Il comitato Ricordo vittime del ponte Morandi è stato escluso dalle parti civili ammesse al processo per la strage del 14 agosto 2018. Lo ha deciso il gup di Genova, Paola Faggioni, nell’udienza preliminare del 24 novembre. Non passa, quindi, il tentativo dei parenti dei 43 morti nel disastro – assistiti dall’avvocato Raffaele Caruso – di portare la propria voce in giudizio come soggetto collettivo, a prescindere dai risarcimenti che Autostrade per l’Italia ha versato a quasi tutte le famiglie in via extragiudiziale. Come prevedibile, il giudice ha motivato l’esclusione con il fatto che il comitato si sia costituito soltanto dopo il crollo del ponte (per la precisione il 14 novembre 2018) e quindi, per giurisprudenza consolidata, non possa lamentare di aver subito un danno autonomo, distinto da quello dei singoli appartenenti. Una tesi rilanciata, all’udienza dell’8 novembre, anche dai legali di Giovanni Castellucci e altri importanti imputati, che hanno chiesto di non ammettere il comitato.
Nell’atto di costituzione, l’avvocato Caruso aveva invece sostenuto che “le vittime costituiscono una collettività esistente in natura, caratterizzata dal fatto di essere composta da soggetti deceduti tutti in seguito al medesimo evento specifico. È il reato stesso ad aver creato questa collettività. Il comitato che raccoglie i parenti delle vittime è dunque una realtà giuridica che formalizza l’esistenza di quella entità collettiva creata dal reato”. Citando a favore due precedenti molto particolari: uno riguarda l’Anpi, l’associazione dei partigiani, ammessa a partecipare a processi per crimini di guerra; l’altro, invece, il processo per la strage nazista di Sant’Anna di Stazzema, in cui si costituì la Regione Toscana, istituita solo nel 1970, ventisei anni dopo l’eccidio. Al fattoquotidiano.it spiegava che in caso di ammissione il danno richiesto sarebbe stato puramente simbolico: “Il senso ultimo di partecipare al processo non è l’aspetto economico, è chiedere verità nella sede migliore per farlo”.
“Ovviamente siamo molto dispiaciuti per questa decisione, speravamo nell’accettazione anche alla luce delle precedenti sentenze. Questo non rallenta di una virgola la nostra azione collegiale. Ovviamente agiremo nell’interesse comune anche come singoli parenti”, ha detto la presidente del Comitato ricordo, Egle Possetti, che nella strage ha perso ha perso la sorella Claudia, il cognato Andrea e i nipoti Manuele e Camilla, di 16 e 12 anni. Insieme a Roberto Battiloro, papà del 29enne campano Giovanni, è l’unica a non aver accettato l’offerta della concessionaria, conservando il diritto a chiedere i danni nel processo. “Pensiamo che questa norma di legge, nel caso della costituzione di comitati dei parenti, debba essere modificata perché non ha nessuna logica. È impossibile che uno si costituisca come comitato prima del reato. In ogni caso, chiarisce, “l’ultima cosa a cui pensiamo è sciogliere il comitato. Le parti singole che saranno nel processo lavoreranno per tutti, perché lo spirito è sempre stato quello. Anche la nostra famiglia che ha un perito sta lavorando per tutti perché il lavoro che fa va a beneficio di tutti”.
Le parti civili ammesse sono un centinaio circa. Oltre al comitato, il gup ha escluso quasi tutte le associazioni che si erano costituite alla prima udienza, compresi i sindacati Cgil, Cisl e Uil e i vari soggetti a tutela delle vittime della strada. A “salvarsi” solo Assoutenti e Codacons, ammesse al giudizio. Ammessi anche i cittadini sfollati dopo il crollo e i soggetti pubblici: Regione Liguria, Comune di Genova, ministero delle Infrastrutture e mobilità sostenibile (Mims), presidenza del Consiglio e la finanziaria regionale Filse. Come responsabili civili sono stati riconosciute le società Aspi e Spea (la controllata che si occupava delle manutenzioni), il Mims e Anas.