Lo si legge nei documenti con cui, il 22 ottobre, gli furono revocati gli arresti domiciliari. Il ragazzo è stato assolto 'perché il fatto non costituisce reato'
Il contesto in cui a Collegno Alex Pompa uccise il padre a coltellate, il 30 aprile 2020, è di “maltrattamenti, tensioni pressoché costanti, comportamenti patologici, un perenne timore per l’incolumità della madre e della propria”. È quanto scrisse la Corte di assise di Torino – senza alcuna anticipazione di giudizio – lo scorso 22 ottobre nel motivare la revoca degli arresti domiciliari al giovane imputato.
“Il dibattimento ha consentito di apprezzare la personalità dell’imputato, descritto da numerosi testimoni come un ragazzo serio, rispettoso, educato e mite“.
L’occasione fu l’ordinanza con cui revocò gli arresti domiciliari. Il 24 novembre, alla vigilia della Giornata contro la violenza sulle donne, Alex è stato assolto ‘perché il fatto non costituisce reato’. Il pubblico ministero Alessandro Aghemo, al termine della sua requisitoria, si era detto ‘costretto‘ a chiedere 14 anni di carcere. Il legale del ragazzo, Claudio Strata, aveva chiesto invece l’assoluzione piena invocando la legittima difesa. “Ci tengo a ringraziare questa corte”, aveva detto il ventenne dopo l’assoluzione. “Sono stranito, senza parole” e “devo metabolizzare”.