L'audizione del presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro, sottolinea come con gli interventi in manovra "le questioni strutturali sono ancora lì sul tappeto", specialmente per quanto riguarda il contrasto alla povertà: la penalizzazione delle famiglie numerose, i criteri ristrettivi per gli stranieri, un'aliquota marginale che penalizza chi lavora. Inoltre, la riduzione del numero di offerte rifiutabili "potrebbe rivelarsi fin troppo restrittiva". Anche Fabrizio Balassone spiega: "L’efficacia degli interventi andrà verificata" perché "presuppongono una forte capacità di intermediazione da parte dei centri per l’impiego"
Gli interventi operati dalla manovra del governo Draghi sul reddito di cittadinanza lasciano “immutate le principali criticità evidenziate nel corso del dibattito che si è sviluppato su questo strumento come mezzo di contrasto della povertà”. È il giudizio dell’Ufficio parlamentare di bilancio, ascoltato in audizione dalle Commissioni di Camera e Senato, rispetto ai correttivi messi a punto dall’esecutivo per riformare la misura. D’altro canto, ha spiegato il presidente Upb Giuseppe Pisauro, le disposizioni contenute nel disegno di Legge di bilancio puntano a migliorare il RdC come strumento di reinserimento lavorativo. La riduzione del numero di offerte rifiutabili da tre a due (di cui una sull’intero territorio nazionale), però, “potrebbe rivelarsi fin troppo restrittiva”. “Le questioni strutturali sono ancora lì sul tappeto”, ha aggiunto Pisauro. Anche il giudizio del capo del Servizio struttura economica di Bankitalia, Fabrizio Balassone, è ancora sospeso: “L’efficacia degli interventi andrà verificata. Essi presuppongono una forte capacità di intermediazione da parte dei centri per l’impiego. In alcuni casi riguardano aspetti di difficile applicabilità, come ad esempio la definizione di ‘congruità‘ di una proposta di impiego”.
La stretta del governo alla normativa sul Reddito di cittadinanza ruota proprio intorno a questo, alle offerte congrue di lavoro che i beneficiari non possono rifiutare senza vedersi decurtare o addirittura togliere il sostegno. Ma, come hanno raccontato gli stessi navigator a ilfattoquotidiano.it, la procedura per segnalare le offerte congrue “non esiste” e quindi “non c’è modo di segnalarle”. Un altro intervento previsto nella manovra, sottolinea l’Upb, è “l’incremento dei contatti in presenza dei beneficiari con le strutture (con frequenza almeno mensile)”, ma rischia di “scontrarsi con ostacoli di natura operativa e di non concretizzarsi, almeno nel breve periodo. Ciò potrebbe ridurre il desiderato effetto di deterrenza per quei soggetti che, impiegati in attività sommerse, potrebbero essere i più colpiti da questo tipo di prescrizioni”.
L’Ufficio parlamentare di bilancio evidenzia inoltre – come emerge nel Relazione del comitato di valutazione del Reddito di cittadinanza – che la misura ha “diverse criticità strutturali legate da un lato alle difficoltà operative della macchina amministrativa (centri per l’impiego e servizi sociali comunali) e dall’altro ai deboli profili professionali dei soggetti destinatari delle politiche di sostegno”. In questo, “l’incremento della capacità operativa derivante dal coinvolgimento delle Agenzie per il lavoro accreditate”, così come previsto dalla legge di bilancio, “potrebbe contribuire a distribuire i carichi di lavoro e aumentare i tassi di effettiva presa in carico dei beneficiari”, che al momento risultano essere poco più di un terzo dei beneficiari. “D’altro canto, l’estensione della definizione di offerta congrua ai rapporti a tempo parziale e a tempo indeterminato, potrebbe garantire più occasioni di riavvicinamento al mondo del lavoro per i beneficiari del RdC in condizione di difficile occupabilità“. Però, sottolinea sempre l’Upb, in questo contesto “la riduzione del numero di offerte rifiutabili da tre a due (di cui una sull’intero territorio nazionale) potrebbe rivelarsi fin troppo restrittiva“.
Anche il comitato di valutazione del reddito di cittadinanza guidato da Chiara Saraceno ha definito queste disposizioni “palesemente assurde e inutilmente punitive”. Secondo Bankitalia, “meccanismi di incentivo più semplici – come una progressiva decurtazione dell’assegno, indipendentemente dal rifiuto di un’offerta (come avviene per la Naspi), e una riduzione delle aliquote marginali effettive dovute al venire meno del beneficio in caso di aumento del reddito – potrebbero essere più efficaci”. È un altro punto sollevato nelle dieci proposte del comitato Saraceno: non penalizzare chi lavora. Oggi ai beneficiari “lavorare non conviene”, perché per ogni 100 euro di reddito da lavoro, 80 vengono decurtati dall’ammontare del sussidio. Dopo un anno, inoltre, la percentuale sale al 100%. Di qui la necessità di consentire un cumulo parziale tra reddito da lavoro e sussidio, in modo da non penalizzare chi accetta un’offerta. La modifica era stata inizialmente inserita in manovra, poi però è scomparsa dal ddl definitivo arrivato in Senato.
È uno dei punti in comune tra le audizioni di Upb e Bankitalia: “La manovra non interviene sulla funzione del Reddito di cittadinanza come strumento di contrasto alla povertà, sebbene anche questo aspetto presenti criticità”. Una di queste è appunto l’elevata aliquota marginale che scoraggia il lavoro regolare. Ma ce ne sono diverse altre, peraltro già sottolineato sempre dal comitato guidato da Saraceno. In primis una scala di equivalenza che penalizza le famiglie numerose, “malgrado sia nota la maggiore concentrazione della povertà tra i minori rispetto ad altre fasce di età”, sottolinea l’Ufficio parlamentare di bilancio. Poi i criteri di accesso alla misura che di fatto escludono gli stranieri: “La lunghezza del periodo richiesto di residenza in Italia“, ovvero almeno dieci anni, è “superiore a quella di altri programmi assistenziali e delle misure di sostegno al reddito previste in altri Paesi europei”. Infine, secondo Bankitalia va rivisto il criterio di “valutazione delle risorse dei percettori (incluso il patrimonio) ai fini della determinazione dell’entità del sostegno”. E anche l’Upd sottolinea come il peso del patrimonio nella selezione dei beneficiari sia troppo elevato, specialmente “in considerazione della difficile liquidabilità dello stesso”.