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Michele Merlo, “la morte poteva essere evitata facendo esami del sangue quando ha cominciato a stare male”: l’inchiesta si sposta in Veneto

Secondo la perizia della Procura di Bologna non vi è alcuna responsabilità da parte dei medici per la morte di Michele merlo all’Ospedale Maggiore di Bologna per l’emorragia cerebrale provocata da una leucemia fulminante “ ma sarebbero potuti intervenire con esiti diversi in epoca precedente”. Per questo l'inchiesta si sposterà in Veneto

di Andrea Conti

Nessuna responsabilità dei medici che accolsero Michele Merlo all’Ospedale Maggiore di Bologna per l’emorragia cerebrale, provocata da una leucemia fulminante, che portò alla morte l’ex cantautore di “Amici di Maria De Filippi” il 6 giugno 2021, a soli 28 anni. Merlo si era prima presentato al Pronto soccorso di Vergato il 2 giugno ma nessuno diagnosticò il male. “I medici che hanno tenuto in cura Michele Merlo fino alla morte per ischemia cerebrale non hanno responsabilità legate al decesso, ma sarebbero potuti intervenire con esiti diversi in epoca precedente”, afferma la Procura di Bologna. Come riferisce Il Corriere della Sera, la Procura sta per trasferire l’inchiesta, ancora senza indagati, ai magistrati di Vicenza. L’inchiesta si concentrerà soprattutto a Rosà e Cittadella. “Se entro il 27 giugno Merlo fosse stato sottoposto a esami del sangue, sarebbero emersi i segnali di una emopatia acuta – affermano gli esperti – che avrebbe comportato il ricovero e l’inizio di una terapia adeguata. Fosse andata così, concludono gli esperti, le probabilità di sopravvivenza sarebbero state tra il 79% e l’87%”.

Subito dopo la morte del figlio, la famiglia ha sporto denuncia, facendo così scattare le indagini. “Il 26 maggio Michele stava già male – dice il padre al Corriere – e si presentò al Pronto soccorso di Cittadella con dolori e uno strano ematoma alla gamba. Ma tre ore dopo il triage, era ancora in attesa. Così, scocciato, andò via. Da casa, spedì un’email allo studio del medico di famiglia di Rosà allegando la foto dell’ematoma, ma dallo studio associato lo richiamarono rimproverandolo per aver spedito l’immagine. Allora mio figlio si presentò di persona e fu ricevuto da qualcuno, quasi certamente non il suo medico, che si limitò a massaggiargli la gamba con una pomata”. L’inchiesta veneta cercherà di accertare se ci sono delle responsabilità da parte dei medici precedenti al ricovero in Ospedale.

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