Il fondo statunitense Kkr è interessato ad acquisire tutto il gruppo Tim scrive oggi il Corriere della Sera. Alle 15 di oggi è iniziato un consiglio di amministrazione straordinario per analizzare la manifestazione d’interesse, come hanno confermato anche alcune fonti della società interpellate. Il gruppo francese Vivendi, primo azionista di Tim con il 24% delle azioni, che ha affermato: “Vivendi è un investitore a lungo termine in Telecom e lo è stato fin dall’inizio. Vivendi smentisce con fermezza di aver avuto qualsiasi discussione con qualsiasi Fondo, e più specificamente con Cvc”, non citando quindi il fondo americano Kkr. No comment, invece, da parte del ministero dello Sviluppo Economico, con cui, secondo quanto scrive il Corriere, Kkr avrebbe già avuto dei contatti.
Ma non c’è solo Kkr interessata a Tim. I fondi Advent e Cvc si dicono “aperti al dialogo con tutti gli stakeholders per identificare in modo trasparente una soluzione di sistema per il rafforzamento industriale di Tim” dichiara un portavoce dei fondi che parallelamente smentisce che ci siano stati contatti con Vivendi. Sul dossier sarebbe al lavoro anche la banca giapponese Nomura.
Il governo italiano dispone di un “golden power” nella compagnia telefonica, puoi quindi rifiutare e bloccare offerte che non siano nell’interesse del paese, considerata la strategicità dell’asset. Cassa depositi e prestiti, e quindi il ministero del Tesoro, è azionista con il 9,8%. Tim controlla anche la rete internazionale Sparkle su cui corrono i dati di 32 paesi, tra cui la maggior parte di quelli che si affacciano sul Mediterraneo. “È ipotizzabile – scrive il Corsera – che in caso di un’Opa il governo metta dei paletti a difesa della rete, tanto per la parte contenuta in FiberCop quanto per la cosiddetta ‘rete primaria’ rimasta a Tim”.
A quanto si apprende il governo potrebbe affrontare i nodi collegati ai dossier Tim attraverso la creazione di un supercomitato tra ministri ed esperti del settore. L’ipotesi prevede che nella struttura possano entrare i ministri coinvolti – dal ministro dell’Economia Daniele Franco a quello per l’Innovazione Digitale, Vittorio Colao fino al ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti e al sottosegretario alla presidenza Francesco Gabrielli – ma anche gli economisti ed esperti di Palazzo Chigi e Mef, Francesco Giavazzi, Roberto Garofoli, Giuseppe Chinè.
Il fondo Usa Kkr, che amministra asset per 429 miliardi di dollari (380 miliardi di euro) è già azionista al 37,5% di FiberCop, la società in cui Tim ha spostato l’ultimo miglio della rete telefonica. In Europa, nel solo settore tlc, controlla già la britannica Hyperoptic e, insieme ad altri soci, la spagnola MasMovil. L’intenzione di Kkr sarebbe quella di separare la divisione di Tim che fornisce i servizi alla clientela dalla gestione delle reti. Il fondo statunitense sarebbe pronto a lanciare un’offerta pubblica sull’intero capitale, anche grazie al fatto che le azioni sono al momento ai minimi storici. Telecom vale oggi in borsa 7,4 miliardi di euro e ha debiti per 22,5 miliardi.
Negli ultimi 5 anni il valore dei titoli Tim si è dimezzato e nell’ultimo anno la flessione è stata del 4%. L’accordo con Dazn non ha portato i frutti sperati e i dati dell’ultimo trimestre hanno deluso. Performance sotto tono che hanno reso l’amministratore delegato Luigi Gubitosi, osservato speciale dei soci e in particolare dei francesi di Vivendi. La proposta del fondo statunitense Kkr potrebbe quindi a questo punto giocare a favore del manager. Il presidente Salvatore Rossi aveva già convocato un cda del gruppo per venerdì prossimo dopo che 11 consiglieri, tra i quali in particolare i rappresentanti espressi da Vivendì, avevano firmato una lettera in cui si parla di sfiducia e preoccupazione, chiedendo con urgenza un incontro straordinario degli amministratori per discutere di governance e dello stato di deterioramento dei conti aziendali. Anche il collegio sindacale ha inviato una lettera separata al presidente esprimendo preoccupazione per l’andamento dei conti.