La Regione Marche rimanda tutto al tribunale, pur sollevando “dubbi sulle modalità e sulla metodica del farmaco” che dovrebbe essere usato, mentre il Vaticano esprime la massima vicinanza al paziente e alla famiglia, ma sostiene che la via da intraprendere sia quella delle cure palliative. Arrivano le prime reazioni al parere positivo del il Comitato etico regionale che ha accertato la sussistenza dei quattro parametri dettati dalla Consulta nella sentenza Cappato/Dj Fabo del 2019 per procedere con il suicidio assistito per “Mario” (nome di fantasia), un 43enne tetraplegico con gravi patologie a causa di un incidente stradale del 2010.
Il Vaticano: “Sposiamo la logica delle cure palliative”
La Pontificia Accademia per la Vita ha diffuso una nota nella quale esordisce premettendo che “la materia delle decisioni di fine-vita costituisce un terreno delicato e controverso“, ma sostengono che il via libera sul fine vita non sia la strada da intraprendere, in attesa della decisione finale del tribunale competente: “La strada più convincente ci sembra quella di un accompagnamento che assuma l’insieme delle molteplici esigenze personali in queste circostanze così difficili. È la logica delle cure palliative, che anche contemplano la possibilità di sospendere tutti i trattamenti che vengano considerati sproporzionati dal paziente, nella relazione che si stabilisce con l’équipe curante”.
La Chiesa chiarisce che “è certamente comprensibile la sofferenza determinata da una patologia così inabilitante come la tetraplegia che per di più si protrae da lungo tempo. Non possiamo in nessun modo minimizzare la gravità di quanto vissuto da ‘Mario'”. Ma questo, a loro parere, non basta a giustificare il riconoscimento del diritto al suicidio assistito: “Rimane tuttavia la domanda se la risposta più adeguata davanti a una simile provocazione sia di incoraggiare a togliersi la vita. La legittimazione ‘di principio’ del suicidio assistito, o addirittura dell’omicidio consenziente, non pone proprio alcun interrogativo e contraddizione ad una comunità civile che considera reato grave l’omissione di soccorso, anche nei casi presumibilmente più disperati, ed è pronta a battersi contro la pena di morte, anche di fronte a reati ripugnanti? Confessare dolorosamente la propria eccezionale impotenza a guarire e riconoscersi il normale potere di sopprimere non meritano linguaggi più degni per indicare la serietà del nostro giuramento di aver cura della nostra umanità vulnerabile, sofferente, disperata? Tutto quello che riusciamo ad esprimere è la richiesta di rendere normale il gesto della nostra reciproca soppressione?”.
Regione: “Decide il tribunale, ma dubbi sul farmaco richiesto dal paziente”
La Regione Marche a guida Fratelli d’Italia rimanda tutto alla decisione definitiva del tribunale. In una nota, l’assessore alla Sanità, Filippo Saltamartini, sottolinea però che il Comitato etico “ha sollevato dubbi sulle modalità e sulla metodica del farmaco che il soggetto avrebbe chiesto (il tiopentone sodico nella quantità di 20 grammi, senza specificare come dovesse essere somministrato)”. Saltamartini ha poi sottolineato che sono state svolte tutte le procedure richieste dal Comitato “che ha chiesto all’Av2 di istituire una equipe multidisciplinare per visitare il 43enne”. L’equipe era composta da “un medico palliativista, un neurologo esperto della patologia dalla quale è affetto il paziente, uno psichiatra, uno psicologo, un medico specialista nel trattamento dei sostegni vitali ai quali il paziente è sottoposto, un infermiere esperto nelle cure domiciliari integrate”. In particolare, continua, il Comitato Etico, rispondendo ai quesiti formulati dal Tribunale di Ancona, ha rilevato che l’interessato “ha piena capacità di intendere e volere; non motiva quali siano i presupposti per i quali è stata richiesto il dosaggio indicato di 20 grammi, quantità non supportata da letteratura scientifica. Non spiega se e con quali modalità si debba procedere tecnicamente alla somministrazione e, se in via preventiva, per conculcare lo stato d’ansia derivante dall’operazione, si voglia avvalere di ansiolitici. Non risulta chiaro se deve essere utilizzato solo il farmaco indicato dal paziente, nell’ipotesi in cui non si riesca a portare a compimento la procedura di suicidio medicalmente assistito”. Infine il Comitato etico, rispondendo ai quesiti del Tribunale medesimo, “ha ritenuto non essere di sua competenza l’eventuale individuazione di altre modalità per assicurare il decesso dell’interessato”.