Mohamed Sow, un operaio di origini senegalesi, era sparito nel 2001. Quel che è rimasto del suo corpo è stato ritrovato nella primavera scorsa. Ma il caso non si riaprirà: i titolari dell'azienda in cui lavorava sono già stati processati e assolti (e la mancanza del cadavere fu tra gli elementi decisivi) e per l'ordinamento italiano non si può essere processati due volte per lo stesso reato
I resti ritrovati ad aprile nei boschi di Oleggio, vicino Novara, sono di Mohamed Sow, un operaio senegalese scomparso 20 anni fa. Lo ha reso noto la procura di Verbania dopo l’esito dei risultati delle analisi dei Laboratori di antropologia e odontologia forense dell’Università di Milano, diretto da Cristina Cattaneo. La perizia si è basata sul confronto con le radiografie alle quali il giovane si era sottoposto in un incidente stradale un anno prima della sua scomparsa. Dal 2001 si erano infatti perse le tracce fino a quando, nella primavera scorsa, un passante in un bosco di Oleggio Castello ha notato qualcosa di strano nella vegetazione e ha avvisato le forze dell’ordine. Erano resti umani, ai quali ora è stata finalmente assegnata un’identità. Nonostante questo non sarà possibile riaprire il caso sulla sua scomparsa.
Per la scomparsa di Sow erano stati processati per omicidio e occultamento di cadavere i due titolari di una ditta di pulitura metalli dove lavorava, ma nel 2014 erano stati assolti: a essere decisiva, tra gli altri elementi della sentenza – pronunciata dopo 7 processi – fu proprio il fatto che mancava il corpo della vittima. Secondo la ricostruzione della Procura – non accolta dai tribunali – i titolari dell’azienda avevano ucciso il ragazzo con dei colpi in testa perché il giovane aveva protestato per il mancato rispetto degli accordi della sua retribuzione.
Ma il processo non verrà riaperto, a questo punto. Per l’ordinamento italiano (ma non solo) l’imputato assolto o prosciolto con sentenza irrevocabile non può essere processato per lo stesso reato, anche se le circostanze sono diverse. Lo conferma in una nota il procuratore di Verbania Olimpia Bossi, che scrive: “Il rinvenimento di resti di Sow se da un lato costituisce un significativo elemento di riscontro all’ipotesi iniziale di omicidio volontario dello stesso, non consente tuttavia la riapertura di una attività di indagine a carico delle persone già processate non essendo ammessa la revisione delle sentenze di assoluzione e non potendo l’imputato assolto o prosciolto con sentenza irrevocabile essere sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure diversamente qualificato o circostanziato”. Allo stato attuale quindi non si può aprire un nuovo filone investigativo sulle responsabilità per la morte di Mohamed Sow e l’omicidio probabilmente resterà irrisolto.