Si parte con l’abbattimento. Dal 22 novembre al 20 dicembre un centinaio di cacciatori assoldati dal Parco Nazionale Arcipelago Toscano, procederanno con la fucilazione di qualche decina di mufloni che vivono sull’isola del Giglio. Lo prevede il progetto Life LetsGo Giglio, finanziato con 1,6 milioni di euro di soldi pubblici, buona parte dell’Unione Europea. Secondo il Parco dell’Arcipelago Toscano, infatti, i mufloni devono essere eradicati dall’isola perché considerati ‘alieni’, cioè non originari del territorio. E le specie aliene sono tra le cause di perdita di biodiversità. E pensare che queste pecore selvatiche furono portate sull’isola nel 1957 perché rischiavano l’estinzione. La decisione ha scatenato negli ultimi mesi la mobilitazione degli abitanti dell’isola e dei consiglieri comunali del Giglio, mentre una cinquantina di agricoltori hanno lanciato una petizione, che ha raccolto oltre 5mila firme, per salvare il muflone che, dicono, non danneggia i raccolti. Anche la Lav (Lega anti-vivisezione) che si è già schierata contro il piano, ha chiesto un intervento del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. E mentre ricorda che “i danni all’agricoltura causati da questi animali, nonostante siano stati definiti ‘ingenti’, in realtà nel corso di 19 anni hanno determinato richieste di indennizzo per soli 1.200 euro totali”, il caso dei mufloni a queste latitudini ha fatto tornare alla mente altri precedenti. Come l’eradicazione del ratto nero che, secondo l’ente Parco, avrebbe messo a rischio la popolazione di Berta minore, mangiando le uova. Un intervento condotto nove anni fa nell’ambito del progetto ‘Life-Montecristo 2010’ e finanziato con altri 1,6 milioni di euro (anche in questo caso con il contributo dell’Ue). Una vicenda finita anche in tribunale.

Il muflone pronto all’esecuzione – Sul sito del progetto Life LetsGo Giglio si legge che il partenariato è composto dal Parco Nazionale Arcipelago Toscano “beneficiario coordinatore” e dai “beneficiari associati”, il Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze e Nemo (Nature and Environmet Management Operators) che, oltre a essere come beneficiario associato, ha anche partecipato alla stesura del progetto sulla base dei dati che ha raccolto. “L’operazione – denuncia Lav – oltre che comportare il versamento del sangue degli animali, potrebbe rivelarsi un vero boomerang proprio dal punto di vista dell’ambiente che gli stessi progetti Life dovrebbero invece tutelare”. Il rischio è quello di estinguere un rarissimo pool genetico e fenotipico di grande valore scientifico, oltre che storico, il quale “è ora messo in pericolo dal progetto voluto dal Parco Nazionale Arcipelago Toscano”.

Cosa dice la legge – La legge nazionale prevede che all’interno dei parchi si possano attivare piani di abbattimento degli animali solamente per ricomporre squilibri ecologici determinati dagli stessi animali, ma nel caso del Giglio non risulta alcuno studio che dimostri la rilevanza di tali squilibri. A maggio 2021, aveva presentato un’interrogazione alla Commissione Ue l’europarlamentare dei Verdi Eleonora Evi. Nella risposta si fa cenno a “un impatto negativo sull’habitat dei lecci nell’isola, in quanto riduce notevolmente la ricrescita di questi alberi e di altre specie arbustive, limitandone drasticamente lo sviluppo”. Ma la Lav spiega che “lo stesso direttore del parco, Giampiero Sammuri (che è anche presidente nazionale di Federparchi, ndr) ha dichiarato che il parco non ha mai condotto uno studio dedicato agli impatti del muflone sul Giglio”. “È universalmente noto che nelle isole gli ungulati sono dannosi per la biodiversità, perciò non abbiamo buttato soldi in uno studio specifico sui danni arrecati dai mufloni all’Isola del Giglio”, ha infatti dichiarato in un’intervista a Repubblica. L’Italia, d’altronde, viene regolarmente ammonita dall’Ue per un mancato impegno verso la gestione delle specie alloctone invasive. Ma una specie alloctona non è necessariamente una specie alloctona invasiva, così come una pecora (il muflone) non ha gli stessi impatti ambientali di un cinghiale. Per il resto, la Commissione Ue ha precisato che qualsiasi iniziativa di eradicazione deve essere oggetto di approvazione da parte delle autorità italiane competenti e rispettare la legislazione italiana pertinente. Così Massimo Vitturi, responsabile Lav Animali Selvatici chiede un intervento urgente di Cingolani “per sospendere le operazioni di uccisione dei mufloni così da consentire una puntuale attività di verifica sui contenuti del progetto e sulle modalità di esecuzione”.

I precedenti: dal ratto nero alla lepre – Nelle ultime settimane, questa vicenda ha fato ricordare anche alcuni precedenti, ossia i progetti Life Montecristo (2010-2014) e Resto con Life (2014-2018). Nel 2012 per eradicare il ratto nero furono lanciate con gli elicotteri sull’isola di Montecristo 14 tonnellate di esche contenenti ‘brodifacoum’, un veleno altamente tossico per gli organismi acquatici e che persiste nell’ambiente. Il progetto, finanziato con 1,6 milioni di euro (anche il quel caso tra i beneficiari c’era la Nemo srl) finì al centro di un’inchiesta della procura di Livorno dopo la denuncia di Carlo Gasparri, ex campione mondiale di pesca subacquea. Fu presentata anche un’interrogazione parlamentare dal senatore Lucio Barani e l’ex ministro della Salute, Renato Balduzzi, richiese il parere dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Toscana. Che dichiarò: “Dopo la sua dispersione (del brodifacoum, ndr) sia attraverso appositi contenitori che con mezzi aerei, si determinano notoriamente numerosi casi di avvelenamento primario e secondario in un vasto numero di specie animali, anche non bersaglio, compresi mammiferi, uccelli, invertebrati e rettili…”. Il processo si è chiuso con l’oblazione degli imputati. Che hanno quindi pagato una sanzione pecuniaria, senza che il giudice si sia espresso sui fatti contestati. Sammuri ha sempre difeso quel progetto programmato e finanziato prima che lui assumesse la presidenza dell’Ente Parco. Dopo quella vicenda, però, l’Ue ha cofinanziato un altro progetto che ha lasciato qualche perplessità, tanto che è la stessa Lav a ricordarlo, parlando della vicenda dei mufloni. “Il rischio è ripetere il grossolano errore commesso dal progetto ‘Resto con Life’ sull’isola di Pianosa”. Anche in quel caso ci fu una “massiccia distribuzione di esche avvelenate” per eradicare la lepre europea, ma l’eradicazione fu interrotta in corso d’opera, quando delle analisi rivelarono che si trattava invece di una rarissima sotto-specie della lepre europea ritenuta ormai estinta sul continente. Che, per cause non accertate, ha continuato a morire.

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