Il leader socialdemocratico e cancelliere in pectore Olaf Scholz ha presentato l'accordo raggiunto da Spd, Verdi e Liberali. Confermati l'innalzamento a 12 euro del salario minimo e l'uscita anticipata dal carbone. Previsto anche il voto ai 16enni. Il leader Fdp Christian Lindner può diventare ministro delle Finanze: è un grande sostenitore di austerity e Patto di Stabilità. Il premio Nobel Stiglitz ha definito il suo arrivo "disastroso per l'Italia" perché i suoi ideali sono "una serie di cliché conservatori"
“Il semaforo c’è”: con queste parole Olaf Scholz ha presentato alla stampa il contratto di governo della nuova coalizione tra la sua Spd, i Verdi e Fdp. Manca solo la benedizione dell’accordo da parte dei congressi dei tre partiti, che arriverà in massimo 10 giorni, poi la Germania avrà un nuovo esecutivo il leader socialdemocratico potrà diventare cancelliere, mettendo la parlo fine all’era di Angela Merkel. Sarà la prima volta di una coalizione semaforo – dal colore dei tre partiti – alla guida del Paese: un governo spostato più a sinistra, come dimostrano l’inserimento del salario minimo a 12 euro e della legalizzazione della cannabis nel contratto di governo. Ma se qualcuno si aspettava una svolta anche negli equilibri europei, rischia di rimanere deluso: il ministero delle Finanze spetterà ai Liberali, molto probabilmente al leader della Fdp Christian Lindner. Ovvero un fervente sostenitore dell’austerity e del Patto di stabilità.
La coalizione semaforo vuole “un’Europa più sovrana“, ha detto il cancelliere in pectore Scholz, presentando il contratto di coalizione del futuro governo tedesco. “Promuovere, spingere e portare avanti la sovranità europea” sarà il nostro compito, ha aggiunto. Sognava un inizio diverso, invece l’emergenza Covid sarà per forza di cose il primo punto dell’agenda del nuovo esecutivo, che annuncia di voler istituire una squadra di crisi permanente e un gruppo di esperti della cancelleria per affrontare la pandemia. Scholz però non ha rinunciato ad affrontare anche i temi che vanno oltre il coronavirus: porteremo avanti “politiche di alto impatto”, ha dichiarato, riferendosi in particolare all’innalzamento del salario minimo e agli ambiziosi obiettivi nella lotta ai cambiamenti climatici. Il leader socialdemocratico ha annunciato “un decennio di investimenti” per la Germania.
I contenuti del contratto
Il prossimo governo in Germania prevede “idealmente” l’uscita dal carbone entro il 2030, in anticipo rispetto al 2038. L’accordo di coalizione raggiunto da Spd, liberali e Verdi, prevede anche che, entro il 2030, l’80 per cento dell’elettricità consumata provenga da fonti rinnovabili. L’obiettivo fissato ad oggi è invece del 65 per cento. I tre partiti hanno concordato anche l’introduzione del salario minimo di 12 euro l’ora (attualmente la soglia è di 9.60 euro). Si potrà votare da 16 anni per le elezioni federali e le europee. Sarà tolto il limite per i migranti ammessi nel quadro della riunificazione delle famiglie dei profughi. Il nuovo governo intende inoltre legalizzare la vendita regolata della cannabis, tramite “una distribuzione controllata di cannabis agli adulti ai fini di consumo in negozi provvisti di licenza”. Così vi sarà “un controllo della qualità“, evitando la contaminazione con altre sostanze, e verrà assicurata la “protezione dei minori”.
“Abbiamo spianato la strada per poter diventare uno dei più grandi Paesi industriali al mondo con neutralità climatica” e questo sarà “un cambio di paradigma” che riguarda diversi settori: ambiente, industria, trasporti, cooperazione internazionale e politiche di sicurezza. Lo ha detto la leader dei Verdi, Annalena Baerbock. Il co-leader ecologista Robert Habeck ha aggiunto: sul clima “vogliamo identificare misure concrete che possiamo raggiungere” e non come in passato ha fatto la Grosse Koalition “nominare obiettivi sempre più ambiziosi” per poi in realtà lasciarli sulla carta. Per esempio “vogliamo potenziare e ampliare le energie rinnovabili” e lavorare sui certificati di emissione e l’uscita dall’energia a carbone, ha aggiunto l’ecologista. Inoltre, ha aggiunto il liberale Christian Lindner, “digitalizzeremo questo Stato”.
