Tre divi che hanno suscitato l’interesse dello spettatore oltre ogni divisione di nicchia. Dall’epoca in cui la comunicazione era solo televisiva e cartacea al mondo contemporaneo dei social e del digital marketing. Cosa è cambiato dagli anni ’60 al 2021?
Ieri il carisma di Rudolf Nueryev, oggi la perfezione di Roberto Bolle e il temperamento di Sergei Polunin. Il tartaro volante, il bello perfetto, il ribelle appassionato. Tre diversi modi di essere e danzare che scatenano il delirio del pubblico. Tre divi che hanno suscitato l’interesse dello spettatore oltre ogni divisione di nicchia. Dall’epoca in cui la comunicazione era solo televisiva e cartacea al mondo contemporaneo dei social e del digital marketing. Cosa è cambiato dagli anni ’60 al 2021?
Sergei Polunin, che sarà il protagonista dell’incontro danzato “An evening of dance and conversation” al Teatro degli Arcimboldi di Milano il 10 dicembre, è balzato agli onori della cronaca italiana un paio di anni fa in occasione del “Romeo & Giulietta” all’Arena di Verona. Levata di scudi dalle associazioni LGBTQ+: “È omofobo e razzista. Non lo vogliamo”. Il grande astro del balletto, ucraino ma russo per scelta, già stella del Royal Ballet di Londra, aveva fatto dichiarazioni molto discutibili sul rapporto fra uomo e donna e sull’energia maschile in scena. Cacciato anche dall’Opera di Parigi nonostante l’indiscussa bravura (anche nelle vesti di attore), aveva chiuso temporaneamente gli account Facebook e Instagram. Nessuna scusa da parte sua: “Sono stato frainteso”. Però a Londra e in tutte le piazze teatrali dove danza i ragazzi rubano i manifesti dei suoi spettacoli, si fanno selfie davanti alle locandine e per uno scatto con lui fanno la fila. Un fuoriclasse sul palco, un bad boy con il corpo tatuato. Oltre alle abilità tecniche ed espressive Polunin trasmette forza, autenticità, coraggio di essere. Il suo Romeo è un ragazzo che desidera la libertà dell’amore. In “Rasputin” mentre muore striscia e rantola come in un film.
E che dire della svolta nella sua vita privata? Un sogno contemporaneo in cui ci si immedesima. Nel periodo più buio ha incontrato la campionessa di pattinaggio Elena Ilynikh e ci ha fatto un figlio. Ora sul profilo Istagram del tatuato ribelle ci trovi i filmati del suo meraviglioso bimbo che gioca al mare. A cambiare rispetto ai tempi di Nureyev, è lo strumento di comunicazione: i social. Non certo il contenuto: se sei eccezionale come artista lo rimani. Certo, delle dichiarazioni discutibili sulla comunità LGBTQ+ ne avremmo fatto a meno, e speriamo si scusi, davvero.
Roberto Bolle è invece molto riservato sulla sua vita privata. Eppure anche lui riceve esternazioni folli da parte del pubblico. Scultoreo, bellissimo, perfetto. Talmente perfetto che nelle parti più viscerali è stato spesso giudicato “troppo bello esteticamente”. Prendiamo il “Bolero” di Ravel nella coreografia di Maurice Béjart, creata al maschile per un “imperfetto” Jorge Donn (purtroppo mancato prematuramente a causa dell’Aids). Con Bolle non raggiunge quell’autentica catarsi. La sua fisicità, priva di difetti, fa di lui un danseur noble, un principe. Oppure il simbolo di una plasticità irraggiungibile. I suoi giri alla seconda sembrano tracciati da un compasso, le sue discese a terra sono precise, divine. Basta che cammini sul proscenio e il pubblico va in tilt. Ma il suo successo in Italia è cresciuto anche perché ha portato la danza in tv. Non solo come fecero Raffaele Paganini e Oriella Dorella in “Fantastico”. Di più.
Bolle ha creato un pubblico che lo segue ovunque, dai Gala in teatro alle interpretazioni alla Scala di Milano fino al suo programma di Capodanno “Danza con me” (spostato a febbraio a causa della pandemia), fra varietà, comicità e alto professionismo. E scusate se è poco. Gli effetti speciali creati dal coreografo Massimo Volpini hanno fatto il resto. Dai cloni all’interazione con i laser. Non importa se non ha accolto il tapiro di “Striscia”: non è un vip, è un fenomeno del balletto internazionale. In questo caso, più che i social, è stata la televisione a consacrarlo al grande pubblico.
Altri tempi quelli in cui si esibiva Rudolf Nureyev. Era l’epoca dei telegrammi per ogni variazione di cast o programma. Il tartaro volante poteva contare solo sui media cartacei e sulle riprese dei pochi canali tv disponibili. Non solo il suo talento ma anche la sua richiesta di asilo politico alla Francia fecero scalpore. Inquieto, poco avvezzo alle regole, grande interprete, era nato in viaggio su un convoglio della Transiberiana nel 1938. Il padre era commissario politico dell’Armata Rossa. Cresciuto a Mosca e sfollato con la famiglia durante la seconda guerra mondiale in un villaggio nei pressi di Ufa, nel ‘54 è ammesso all’Accademia Vaganova del Teatro Kirov di Leningrado. Nel ‘61 la sua esibizione con la compagnia all’Opera di Parigi ne segna la svolta. Rudy decide di chiedere asilo politico alla Francia. Ha il KGB addosso. Viene accusato di alto tradimento. Non rivedrà la sua patria fino al 1987, quando farà visita alla madre grazie a uno speciale permesso di Mikhail Gorbaciov.
Subito scritturato dal Grand Ballet du Marquis de Cuevas, nel ‘63 è in coppia con Margot Fonteyn al Covent Garden. L’apoteosi. Al termine dell’esibizione si inginocchia davanti alla dame e le bacia la mano. Con lei Nureyev trasformerà (quasi) il pubblico della danza in quello dei concerti rock. Una vita leggendaria. Che dimostra quanto il pubblico sia sensibile alla realtà di un personaggio. Rudy è anche stato, come Polunin, attore. Ha interpretato il film di Ken Russell “Rodolfo Valentino”. Mondano fuori dagli schemi, era se stesso anche con Jaqueline Kennedy, Maria Callas, Mike Jagger, Liza Minelli, Andy Warhol, Freddie Mercury.
Impulsivo e poco incline alle regole, era molto esigente ma anche premuroso nei confronti delle partner, fra cui Carla Fracci e Liliana Cosi. Nel ‘78 fonda la sua compagnia “Nureyev and Friends” con la quale si esibisce in tutta Europa presentando, da vero precursore, coreografie moderne. Negli anni Ottanta il declino. Malato di Aids alterna spettacoli a momenti di riposo sulla costiera amalfitana, nell’isola de Li Galli da lui acquistata. Muore nel 1992. Ma il mito resta. Lo stesso Polunin ne parla come di un esempio irraggiungibile. E Bolle porta in giro un suo Gala con i Friends come faceva Nureyev con i suoi ballerini.
Cambiano le modalità di comunicazione, le piattaforme sulle quali apparire, ma il talento arriva sempre perché il pubblico non è scemo. Fallo sognare, condividi la tua arte. E ti riempirà di baci, fiori, selfie, pelouche. Amore.