Nella seconda giornata della Leopolda tiene banco il tema della giustizia, in un passaggio del suo intervento, Carlo Nordio, già procuratore aggiunto di Venezia, attacca direttamente Nino Di Matteo a sostegno della sua tesi sulla separazione delle carriere: “La corte d’assise di Palermo ha sgretolato l’inchiesta della Trattativa stato mafia assolvendo il generale Mori e tanti altri imputati, smentendo l’impostazione accusatoria del pubblico ministero, uno dei quali era il dottor di Matteo, oggi il dottor di Matteo siede al Consiglio superiore della magistratura. Se i due giudici togati dovessero un domani chiedere una valutazione o una promozione la chiederanno al Csm, e chi siede al Csm? Siede il dottoro di Matteo. Ci troviamo nella condizione paradossale e secondo me demenziale, che un giudice viene giudicato nella sua progressione dal pubblico ministero al quale quello stesso giudice aveva dato torto. Se noi spiegassimo queste cose a un giurista americano questo resterebbe perplesso perché per lui questa cosa è incomprensibile, però purtroppo è così”.
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