Per la piccola vittoria di Mario (nome di fantasia) “ci sono voluti 14 mesi”. Ancora “troppo tempo”. A dirlo è Marco Cappato dopo la notizia sul caso di Mario, 43enne residente in un piccolo paese delle Marche, primo paziente in Italia ad aver ottenuto il via libera per poter accedere al suicidio assistito, come disciplinato dalla Corte costituzionale, nella sentenza Cappato/Dj Fabo del 2019. Paralizzato dalla testa ai piedi da dieci anni a causa di un incidente, per lui, spiega all’Ansa Cappato, dell’associazione Luca Coscioni, “non è ancora finita“. Non sono state ancora decise, infatti, “le modalità tecniche per l’auto-somministrazione del suicidio”. “Per l’accompagnamento attivo bisognerà invece aspettare l’esito del referendum per abrogare il reato di omicidio del consenziente che permetterebbe ad un medico di fare ciò che già fanno medici in Olanda, Belgio, Spagna e Lussemburgo”, spiega ancora. Come Mario, in Italia, ci sono altri pazienti che vorrebbero dare inizio all’iter. “Si contano sulle dita di una mano”, dice Cappato, ma “in giro per l’Italia ci potrebbero essere altri casi” anche perché “questa possibilità di scelta non è un diritto conosciuto”.
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