Il 1° dicembre si conclude la battaglia legale per l'assegnazione di un seggio nel collegio plurinominale Campania 2, conteso tra Lotito e il renziano Vincenzo Carbone. Per ottenere la poltrona, l'imprenditore ha sfoderato le consulenze di fior di giuristi e telefonato a mezzo palazzo Madama: ora vede il traguardo a portata di mano, grazie alla sponda decisiva di Maurizio Gasparri (che per calendarizzare il voto ha minacciato ostruzionismo sulla manovra)
Il gran giorno sta per arrivare: il prossimo 1° dicembre Claudio Lotito potrebbe coronare il sogno della vita, ottenere il laticlavio, insomma diventare senatore della Repubblica. Oppure ricevere lo schiaffone della vita, come quando in una finale l’arbitro sta per fischiare il novantesimo ma la squadra avversaria vince con un gol all’ultimo secondo. Sia come sia, dopo una battaglia legale durata tre anni e più senza esclusione di colpi, l’aula di Palazzo Madama mercoledì sarà chiamata a scrivere la parola fine di tutta questa vicenda, confermando o ribaltando le decisioni prese dalla Giunta per la verifica delle elezioni che si è espressa in suo favore nella controversia sul collegio plurinominale Campania 2, condannando il senatore Vincenzo Carbone – ex forzista oggi in Italia Viva – a sloggiare manco fosse un abusivo. La conferenza dei capigruppo ha infatti messo all’ordine dei lavori la pratica a cui il patron della Lazio tiene più che a uno scudetto.
Anche perchè – con buona pace dei tifosi che l’hanno ribattezzato Lotirchio ritenendolo un po’ di manica stretta – per cercare di portare a casa il seggio l’imprenditore ha dovuto metter mano al portafogli, onde garantirsi le consulenze di fior di giuristi: dal professor Federico Tedeschini (amministrativista di fama) all’ex ministro Giovanni Maria Flick, passando per l’altro presidente emerito della Consulta, Cesare Mirabelli fino a Massimo Luciani, anche lui costituzionalista di grido che è pure consulente della Guardasigilli, Marta Cartabia. Consulenze e pressing costante, anzi di più. Lotito ha praticato la marcatura a uomo: a Palazzo Madama è stato onnipresente, ha stretto mani, mostrato il sorriso migliore, promesso di tutto pur di perorare la causa. E poi il telefono, sua croce e delizia: “È stato implacabile” raccontano i colleghi martirizzati giorno e notte da un Lotito in ambasce, ansioso di dare il suo contributo alla patria mentre il Senato non si decideva mai. E così ha contattato tutti i senatori amici, ma pure quelli che con lui hanno meno da spartire. Li ha fatti ingolosire facendo il vago sul gruppo a cui aderirà una volta proclamato eletto, ma quando è servito ha usato pure le maniere spicce alternandole alle lusinghe.
È un fatto, inoltre, che Maurizio Gasparri – il presidente forzista della Giunta, di incrollabile fede romanista – si è fatto in quattro per lui, chissà se per toglierselo di torno o perché colto da improvvisa conversione sulla strada di Formello. Racconta un capogruppo del Senato che, dopo aver sollecitato inutilmente a suon di lettere la presidente Casellati in persona, Gasparri pur di far calendarizzare la pratica Lotito avrebbe minacciato di presentare milioni di emendamenti alla manovra. “Mancava poco che minacciasse di fare un digiuno alla Pannella” raccontano i maligni, che se la son legata al dito per i toni del presidente laziale e per le veline fatte arrivare dal suo staff ai giornali. Qualcuno si è sentito minacciato anche perchè un altro senatore aspirante al seggio che mercoledì potrebbe ottenere soddisfazione come Lotito (ossia Michele Boccardi, che ha contestato l’elezione della senatrice Carmela Minuto) già si è rivolto alla Procura per denunciare l’inerzia di Palazzo Madama. Che mercoledì, infine, prenderà una decisione storica per il Paese. E pure per il calcio.