Nausea, acufeni, astenia, vista offuscata, svenimenti, emicrania e danni cognitivi anche permanenti. E poi strani dolori, formicolii lungo il corpo come piccole scosse elettriche. L’hanno chiamata sindrome dell’Avana, prima ancora era però la sindrome di Mosca. L’associano ad una serie di malesseri apparentemente misteriosi, sintomi accusati per lo più dal personale diplomatico americano in forza nelle ambasciate e consolati all’estero.
L’anomalia si verificò tra il 1953 e il 1976, ai tempi dell’ex Unione Sovietica, tra gli impiegati nell’ambasciata moscovita degli Usa; dal 2016 però sta facendo il giro del mondo tra Cuba (L’Avana), Austria (Vienna), Germania (Berlino) e Cina (Guanghzhou). In tutto circa 150 casi, compresi i famigliari di ambasciatori, funzionari e risorse in servizio fuori confine. La preoccupazione del presidente Joe Biden è sfociata in due task force di specialisti, istituite per comprenderne cause e terapie. Si parla di armi soniche, a microonde, cioè elettrosmog come minaccia nella lotta di spionaggio tra 007.
In visita in India, un membro della delegazione d’intelligence del capo della CIA ne è stato vittima, così come un funzionario del Consiglio di sicurezza nazionale a passeggio nell’Ellipse Park, a sud della Casa Bianca, mentre il volo aereo da Singapore in Vietnam di Kamala Harris, vice presidente a stelle e strisce, ha subito un inatteso ritardo per paura della sindrome.
Ai tempi della guerra fredda, da un edificio lontano circa 100 metri dall’obiettivo statunitense per decenni venne sganciato un vero e proprio bombardamento invisibile, radiofrequenze a microonde non ionizzanti tra 2,5 e i 4 Ghz con soli cinque microwatt per centimetro quadrato (quindi ben al di sotto del livello di potenza dei forni a microonde e dello standard Bluetooth usato nei sistemi auricolari senza fili per Smartphone e telefoni cellulari). Come scrivo nel mio ultimo libro inchiesta #Stop5G – Salute, ambiente, geopolitica, privacy, transumanesimo e controllo sociale (Terra Nuova Edizioni), “ne seguì uno studio, però mai pubblicato a revisione paritaria, in cui vennero confrontati i dati di 4.388 dipendenti (1.827 avevano prestato servizio nell’ex Urss) e in cui si sosteneva che non emergevano prove dell’impatto negativo dell’esposizione a radiofrequenze. Lo stesso impianto metodologico dello studio fu però contestato”.
Nel dicembre 2020 però un rapporto del comitato di esperti delle Accademia Nazionale delle Scienze americane parla di sindrome da irradiazioni a microonde, evidenziando come “l’energia a radiofrequenza diretta e pulsata sembra essere la spiegazione più plausibile”. Per Joel M. Moskowitz, invece, noto ricercatore dell’Università della California, Berkeley, sostiene si tratti d’Elettrosensibilità (EHS), cioè della malattia dell’Era Elettromagnetica, cioè degli effetti non termici ma biologici correlati all’esposizione ai campi elettromagnetici, microonde e radiofrequenze: “Se la mia ipotesi è corretta – afferma Moskowitz – la fonte di esposizione per la sindrome dell’Avana è un’arma, se solo una minoranza di individui esposti sono suscettibili di sviluppare gravi sintomi associati con l’EHS”.
E che oltre ad essere direttamente correlata all’inquinamento elettromagnetico (e non certo idiopatica, cioè patologia da cause ignote) di ipotizzate armi a microonde, l’elettrosensibilità sia connessa all’avanzata delle tecnologie wireless per telefonia mobile (2G, 3G, 4G, 5G), ce lo dice anche una recente ordinanza amministrativa emessa dal Tar Lombardia [qui il documento]: il giudice di Milano ha infatti disposto la non attivazione di un palo porta antenne, esattamente come nel 2019 il Tribunale di Firenze fece spegnere il Wi-Fi in una scuola. Motivo? Proteggere i cittadini sensibili affetti da malattie ambientali altamente invalidanti, elettrosensibilià e sensibilità chimica multipla (MCS).
“Deve darsi interinalmente prevalenza all’interesse dei privati alla non attivazione dell’impianto, per salvaguardare le peculiari condizioni di salute”, afferma l’ordinanza, consolidando la posizione cautelativa di quella parte di giurisprudenza che, superando tesi contrapposte e dibattiti scientifici, in virtù del principio di precauzione e di prevenzione del danno tutela la prevalenza del diritto costituzionale alla salute pubblica.
Tornando a Cuba&C, non sappiamo ancora le contromosse di Biden né se l’opinione pubblica sarà messa nelle condizioni di comprendere che, riguardo alla cosiddetta sindrome dell’Avana, di misterioso c’è rimasto davvero poco, se non la volontà di continuare a screditare un problema tutt’altro che marginale. Sappiamo però che, in assenza di moratoria nazionale sulla pericolosa avanzata dell’overdose elettromagnetica, sulla piattaforma di crowdfunding Eppela è partita una raccolta fondi dal titolo “Processo al 5G, tutela per i cittadini”, finalizzata ad intraprendere azioni legali per il riconoscimento dell’elettrosensibilità, per scongiurare l’innalzamento dei limiti soglia elettromagnetici e l’indiscriminata installazione di infrastruttura tecnologica 5G, priva del rischio zero.
Anche perché non vorremmo che dopo Mosca a L’Avana, si cominciasse presto a parlare anche di sindrome di Roma.