Poche luci e tante ombre caratterizzano il decreto Infrastrutture e Trasporti, approvato in Senato per la sua conversione (non c’è stata possibilità di discussione), confermando una prassi che di fatto, e da tempo, ha trasformato il nostro sistema parlamentare in monocamerale. Nel corso del rapido esame parlamentare sono stati approvati numerosi emendamenti, ma quelli più “spinosi”, che avevano maggior bisogno di essere discussi per essere un tassello organico di una tela riformatrice, sono stati emarginati.

Alcune modifiche del codice della strada, tra cui la stretta sui monopattini, e nuove sanzioni per chi occupa i parcheggi riservati e gli stalli “rosa” per le donne in gravidanza non bastano per affrontare i gravi problemi di squilibrio dei trasporti e la predominanza della mobilità su gomma, che causano un grave inquinamento dell’aria in particolare nella pianura padana.

La carenza di autisti dei Tir è stata affrontata con un bonus di mille euro agli under 35 per conseguire la patente merci. Dragaggi, porti e attività marittime sono comprese in un provvedimento “omnibus” che sembra più la risposta a desiderata campanilistici che l’avvio di una seria riforma del settore.

È prevista una gradualissima limitazione alla circolazione dei mezzi più vecchi e inquinanti e di quelli diesel. Cinque milioni di euro sono stati stanziati per far tappare le buche di Roma all’Anas. Vengono sospesi gli aumenti dei pedaggi sulle autostrade A24 e A25 fino al 31 dicembre 2021 (di fatto il provvedimento vale due mesi).

A proposito delle concessioni autostradali, il dispositivo interviene sull’assetto di Anas Spa, prevedendo una separazione contabile delle attività di concessionaria delle strade statali non a pedaggio dalle altre attività. Per la gestione delle autostrade statali a pedaggio mediante affidamenti in house si prevede invece la costituzione di una nuova società, interamente controllata dal ministero dell’Economia e soggetta al controllo analogo di quello della mobilità sostenibile. Vista così, sembrerebbe che il governo voglia dotarsi di un involucro societario pubblico capace di assorbire o subentrare alle concessioni che via via andranno a scadenza.

Peccato però che nel dl infrastrutture sia previsto esplicitamente per l’Autobrennero (la cui concessione è scaduta da 7 anni) l’affidamento di una nuova concessione trentennale mediante il ricorso ad un non meglio precisato project financing: una opaca procedura messa in piedi per finanziare due tratte autostradali (Cispadana e Reggiolo-Ferrara) che da 10 anni cercano di essere finanziate senza successo.

Dopo la fusione degli enti di sicurezza ferroviari e stradali, diventati Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansfisa), il decreto prevede di inglobare anche l’Ustif, l’ente ministeriale che vigila sulla sicurezza di 7mila km di funivie e impianti di risalita. Si ingrandisce ancor di più la super Agenzia nazionale della sicurezza, che non ha ancora finito di assorbire le attività degli organismi preesistenti preposti alla vigilanza ferroviaria e stradale, e già deve trovar posto e tentare di integrare i nuovi arrivati, con funzioni e competenze di un settore diverso con altre specificità tecniche.

È vero che gli enti preposti al controllo della sicurezza di strade, autostrade, ferrovie e impianti a fune hanno mostrato le loro lacune, come dimostrano le tragedie degli ultimi anni di Genova, Pioltello, Viareggio e del Mottarone (solo per citare i casi più clamorosi). Tuttavia, l’interfaccia di queste strutture non sono aziende normali, ma colossi pubblici come FS e Anas, o le concessionarie private di autostrade ben poco abituate a “svelare” se e a quanto ammontano i loro piani manutentivi. Questa Agenzia passa da prioritaria ad appendice. L’accelerazione delle procedure per la realizzazione delle opere impedirà una seria valutazione ambientale (VIA) e una verifica della loro utilità e dei costi stimati: tanto per continuare con il vecchio tran-tran.

Per il ministro Giovannini questo è “un passo cruciale per accelerare le riforme previste dal Pnrr e per favorire lo sviluppo di tutte le modalità di trasporto, con una forte impronta verso la sostenibilità sociale e ambientale, e verso la riduzione delle disuguaglianze che ancora persistono in tutto il Paese”. È lecito avere qualche dubbio.

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