Le Finanze in mano a Lindner
“Nessun ministro sarà ministro di un partito, dei Socialdemocratici, dei Verdi o dei Liberali, ma servirà la Germania”, ha detto anche il leader Fdp. La Spd – che esprimerà il cancelliere, Olaf Scholz – avrà il controllo su Interno, Difesa, Salute, Lavoro, Cooperazione economica, Edilizia. Ai Verdi andranno il superministero che combina Economia e Clima, e quelli degli Esteri, dell’Ambiente, dell’Agricoltura e delle Famiglie. I Liberali assumeranno la guida dei dicasteri delle Finanze, dei Trasporti, dell’Istruzione e della Giustizia. Questo significa che proprio Lindner sarà il nuovo ministro delle Finanze. E, al di là delle dichiarazioni di rito, la scelta imprime già una direzione ben precisa alla strategia che la Germania porterà avanti nei prossimi mesi in Europa, quando ci si troverà ad affrontare i negoziati su una possibile revisione dei paletti al bilancio inseriti nel Patto di Stabilità, sospeso fino al 2023 per la pandemia. Lindner, infatti, è un fedelissimo all’austerity e ha già ottenuto che il futuro governo rispetti il freno al debito previsto dalla costituzione a partire proprio dal 2023.
È molto probabile che seguirà la stessa linea anche in Europa, visto che negli anni passati è stato fortemente critico nei confronti delle politiche di bilancio dei Paesi del Sud e ancora in questi giorni ha più volte ribadito che il Recovery Fund è stato un’eccezione dovuta alla pandemia, tale dovrà rimanere. Le posizioni di Linder hanno attirato le critiche perfino del premio Nobel Joseph E. Stiglitz, che insieme ad Adam Tooze, storico dell’economia e professore alla Columbia University, ha firmato un articolo sul settimanale Die Zeit dal titolo: “Sarebbe un errore concedergli il suo desiderio”. Ovvero avere Lindner ministro delle Finanze. “Sarebbe disastroso per l’Italia. Sarebbe un male per l’Europa. E sarebbe un male per la Germania”, scrivono Stiglitz e Tooze. Il motivo? “L’economia di Lindner – sul freno all’indebitamento o sulle regole fiscali per l’Europa – è una serie di cliché conservatori“. Inoltre, scrivono, “sono i cliché di un’epoca passata: gli anni ’90. Non siamo più nel mondo in cui sono nati”. In mezzo ci sono stati tre decenni di crisi, finanziaria, geopolitica e ambientale, perfino sanitaria: “Ciò che sembra chiaro – proseguono i due economisti – è che l’investimento pubblico su larga scala è fondamentale e che il rilancio del trattato di Maastricht, ratificato nel 1992, non è la soluzione“.
Un ritorno al passato, concludono Stiglitz e Tooze, “è un crash test che né la Germania né l’Europa possono permettersi”. Eppure quanto si legge nel contratto di coalizione non lascia ben sperare: “Il patto di stabilità e crescita ha dimostrato la sua flessibilità. Su questa base, vogliamo garantire la crescita, mantenere la sostenibilità del debito e garantire investimenti sostenibili e rispettosi del clima. L’ulteriore sviluppo delle regole di politica fiscale dovrebbe basarsi su questi obiettivi al fine di rafforzarne l’efficacia di fronte alle sfide del tempo. Il Patto dovrebbe diventare più semplice e trasparente, anche al fine di rafforzarne l’applicazione”. Poche parole, molta vaghezza. Così come sul Next Generation EU: “È uno strumento limitato in termini di tempo e quantità e vogliamo che il programma di ricostruzione raggiunga una ripresa rapida e lungimirante dopo la crisi in tutta Europa”.