa sempre più fioca. C’è anche speranza in ‘Discover’.
Insomma la musica ci salverà?
La musica, la tenerezza, l’amicizia, il rispetto e molto molto altro.