Ieri il fondo statunitense Kkr ha presentato un'offerta non vincolante sul 100% della società mettendo sul piatto 0,5 euro ad azione, un premio del 46% rispetto al chiusura di venerdì scorso a 35 centesimi. Tante le incognite sull'operazione, dalla posizione del governo alle mosse del socio di maggioranza Vivendi
Vola il titolo Telecom che chiude la giornata di borsa con un guadagno del oltre il 30,2% a 0,45 euro. La fiammata era prevedibile dopo che ieri il fondo statunitense Kkr ha presentato un’offerta non vincolante sul 100% della società mettendo sul piatto 0,5 euro ad azione, un premio del 46% rispetto al chiusura di venerdì scorso a 35 centesimi. Interessante notare come il valore delle azioni non si sia del tutto allineato a quello dell’offerta, segnale che il mercato ci crede ma solo fino ad un certo punto. L’offerta di Kkr è subordinata a diverse variabili. La prima è una due diligence (una verifica approfondita dei conti della società, ndr) i cui risultati potrebbero indurre Kkr ad andare avanti come a fare marcia indietro. La seconda è capire cosa farà il governo che su Tim dispone di un golden power, ossia la possibilità di rifiutare offerte in virtù della strategicità della società per gli interessi nazionali. Nella nota diffusa ieri sera del Ministero dell’Economia si sottolinea comunque l’importanza del fatto che istituzioni finanziare internazionali di primo piano siano interessate a società italiane. Non una chiusura insomma.
Terzo fattore sono le mosse del gruppo francesi Vivendi, socio di maggioranza di Telecom con il 24% che non è stato coinvolto nell’operazione di Kkr. Fonti del gruppo francese fanno sapere che “L’offerta di Kkr non riflette il reale valore di Tim, è insufficiente”. In teoria a Kkr basta raggiungere il 50% più una delle azioni e la quota dei francesi non è quindi indispensabile. Da notare che Vivendi ha comprato le azioni Tim ad un prezzo medio di 1,03 euro. I titoli sono stati svalutati riportandoli a bilancio a 0,88 centesimi. Anche così vendere alle condizioni di Kkr comporterebbe una perdita significativa. Ieri si sono svolte riunioni anche tra i fondi di private equity Cvc e Advent che starebbero lavorando ad un’ipotesi alternativa sulla società di tlc.
Asati, l’associazione che riunisce i piccoli azionisti di Tim considera “estremamente positivo” l’interesse di Kkr “perché mette un punto fermo nella disputa in atto tra Vivendi e il top management dell’azienda, tuttavia il titolo Telecom Italia è ancora troppo sottovalutato, quindi il valore di 0,5 euro ad azione, proposto da KKR, è troppo basso, per noi di Asati il valore opportuno sarebbe tra 0,7-0,8 euro per azione“. Lo scrive in una nota l’associazione. Il suo presidente Francesco Lombardi rimarca: “non riteniamo che il vertice debba cambiare”.
Il progetto di Kkr sarebbe quello di togliere Tim dalla borsa e dividere in due la società, da una parte il servizio di telefonia, dall’altra le reti. Nella seconda ci sarebbe un coinvolgimento del socio pubblico cassa depositi e prestiti che oggi possiede il 9,8%. L’asset più sensibile della società e la rete Sparkle che corre tra quattro continenti e su cui transitano dati sensibili di una quarantina di paesi. A presiedere Tim Sparkle c’è Alessandro Pansa, ex capo della polizia ed ex direttor egenerale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Sullo sfondo le tensioni nel management. L’amministratore delegato Luigi Gubitosi è nel mirino del socio francese dopo risultati che sono stati ritenuti deludenti. Negli ultimi cinque anni Tim ha dimezzato il suo valore di borsa.
I sindacati intanto sono preoccupati per le possibili ricadute occupazionali per una società su cui la parola esuberi aleggia de tempo. Sono state avviate le “procedure di raffreddamento”, . Lo scopo ultimo non è arrivare a uno sciopero contro l’azienda, con cui stanno già parlando e che li riceverà il 1 dicembre ma – si apprende da fonti sindacali – farsi ascoltare dalla politica e dai soci. Le motivazioni stanno nelle “incertezze societarie e possibile ennesimo cambio di proprietà” con l’obiettivo della “difesa dei perimetri occupazionali” e la richiesta di un piano industriale di rilancio aziendale. I sindacati sono peraltro ancora in attesa di essere ricevuti al Mise.
“Non possiamo ripetere gli errori del passato quando si lasciò privatizzare Telecom disperdendo una competenza che oggi c’è bisogno di rilanciare e rafforzare” ha affermato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. “Quello è un settore strategico – sostiene – e noi abbiamo un problema: non abbiamo ancora una rete di nuova generazione che sia in grado di connettere il nostro Paese. Quindi, quello che deve essere realizzato e anche analizzato rispetto alla proposta avanzata dal fondo americano è quale sistema vogliamo costruire sulle telecomunicazioni”. “Essendo un settore strategico – conclude Landini – pensiamo che il governo non debba lasciare fare al mercato, ma debba essere in grado di porre indirizzi e condizioni capaci di costruire la rete unica in tutto il Paese”.
“Le reti TLC sono un asset strategico del Paese e un punto chiave del Pnrr. Per questo il futuro di Tim va seguito dal governo con la massima attenzione, rapportandosi con il Parlamento e mettendo al centro l’occupazione e la sicurezza nazionale”. Così scrive questa mattina su Twitter Antonio Misiani, responsabile economia e finanze nella segreteria nazionale del Pd. “Noi non entriamo, ovviamente, in nessun giudizio, essendo” la Tim “un’azienda quotata, apprezziamo però la sensibilità con cui il governo sta temendo in massima attenzione il dossier perché comunque parliamo di un settore strategico per il Paese”, commenta il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi.